Steven MacKenzie frequentava l'ultimo anno del liceo Sheffield di Heatherfield. Dal carattere piuttosto riservato, era noto comunque per la sua straordinaria dolcezza ed empatia, che l'avevano portato ad essere ben voluto da molti dei suoi coetanei. Suonava il violoncello nell'orchestra scolastica e impartiva lezioni nel tempo libero presso la scuola di musica di Heatherfield. Lì aveva conosciuto Nerissa White, di un paio di anni più giovane di lui, quando qualche mese prima le era stato chiesto di affiancare l'insegnante di flauto traverso in una classe di giovani allievi. Da quel momento, i due ragazzi avevano iniziato a frequentarsi, dandosi di volta in volta appuntamenti che andavano oltre la semplice musica. Steven aveva iniziato offrendole un tè nel locale appena sotto la scuola di musica dopo le lezioni, poi l'aveva invitata al cinema, poi a mangiare fuori, al sesto appuntamento avevano usato i sedili della Chevrolet del padre di Steven per perdere la verginità dopo una passeggiata sul lungomare e un mazzo di rose. Nonostante i tanti impegni dell'uno e dell'altra, condividevano un amore tenero e travolgente, che trovava spazio in ogni piccolo momento libero tra le lezioni a scuola e durante i pomeriggi. Durante l'estate di quell'anno il tempo da poter condividere assieme era aumentato moltissimo, nonostante Steven avesse avuto in previsione di fare richiesta di ammissione per la Columbia University l'anno accademico successivo.

Era l'ultimo weekend di giugno, Nerissa e Steven si erano ricavati del tempo per andare insieme in spiaggia per rilassarsi un po'. Nerissa leggeva un romanzo distesa prona sul suo asciugamano, un largo cappello a coprirle testa e collo, e gli irrinunciabili occhiali da sole. Steven si sdraiò accanto a lei, sul suo asciugamano, e la rimirò in volto. Stette qualche secondo lì ad osservarla, prima di farle scivolare le morbide dita sul suo mento. Lei distolse lo sguardo dal libro, si voltò, e gli abbozzò un sorriso.

"Sei bellissima" le disse ingenuamente.

"Grazie. Neanche tu sei male" rispose la ragazza ridacchiando.

Steven rispose alla risata. "Sei libera nel weekend del 15 agosto?" le chiese.

Nerissa si tolse gli occhiali, rivelando uno sguardo misto tra curiosità e stupore. "Non ne ho la minima idea. Il 15 agosto per me è lontanissimo, Steve. Anche se credo di non avere impegni. Perchè?".

Steven rotolò sul fianco, appoggiando la testa sul suo braccio piegato, e sorrise maliziosamente. Affondò la mano nella sabbia che c'era tra sé e la sua compagna. "Beh…pare ci sia una tre giorni di musica live, non lontano da qui…una roba enorme, dicono".

Nerissa sgranò gli occhi, attratta da quello che il ragazzo stava dicendo. "Continua, MacKenzie".

"Musica rock e folk, pare inviteranno pezzi grossi…mi chiedevo se avessi voglia di fare un viaggetto con me, di una notte".

Nerissa spalancò la bocca in preda all'emozione. "Dici sul serio?!Certo che mi piacerebbe!" rispose, rivolgendo poi gli occhi altrove e smorzando l'entusiasmo "Ovviamente…non so se i miei genitori me lo consentirebbero…tentare non nuoce". Steven si aggiustò i grandi occhiali da vista sul naso.

"Potrei cercare di chiederglielo io stesso" disse.

"No, lascia stare, non so quanto ti ascolterebbero. Forse potremmo trovare un compromesso".

Nerissa si voltò a guardarlo. "Tu pensavi proprio una cosa a due, vero?".

Steven la fissò, ammutolito, le labbra si contorsero in una smorfia di sconforto, prontamente ricambiata da quelle di lei.

Nerissa si mise seduta sul suo asciugamano, richiudendo il libro lasciando traccia con il segnalibro e togliendosi la sabbia tra le dita delle mani. "Credo andrò a recuperare un ghiacciolo" disse, iniziando a frugare nella sua borsa da spiaggia alla ricerca del portafoglio.

"Lascia, vado a prenderlo io tesoro" si offrì Steven, che celermente si alzò in piedi e recuperò il suo taccuino. "Torno in un baleno".

Nerissa lo vide allontanarsi lungo la spiaggia.

In quel momento, avvertì di nuovo una sensazione di bruciore nel petto, come l'aveva sentita già altre notti, ma questa volta era molto diverso: era pulsante, e soprattutto non così spiacevole e dolorosa come altre volte. Si alzò in fretta dal suo asciugamano e si guardò intorno. La spiaggia era piuttosto gremita, chi prendeva il sole e chi nuotava nell'oceano, qualunque cosa avrebbe voluto fare, avrebbe dovuto attuarla il più velocemente e di nascosto possibile. Si avviò dunque, con passo tranquillo cercando di non destare alcun tipo di sospetto verso i grandi scogli che separavano la spiaggia dalla strada cittadina che correva qualche decina di metri più in alto. Nerissa conosceva bene quella spiaggia, lei e Cassidy avevano avuto più volte modo di trovarsi in segreto a fumare da quelle parti, e sapeva che tra quei grossi massi si creavano dei nascondigli perfetti. Si rifugiò dietro uno di essi, guardandosi intorno per valutare di non essere osservata da nessuno, né che quel posto fosse già occupato. Poi, adagiò la mano destra sul petto, e sul suo palmo comparve il Cuore di Kandrakar. Il monile pulsava, vibrava ed emanava una luce rosa intensa ad intervalli più o meno regolari.

La ragazza chiuse dunque gli occhi, respirò a fondo. Il respiro si fece tenue e lento, i battiti del suo cuore si calmarono rapidamente, mentre nella mano destra stringeva ancora il gioiello del suo potere. Abbassò il capo, cercò con estrema calma alcuni secondi di pura concentrazione.

E più si concentrava, più velocemente comparve accanto a lei una figura, a lei identica, nella medesima posizione e nelle medesime vesti.

Alcuni secondi dopo, Nerissa aprì gli occhi, e guardò il frutto dei suoi poteri magici.

"Ottimo, ben tornata. Spero tu stia bene" le disse, mentre l'altra alzò il viso per guardarla negli occhi.

"Nerissa" rispose l'altra figura "Cosa devo fare?".

Nerissa tirò un sospiro, abbassando gli occhi sul Cuore di Kandrakar. "Nulla che io non farei" rispose "sono in spiaggia con Steven, ci starò credo un altro paio d'ore prima di bruciarmi come un'aragosta, poi andremo a bere qualcosa insieme, poi mi accompagnerà a casa. Tutto chiaro?".

"Niente sesso fino al mio arrivo".

"Niente sesso fino al tuo arrivo, per carità".

Nerissa la fulminò con lo sguardo. "Sei una goccia astrale, ricordatelo. Preferisco farle io quelle cose, mi spiego? Non so fin quanto starò via, verrò a cercarti".

"Sì, signora…però io non mi diverto mai" rispose l'altra avviandosi per andare verso la spiaggia, e Nerissa ne approfittò per darle una sonora sculacciata.

La guardò allontanarsi, mentre intravedeva Steven tornare coi ghiaccioli. Speriamo bene, pensò fra sé e sé.

Guardò il monile fra le sue mani, chiuse gli occhi, e di nuovo cercò la concentrazione di prima.

Ragazze, non so in quali faccende siate occupate adesso, ma abbiamo qualcosa di urgente da fare, pensò Nerissa tanto intensamente che sentì come un flusso di nuova energia scorrerle nelle vene di tutto il corpo. Ogni volta che cercava il contatto telepatico con le altre guardiane veniva pervasa da un'indescrivibile sensazione di apertura e benessere, come se il suo corpo diventasse improvvisamente un tutt'uno con l'ambiente che le stava intorno. Il potere della telepatia era usufruibile da ognuna di loro, così che ciascuna potesse comunicare liberamente ciò che voleva in qualsiasi momento, ma la vera depositaria di questo potere era Halinor, la guardiana del fuoco. Ognuna di loro aveva delle capacità essenzialmente collaterali al controllo del proprio elemento, e Halinor possedeva proprio questa. Pertanto, affinché la telepatia funzionasse in modo esemplare, Halinor doveva costantemente conservare la propria mente lucida e disponibile a qualsiasi contatto. Anche per questo motivo Halinor combatteva spesso il proprio desiderio di trasgressione limitando l'uso di alcol e della marijuana, un piccolo sacrificio per la sicurezza di tutte loro.

Se è Kandrakar non posso dirgli che in realtà starei lavando i piatti, udì la voce di Yan Lin nella sua testa.

E allora temo dovrai lasciarli nel lavello e basta…oppure dire alla tua goccia astrale di finire il lavoro, ne sarà felice…

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Le mura della Fortezza erano candide come sempre, le altissime colonne si stagliavano su una coltre di nuvole bianche infinita, e la luce penetrava in tutti gli anfratti del salone della Congrega. Sebbene ci fosse sempre stato l'Oracolo ad attenderle ogni qualvolta il Cuore di Kandrakar le avesse chiamate, stavolta le cinque ragazze si ritrovavano da sole in un salone completamente vuoto, si guardarono intorno nel tentativo di individuare qualcuno dei saggi.

"Oh beh, pare abbiamo fatto una gita a vuot…" ruppe il silenzio Kadma, accingendosi a sedersi in uno dei posti riservato ai saggi della Congrega.

"Già stanca giovane guardiana della Terra?" udirono dal fondo della sala un tono sprezzante e palesemente infastidito. Verso di loro si fece avanti una figura alta, dritta e decisa.

"Luba, carissima, abbiamo le palle gir…" avanzò Cassidy con un sorriso e le braccia spalancate.

"Porta i tuoi insolenti modi di dire fuori da questa Fortezza, guardiana dell'Acqua, avete un compito ad attendervi" replicò Luba ancora più inferocita.

"Ci hai chiamate tu? Pensavo che l'Oracolo…".

"L'Oracolo vi ha chiamate, ma sarò io a scortarvi dove dovrete andare" rispose Luba d'un fiato, facendo loro cenno di seguirla.

Le ragazze la seguirono lungo gli infiniti corridoi di Kandrakar, attraverso incisioni antiche a cascate d'acqua, attraversando stanze mai viste prima. Nessuna di loro aveva avuto il coraggio di aprire ulteriormente bocca, conoscevano bene Luba, il suo caratteraccio e il suo malcontento nei loro confronti. E oltretutto, anche lei poteva ondeggiare tra giornate di gioia e gratitudine a giornate…in cui si sarebbe fatto meglio a girarle alla larga.

A un certo punto della fine del corridoio, davanti a un imponente muro lucente, Luba sollevò il capo e allungò le mani verso l'alto, facendo scivolare le maniche della propria veste lungo gli avambracci.

"Sit'ka ten kanda kun!" Recitò in un fiato tanto sommesso quanto autoritario, come fossero parole segrete che segrete dovevano restare.

Nerissa la guardò impressionata, sicché mai aveva udito lingue diverse tra le mura di Kandrakar.

Nella parete del muro iniziò lentamente a comporsi qualcosa. Era una gigantesca porta, intagliata in ogni sua parte, la sua altezza copriva quasi completamente quella del muro. All'altezza delle mani di Luba comparve una grande serratura che poteva ricordare quelle in ferro battuto degli inizi del secolo terrestre, e al suo interno una lunga chiave vi era inserita per metà. Luba la spinse un poco più in dentro e le fece fare un mezzo giro in senso orario. Poi, spinse entrambi i battenti di fronte a sé.

Quello che le ragazze videro oltre l'immensa porta era un stanza di proporzioni infinite, piena di ogni cosa: la maggior parte erano libri, alcuni depositati impilati per terra o su alcuni tavolini, tanti altri riposti accuratamente su altissimi e lunghissimi scaffali; poi vi erano oggetti di ogni tipo, provenienti da ogni mondo sottoposto alla guida di Kandrakar. Ciò che maggiormente balzò all'occhio delle ragazze furono i colori della stanza: se quelli predominanti della Fortezza erano il bianco e qualche venatura di celeste, quelli di questa stanza erano ben più cupi ma molto variegati, in un certo senso, qualcuna di loro pensò, normali.

"Benvenute nella biblioteca di Kandrakar" disse Luba, con un tono che fu tutto fuorché di benvenuto. "Il vostro compito oggi sarà quello di studiare, e per accelerare i tempi vi abbiamo già fornito il materiale necessario".

Cassidy alzò gli occhi al cielo, sconsolata. Luba la fulminò con lo sguardo, e proseguì oltre.

"Su questo tavolo potrete trovare i volumi che vi servono". Indicò un lunghissimo tavolo di antichissimo legno massiccio, sulla cui superficie erano accatastati dei libri logori, alcuni in pessimo stato. Nerissa si avvicinò, ne aprì uno e una pagina si staccò, tanto era consumata.

"Prendetevela con calma…ma nemmeno troppa!" Avvertì Luba, e svanì dietro il grande portone d'ingresso.

Le ragazze si guardarono con una certa preoccupazione.

"Mai avrei pensato di studiare il due di luglio" disse fra sé e sé Kadma.

"Il problema è che qui non sanno che è il due luglio" rispose Yan Lin "Ci conviene cominciare…".

Il quintetto si trattenne attorno al tavolo per una quantità di tempo che nemmeno loro avrebbero potuto definire. Avevano tutte sfogliato i volumi quasi distrattamente, saltando da una pagina all'altra, alzandosi di tanto in tanto per sgranchire le gambe e scambiandosi qualche battuta; Kadma invece aveva letto tre volumi da cima a fondo, senza saltare nemmeno una riga, e nel più rigoroso silenzio.

Nerissa si stiracchiò sulla sua sedia, portandosi le mani dietro la nuca. "Beh? Facciamo un riassunto?".

Halinor prese fiato, fece per parlare. Era stanca, cercò semplicemente di accelerare le cose.

"Si parla di un Paese, Vannthalia, la cui capitale è Silvegard, esiste a non so quante miglia di distanza dalla Terra, assomiglia in tutto e per tutto alla Terra come fattezze e ha una linea temporale molto simile alla nostra. Una specie di monarchia costituzionale, c'è la figura del re, accompagnato dalla consorte e sostenuto da un governo attorno a lui. Il governo è rappresentativo del popolo di Vannthalia, costituito da umani, maghi, e umani dotati di superpoteri".

"Sì, ho letto anch'io qualcosa a riguardo" continuò Nerissa "Ci sono gli umani che sono persone essenzialmente come noi. Poi ci sono i maghi, che sono umani che hanno potuto apprendere la magia perché geneticamente predisposti al suo uso, ed è una magia molto vasta, con la quale si può compiere qualsiasi genere di sortilegio. Poi ci sono gli umani dotati di suuperopoteri, che con la magia non hanno nulla a che vedere, ma hanno abilità fisiche aumentate rispetto a quelle degli umani semplici, come forza, velocità, manipolazione mentale, telepatia, in alcuni rari casi possono tramutarsi in animali o cambiare le proprie sembianze, ma sembrerebbe una razza rara dettata da specifiche mutazioni genetiche…un po' di tutto insomma…".

"Tra l'altro" proseguì Yan Lin "ho trovato che Vannthalia è un Paese tecnologicamente decisamente avanzato, nonostante la presenza della magia, la compagine umana ha creato moltissime cose che possono agevolare la vita quotidiana e poi ho letto che hanno creato una specie di rete che può mettere in comunicazione tutto e tutti in ogni parte del Paese e in qualsiasi momento, addirittura si possono comprare cose dalla distanza…sì, ecco, questa non l'ho capita bene ma mi sembra geniale".

"Praticamente come la Terra, solo che….ha probabilmente saltato la fase del Medioevo e la Santa Inquisizione…".

Kadma chiuse il volume che aveva sotto mano, e si rivolse alle altre ragazze. "Credo che i libri di storia allora siano capitati a me".

Le sue quattro compagne la guardarono incuriosite.

Kadma scrollò leggermente le spalle, si drizzò sulla sedia, e cominciò.

"Anni fa, e se non sbaglio a fare i conti dovrebbe coincidere più o meno con i fatti avvenuti nel nostro 1953, c'è stato un colpo di Stato non da poco. Tale colpo di Stato è stato guidato da un certo Khalid, esponente della popolazione dei maghi, già presente tra le fila del governo suddetto, e ha trascinato con sé la maggior parte della sua gente e una parte degli umani con superpoteri…beh, li chiamerò super per farla breve".

Le ragazze ascoltarono assorte, Kadma si alzò e iniziò a vagare per la stanza, continuando ad esporre ciò che aveva letto.

"Khalid era fermamente convinto che maghi e super fossero geneticamente superiori agli esseri umani, tanto da non condividere la scelta di un'equità fra le razze al governo, e quindi un'equità nelle scelte. Li riteneva "utili" per lavori di basso profilo, ma secondo lui non potevano avere diritto nella vita politica del Paese. Pertanto, nella notte del 27 maggio 1953, Khalid ha fatto irruzione al Palazzo Reale trucidando tutti coloro che non gli avevano promesso fedeltà per un governo migliore guidato da maghi e super".

"Da quella notte, Vannthalia ha conosciuto un periodo prospero, fatto di grande crescita economica, ricchezza…a scapito dei diritti umani. Ogni cosa viene controllata meticolosamente dalle forze di palazzo".

"Una dittatura, insomma" commentò Nerissa.

"E che fine ha fatto, Khalid?" chiese Cassidy.

"Nessuna. Sta ancora lì".

Le ragazze si guardarono, perplesse.

"Non ho capito cosa dobbiamo fare…sono anni che esiste questa dittatura, fino ad adesso non ha creato problemi, cosa è cambiato ora?" chiese Halinor, cercando la risposta negli occhi delle sue amiche.

"Ottima domanda" rispose una voce a fianco a loro. Senza che nessuna di loro si fosse resa conto, l'Oracolo aveva fatto ingresso nella stanza e gli si era avvicinato, ascoltando il resoconto che avevano fatto.

"Ovviamente, c'è molto più di questo che avete detto, ma ogni cosa a suo tempo. Ora, se volessimo considerare una dittatura giusta fino a quando non crea problemi ai suoi vicini, saremmo sicuramente sulla strada sbagliata, non trovate? Ma ancor di più quando ne volesse creare, il compito di Kandrakar è di vegliare sull'incolumità dei vicini stessi. Ogni cosa raggiunge un proprio equilibrio infallibile, e ciò che noi dobbiamo cercare di proteggere, è la ricerca di questo equilibrio attraverso la creazione del minor danno possibile".

Le guardiane lo ascoltarono con attenzione.

"Perdonate" lo interruppe Nerissa "Ma ancora non ho capito qual è il nostro compito".

L'Oracolo sospirò. "Khalid ci vede come una minaccia. Sa che il suo mondo è sottoposto al nostro sguardo, e come noi osserviamo Vannthalia, lui vuole osservare noi, per togliersi in modo definitivo il peso di dosso di venir controllato da qualcosa che lui stesso non può controllare".

Dopodiché, si girò verso le ragazze.

"Da questo momento, avrete una missione speciale. Dovrete controllare Vannthalia dal suo interno, capirne ogni dettaglio, studiare la sua gente, e di questo compito non dovrà saperne nessuno al di fuori di noi o di chi è direttamente coinvolto".