"Shisui, aspetta!" Quando Sasuke adocchia il cugino, questi è già lontano.

Inizia a correre prima che Shisui si defili al primo incrocio; lo strato di neve è sottile, la purezza svanisce sotto ogni passo lasciando intravedere il selciato, tuttavia il riverbero irradiato dalla tarda mattinata è abbastanza potente da costringere Sasuke a strizzare gli occhi e schermarseli con una mano.

"Shisui!" Sasuke grida più forte e, finalmente, l'altro si ferma.

Shisui non percorre la strada a ritroso per raggiungere il giovane concitato, si limita ad attenderlo con le mani in tasca e il capo chino.

"Itachi si è già ripreso, lascerà il pronto soccorso tra poco," nuvolette di condensa si espandono dalle labbra di Sasuke a ogni respiro ansimante, vorrebbe sbarazzarsi di guanti e sciarpa tanto è accaldato, ma non è una buona idea con temperature simili "ha una brutta gastrite, dovrà rigare dritto per qualche settimana. Purtroppo ha riconciato a ingurgitare porcherie e io, sopraffatto dalle ultime sventure, non me ne sono accorto. Stanotte si è inferto la mazzata finale."

Shisui neanche lo guarda, Sasuke prova a decodificare, invano, una risposta qualunque sul suo viso pallido.

"Non vai neanche a salutarlo, Shisui?" Sasuke inclina la testa inquisitorio, l'inspiegabile reazione del cugino gli recide l'entusiasmo; gli estirpa il fragile e neonato sollievo per la giusta direzione appena imboccata dalle loro esistenze "Non lo accompagni a casa insieme a noi?"

Shisui sospira, indirizza a Sasuke lo sguardo sbilenco e colmo di quelle lacrime che rifiutano sempre di saltare oltre le ciglia, sebbene non beneficino mai di una spiegazione, esistono e fanno più male di quelle tracimanti. "Non so se la mia vicinanza possa giovargli. Era accartocciato nello scolo di una fogna, Sasuke. Come un cumulo di spazzatura. Forse l'ho ferito io, non ho saputo decifrare la sua complessa sofferenza e, per questo, ha iniziato a evitarmi."

Senza giustificarsi in alcun modo, Sasuke afferra Shisui da un braccio strattonandolo nella direzione opposta rispetto a quella da lui scelta.

"Sasuke," Shisui protesta cercando di svincolarsi "i tempi non sono maturi. Ti prometto che rifletterò sulla questione, ma non sono in condizioni di parlargli subito. Insomma, è passata una manciata di ore e i ricordi sono ancora troppo vividi."

Sasuke tira imperterrito. "Non vado da Itachi; però ha bisogno di vestiti puliti, non possiamo mica portarlo a casa in mutande. Verrai con me per aiutarmi a prenderglieli."

"Operazione che puoi svolgere benissimo da te, Sasuke." Shisui si libera dalla sua mano con uno strattone esasperato; non è un gesto brutale, piuttosto affranto. "Ho bisogno di stare solo."

"Libero di andare dove più ti aggrada, ma prima ho un assoluto bisogno di chiarimenti." Sasuke balza davanti al cugino per sbarrargli la strada. Incanala tutta la forza di cui dispone per sigillare l'angoscia e fare sfoggio del miglior -finto- sguardo intimidatorio di cui è capace. Spera che il broncio recitato non risulti troppo infantile "Ti sei portato a letto mio fratello per mero sfizio, o c'è di più?"

Sasuke si impone di resistere anche all'estenuante pausa e al conseguente sospiro rauco emesso dal cugino. "Da due anni non riesco a togliermi Itachi dalla testa. I suoi occhi, che ero stato impossibilitato a conoscere la prima volta perché serrati dal coma, mi hanno perseguitato ogni notte sotto forma di ipotesi. Ripassavo ogni giorno le fattezze del suo viso immoto cercando di immaginarlo sorridere, piangere, arrabbiarsi, concentrarsi; fantasticavo la sua voce, la pelle. Insomma, lo ideavo impegnato a vivere."

"Vista la tua furtiva fuga, scommetto che Itachi abbia deluso tutte queste aspettative." Sasuke si puntella le mani sui fianchi, fissa Shisui ardente e risoluto a proteggere il fratello, non permetterà che Itachi soffra ancora. "Itachi è una persona, non la fottuta fantasia di un solitario fifone pronto a svignarsela alla prima difficoltà."

Shisui alza il capo, guarda Sasuke determinato, sembra bizzarramente rincuorato dalla brusca ramanzina ricevuta. "Itachi è andato ben oltre il mio idealizzare, Sasuke. È inammissibile inventarsi occhi come i suoi, e lo stesso vale per il suo sorriso, la dolcezza del suo volto. Quella sera l'ho conosciuto davvero, ho capito che nessuno potrà mai eguagliarlo. Se non siamo destinati a stare insieme, resterò solo in modo da non illudere l'eventuale persona interessata a me. Non riuscirò mai a spostare il mio cuore da Itachi per donarlo a qualcun altro."

Sasuke sbuffa per sgonfiare la tensione, riafferra il braccio di Shisui, il quale adesso lo segue docile senza più informarsi sulla meta. "Come hai fatto a innamorarti subito di lui?"

"Guardando Itachi finisco col vedere me stesso." Shisui continua a camminare tranquillo abbarbicato al cugino minore, entrambi occhieggiano mollemente la strada spolverata di bianco. "Un altro costretto ad annichilire i propri sentimenti per non essere d'intralcio. Itachi indossa la maschera della pacatezza, come io mi avvalgo di quella dell'estroversione."

Sasuke frena la camminata, scruta Shisui col respiro mozzato. Il cugino non mente, ha esposto l'esatta descrizione di Itachi con poche parole.

"Pensavo che io e Itachi potessimo completarci a vicenda, lenendo i nostri amari malesseri grazie alla vicinanza di qualcuno così simile." Shisui riprende la pigra marcia e Sasuke lo lascia fare, comprende il suo bisogno di smorzare la tensione col movimento "Ma lui è troppo vulnerabile, ha bisogno di qualcuno che lo protegga da ulteriori dispiaceri, che lo faccia sentire a proprio agio e libero di essere se stesso. Magari capace di proferire un ti amo, ogni tanto."

"Itachi non è tipo da apprezzare tante smancerie; anzi, lo imbarazzano." Sasuke uncina la manica di Shisui, la tira lieve per sottolineare le importanti spiegazioni "È imperfetto, a mio avviso amabile proprio per questo."

"Sasuke, ma allora tu…" Shisui si ferma ancora, trapana il cugino minore con gli occhi, deglutisce prima di sparare il proiettile: "mi stai affidando Itachi?"

"Non ti viene in mente che a devastarlo potrebbe non essere stato il tuo influsso, bensì la tua mancanza?"

"Mi dispiace, Sasuke. Ma l'ambiguità del suo evitarmi mi ha impegolato nelle più atroci congetture. Ho creduto che stanotte volesse… e che la causa fossi io."

"No, si sente esausto e solo, voleva lenire la tua assenza di cui si sente responsabile. Nonostante Itachi sia stato gettato via come immondizia appena nato, ama la sua famiglia e non la abbandonerebbe mai, per essa ha sacrificato tutto, anche io rientro in questo." Sasuke sorride, gli occhi rivelano la natura menzognera dell'intransigenza perpetuata finora "Ma non posso più accettarlo, è giunto il momento che anche lui sia felice. Tu sei in grado di ripagarlo di tutto, Shisui."

25 Dicembre ore 2:35

Una coltre di quiete si è adagiata sulla villa, persino lo sfarzo degli effetti luminosi del parco, ora filtrante dalla finestra appannata, grida la perfetta sincronia nel silenzio più assoluto.

Itachi siede all'ampia specchiera della camera, passa la spazzola tra i capelli con gesti fiacchi e meccanici, focalizza l'attenzione sullo svolazzo ritmico della manica di seta della vestaglia per non inquadrare, nel riflesso, il proprio volto pallido ed esausto. L'amarezza che gli scende lenta e densa dietro lo sterno non ha un nome.

Non ha niente da recriminare alla cena trascorsa in compagnia di Madara e Sasuke nell'immenso soggiorno a cui la sua perizia ha cambiato completamente aspetto, domani inviteranno anche Fugaku per il pranzo di Natale. Nonostante il peso di quella sedia vacante da così poco, Madara ha fatto del suo meglio per mantenere ardente il desiderio di ricominciare; con gli occhi lucidi e le mani leggermente tremanti, non ha mai permesso alla fiamma della speranza di spegnersi.

Davanti a tutto questo, Itachi era una nullità. Si è rifiutato tutto il tempo di rivelare la bolla di angoscia che gli riempie lo stomaco, imputando lo scarso appetito alla grave gastrite non ancora completamente risolta. Ha sorriso elargendo gli auguri della mezzanotte sollevando il suo calice forzatamente colmo di succo di mela; ha visto impallidire inesorabilmente la propria oppressione, senza neanche un nome e una causa specifica, di fronte a quell'uomo costretto a trascorrere il primo Natale senza l'adorato fratello. Quello stesso uomo, tra pochi giorni, cederà l'identità di Izuna a Sasuke affinché possa ricostruirsi la liberà. Per Madara, certamente le festività più crudeli mai sperimentate; Itachi non ha ritenuto opportuno distruggere il delicato equilibrio mostrando il suo meschino egoismo. Non può che riconoscere la propria miseria, ostentare le sciocchezze in cui si sta smarrendo, forse per puro tedio, non farebbe altro che effigiare un'abietta natura egocentrica.

L'estenuante fatica per ignorare la sua personale sedia vuota, lo ha logorato a tal punto da fargli abbandonare la serata appena terminato lo scambio dei regali. Lo stomaco annodato non è stato un pretesto, la nausea non accenna a placarsi neanche adesso, chissà per quanto ancora Itachi disporrà delle energie necessarie per ingannare la lacerazione che lo divide in due spremendogli tutto il sangue dal corpo. Sospira, posa sconsolato la spazzola; occhieggia avvilito la sua creazione baluginare oltre il vetro percependola ormai svuotata di ogni significato; Itachi ne ha goduto solo durante la fase d'allestimento.

"Nii – san?" Sasuke lo sta cercando in soggiorno, Itachi compie poche e automatiche azioni per rassettarsi: ricompone la cosa bassa, aggiusta il lembi della vestaglia e verifica che il viso non sia troppo dolente. "Nii – san?" Sasuke ora è in cucina, si sposta rapido da una stanza all'altra del grosso appartamento.

Itachi si schiarisce la gola per dissipare ogni filamento di malinconia. "Sono in camera, Otouto."

Tuttavia, non fa in tempo a terminare la frase che Sasuke è già lì. Si appropinqua, tra le mani ha un grosso pacco regalo avvolto in una grezza carta marrone, un cordino simile allo spago costituisce il fiocco. "Ti senti meglio, Nii – san?"

"Otouto, ho ricevuto più doni stasera che nella mia intera vita. Però, devo ammettere che questo è proprio inatteso." Itachi sfodera un sorriso tirato, evita accuratamente di rispondere alla domanda retorica del consueto modo di dire.

Sasuke gli si accosta rincuorato, la preoccupazione già dispersa. Appoggia, sorridente, il grosso pacco sulla specchiera davanti al fratello. Preferisce accoccolarsi affianco alla seda del fratello, piuttosto che prenderne una per sé. "È per te. Avanti, aprilo."

Itachi lotta per rompere la lastra di illiceità che, da sempre, lo imprigiona ogniqualvolta riceva un pensiero. Il sentirsi indegno, come d'abitudine, gli ingoffisce così tanto le dita da dilatare oltremodo i tempi di strappo dell'incarto. Sasuke lo ispeziona con pazienza, senza perdere la beatitudine.

"Otouto, non so cosa dire," lo sbigottimento prevale sulla sensazione di eterno debito che si stratifica, in Itachi, in seguito a ogni regalo "pensavo fosse da buttare."

"Allora non parlare e prendilo."

Itachi inclina la testa, perlustra il falso incupirsi di Sasuke. Il cappotto di pelle con l'interno di pelliccia emerge dallo scadente pacchetto completamente restaurato, Itachi ci affonda il viso, ne assapora il profumo.

"Mi dispiace, Otouto."

"Per cosa?"

"È stato il tuo primo regalo."

"Considera che io te lo stia donando per la seconda volta." La mano di Sasuke si posa sulla coscia del fratello.

"Grazie, Otouto. Questo è il pensiero più gradito." Itachi afferra quella mano, guarda Sasuke negli occhi "Stai con me stanotte?"

Sasuke si alza, scuote la testa con benevolenza. "Preferirei non lasciare solo Madara, almeno per il residuo tempo che trascorrerà qui. I ricordi, per lui, sono in agguato in ogni molecola di questa casa."

Itachi si congeda dal fratello, continua a soppesare la nota discordante ancora dopo l'uscita di Sasuke dall'appartamento. Il suo Otouto non è mai stato capace di mentire, beccarlo mentre sfoggia un sorriso lievemente storto equivale a un'ammissione di colpevolezza.

Una bugia benevola, comunque, Itachi ne prevede la scoperta l'indomani.

Itachi si alza per riporre il giaccone con la cura che merita, lo liscia con le mani gustandone la consistenza dopo averlo appeso nell'armadio. Un piccolo pezzo di cuore che torna a posto, Itachi ricomincia a chiedersi se sarà mai fattibile superare l'immenso nulla che gli rotea, futile, intorno.

L'anta del guardaroba non fa in tempo a richiudersi che qualcuno suona all'ingresso. Potrebbe trattarsi di Sasuke che vuole riferirgli ancora qualcosa, però ha dimenticato le chiavi all'interno ubriaco di impazienza. Chissà dove le ha seminate, sulla specchiera non ci sono. Il cappotto ridiscende dalla stampella, Itachi si avvolge nella calda morbidezza per andare ad aprire.

"Otouto?" fuori non c'è nessuno.

L'inquietudine stilla, lenta ma prepotente, nello stomaco di Itachi. Fa un passo sui gradini, rabbrividisce e si stringe ancora di più nella giacca. Itachi galleggia nel contrasto, stretto tra la magnificenza del parco illuminato e l'irreale morsa dell'ansia.

"Otouto?" l'ormai scarsa convinzione che si tratti davvero di Sasuke rende, suo malgrado, il richiamo basso e tremolante.