La dimora dei Dussac compare all'improvviso, dopo una lenta svolta in salita, da dietro due ordinati filari di aggraziati cipressi che costeggiano il sentiero e che sembrano in rassegna per un'ispezione militare. Hutch, accanto a Cat, trae un brusco respiro.
«Sembra un castello» soffia allibito e abbastanza intimidito.
L'hotel parigino nel quale avevano preso alloggio in attesa di scovare un appartamento era sfarzoso e un tantino pretenzioso, tanto che agli occhi non avvezzi di Hutch era parsa una piccola reggia. Nel tempo, bazzicando la grande capitale, si è abituato a vedere costruzioni di ogni foggia e grado di lusso e decoro. Ma questa costruzione che stanno vedendo ora è imponente e davvero impressionante; e più si approssimano, più aumenta il suo sgomento, facendolo sentire del tutto impreparato. Si aspettava altro, in tutta evidenza. Magari una semplice dimora di campagna, qualcosa per trascorrere del tempo in tranquillità, lontano dal trambusto cittadino. Invece è una villa enorme, su tre piani, con delle scalinate da far quasi invidia al parlamento, e ci sono perfino delle merlature, se la vista non lo inganna.
«Gesù» mormora appena, incerto se essere affascinato o preoccupato. «Mi auguro che non pretendano che spazzi le scale… Sono troppe» lamenta angosciato.
Cat strabuzza gli occhi, sorpreso, e scoppia a ridere. Si allunga su di lui, nei limiti dello scarso spazio disponibile e soffia nel suo orecchio «Ti amo, sai.»
Hutch lo adocchia indeciso. «Spero tu non lo stia dicendo solo per consolarmi. Ma la vedi? Quella cosa è semplicemente… enorme. Che diamine possono mai farsene, qui in mezzo al nulla?»
«Quella cosa è una villa. Ai nobili piace sfoggiare in questi modi la loro ricchezza. E comunque no, non sto cercando di consolarti, ti sto dicendo che sei importante per me» precisa serio.
Si sofferma qualche momento nei suoi occhi, che ora sono trasparenti e luminosi, e sorride. «E allora è tutto a posto, perché lo sei anche tu, per me.»
Sorride, felice, e fa scivolare piano la punta del naso lungo la sua mascella. «Comunque sia, avremo un posticino nella dependance. Forse riusciremo perfino a darle un'occhiata da vicino, ma dubito che ci daranno libero accesso alla dimora.» Osserva la villa, che ora è abbastanza vicina da poterne scorgere i particolari. «Sembra antica. Costruzioni simili le avevo vedute solo nei libri fino a questo momento.»
«Pensi che ci faranno dei balli, o qualcosa di simile?»
Ci riflette qualche istante. «Sarebbe un luogo adatto, ma da quel che mi è parso di capire i Dussac ci vengono di rado e da molti anni non organizzano ricevimenti o altri incontri impegnativi. Ho il presentimento che questo posto dovrà attendere che tornino Charlotte e il piccolo Armand per rivedere i fasti antichi» ragiona, ammirando i giardini all'italiana attraverso i quali viene condotto il carretto. «Penso abbiano anche un giardiniere che si occupa di tutte queste piante.»
«Immagino di sì» conviene Hutch. «Tu guarda quanto sono precise quelle siepi. Sembrano scolpite. I francesi ci sbaverebbero sopra per l'invidia.»
Cat sghignazza divertito e si appoggia alla spalla del compagno, sospirando tranquillo, mentre il loro veicolo fa il giro della dimora imboccando un vialetto che conduce al lato posteriore della costruzione. E all'improvviso schiude le labbra, si raddrizza e impallidisce un poco, spaventando Hutch.
«Cat? Non ti senti bene?»
Non ottiene risposta. In compenso Cat si è accovacciato sul pianale e un momento dopo balza a terra sul sentiero ghiaioso e si dirige a passi rapidi verso una sorta di ampia terrazza che dà sulla campagna circostante. Hutch non comprende il comportamento del compagno, ma decide di seguirlo, lasciando solo, a bordo del carretto, Maloney, il quale li osserva incuriosito con in volto una lieve smorfia compiaciuta.
La terrazza che raggiunge è circondata da un basso colonnato in pietra con una larga balaustra a cui appoggiarsi. Il suo Cat è fermo a ridosso del limite della terrazza e osserva il paesaggio che si estende oltre, dolcemente ondulato e all'apparenza infinito. Non sembra sofferente, solo pensieroso, quasi incantato in effetti. Hutch distoglie qualche momento lo sguardo da lui per dare un'occhiata più approfondita a quel che sta guardando il suo ragazzo. Sono colline, morbide e verdi, sovrastate da un cielo screziato da leggere nuvole bianche. È tranquillo e gradevole lì intorno. Silenzioso, ma se ci fa sufficiente attenzione può udire il lieve suono del vento che fruscia tra i fili d'erba e gli alberi che si innalzano qua e là, solitari; e inoltre discerne un profumo appena percettibile che giunge fino al loro punto di osservazione. Fiori, può darsi? È un odore dolce e piacevole, rilassante. Quando torna a dare attenzione a Cat lo ritrova con una strana ombra di malinconia nello sguardo.
«Cat?» mormora appena.
E finalmente Cat si volta, prestandogli attenzione, e poi gli sorride. E c'è qualcosa in quel suo sorriso, qualcosa che non vi aveva mai scorto prima, qualcosa che pensava non avrebbe mai avuto la fortuna di vedere, non in quella vita almeno. Invece ora è lì, e lo fa tremare fin dentro al suo cuore.
«Cat» soffia scosso.
Il ragazzo si fa accosto, circonda le sue spalle con le braccia e si stringe a lui, sospirando piano, un suono lieve e sereno.
«L'ho trovato, Hutch. È questo» mormora sulle sue labbra. Ancora sorride. Posa un lieve bacio sulla sua bocca appena dischiusa per la sorpresa e rinserra la stretta delle braccia. «Era proprio così, sai: come nel mio sogno. Ma questa è la realtà, non è vero, Hutch? Questo…» soffia, indicando loro due abbracciati e il leggero vento profumato intorno a loro «siamo noi, non è così? È tangibile. È adesso.»
Allora Hutch comprende, finalmente, e risponde al suo sorriso e alla stretta delle sue braccia. «Sì, questa è la realtà, Cat. Il tuo sogno esiste davvero, e lo abbiamo appena trovato.»
Cat appoggia la fronte nella curva tiepida e rassicurante del suo collo e annuisce. «Non voglio che tutto questo svanisca. Non voglio che abbia una fine. Voglio rimanere qui, con te. Voglio che tu sia mio per sempre, se tu mi vorrai.»
«Non potrei mai volere nulla di più di quel che ho già in questo stesso momento. E quello sei tu, Cat.»
