75. Il cielo dopo la tempesta
Mancavano ancora un paio d'ore alla cena, Charles si alzò dopo la fine della lezione, gli studenti sembravano attenti, ma le studentesse erano palesemente distratte da qualcosa che andava al di là delle sue spiegazioni e non serviva essere un telepate per immaginare che il suo nuovo aspetto giovane fosse un valido motivo per non prestare attenzione.
Sorridendo uscì dall'aula pensando che sarebbe stato divertente fare delle domande proprio su quegli argomenti di cui aveva parlato mentre era voltato a scrivere alla lavagna e le ragazze si erano perse a guardargli il sedere, rise piano, divertito.
"Hey, anch'io vorrei ridere!"
Logan lo raggiunse, anche lui aveva appena terminato la sua lezione di storia. Charles rise ancora.
"Ah, nulla, solo che non sono abituato a sentire gli sguardi degli studenti sul mio culo mentre insegno, di solito era ben nascosto!" disse, alludendo al fatto che era sempre seduto nella sua sedia a rotelle.
Logan lo fissò stupito, poi rise a sua volta.
"Oh, capisco! Non mi dirai che questo ti mette a disagio!" disse sporgendosi per guardarlo meglio "In effetti non posso dargli tutti i torti, sai?"
Charles arrossì lievemente e si coprì d'istinto con un libro.
"Ah, taci!"
Logan rise di gusto vedendolo imbarazzato, non era decisamente abituato ad essere osservato con certi sguardi dai suoi studenti e la cosa lo metteva in imbarazzo ma, pensò Logan, era anche davvero divertente.
Erano appena arrivati in salone quando videro tornare Cassandra e Raven, sembravano lo yin e lo yang. Da una parte c'era Raven, come al solito, il suo colore dominante era il bianco, in contrasto con la sua pelle blu: indossava un paio di pantaloni beige, una camicia bianca e una giacca beige come i pantaloni.
Poi c'era Cassandra, i suoi abiti erano tutti neri, indossava un paio di pantaloni molto eleganti, una camicia con dettagli di pizzo, un gilet e una giacca aderente, nella profonda scollatura della camicia si poteva vedere una sottile collana d'argento. Charles osservò a lungo la sorella ma, anche se non parlò, il sorriso sul suo viso fu abbastanza eloquente.
"Allora?" chiese Cassandra "Che ne dite?"
"Non male" concesse Charles stringendosi nelle spalle, poi le guardò e aggrottò le sopracciglia, si era immaginato di vederle cariche di borse, invece avevano le mani libere, solo Cassandra portava una elegante borsa a tracolla di pelle nera "Tutto qui? Non avete comprato altro?"
Raven scoppiò a ridere, si avvicinò a Charles e gli diede un bacio sulla guancia.
"Sei adorabile!" disse "Il resto arriverà con un corriere, non avremmo potuto portare tutta quella roba da sole!"
Charles spalancò gli occhi per lo stupore ma non commentò, Cassandra sogghignò.
"Il mio armadio è vuoto visto che dovrò restituire gli abiti a Jean" spiegò "Ho voluto sperimentare un po'."
Charles annuì e le sorrise, restando ad osservare compiaciuto, la cosa non sfuggì a Cassandra, che gli tirò un orecchio.
"Sbaglio o tu devi andare a tenere una lezione ora?" chiese "Muoviti. Io vado a cambiarmi, Lester avrà bisogno di aiuto in cucina."
Charles restò immobile, sorpreso dal cambiamento della sorella. Aveva sperato che lei riuscisse a sentirsi a suo agio alla scuola, invece aveva superato ogni sua aspettativa e ora sembrava perfettamente a suo agio. La guardò allontanarsi insieme a Raven, erano bastate poche ore insieme per trovarsi, era evidente che tra di loro si era instaurato un rapporto di fiducia che da un lato gli fece piacere e dall'altro lo preoccupava, Logan lo intuì dal suo sguardo.
"Sei nei guai, Chuck" gli disse "Mi sa che si sono già alleate contro di te!"
Charles guardò Logan che sogghignava divertito ma sospirò, rassegnato e, scuotendo la testa, si allontanò per raggiungere l'aula dove avrebbe tenuto l'ultima lezione della giornata.
Stava per raggiungere l'aula quando Scott lo fermò.
"Professore … Charles …"
Era evidente che Scott si trovasse in difficoltà e capì che se non lo avesse ascoltato in quel momento forse non avrebbe più trovato il coraggio di parlare.
"Dammi solo un momento."
Charles si avvicinò alla porta, l'aprì e si affacciò per parlare con gli studenti.
"Arriverò presto, voi intanto iniziate a leggere il capitolo di oggi."
Chiusa la porta raggiunse Scott.
"Andiamo in cucina? Vorrei farmi un caffè."
Non attese risposta e precedette Scott, che non poté fare a meno che seguirlo, solo quando arrivò capì perché lo aveva portato proprio lì. Charles si stava preparando un caffè, era tranquillo e rilassato e nella stanza c'erano solo loro, in questo modo avrebbero potuto parlare con la giusta intimità senza il disagio che sarebbe arrivato se si fossero spostati nel suo ufficio. Charles non lo invitò a parlare, aspettò che fosse lui a farsi avanti per primo.
"Charles." iniziò Scott con una determinazione "Ti chiedo scusa. Per tutto. Per tutto ciò che ti ho fatto."
Charles posò la tazza con il caffè ancora troppo caldo e lo osservò bene prima di parlare, poi sorrise.
"Ti ringrazio."
Scott sospirò di sollievo, aveva temuto che Charles serbasse del rancore nei suoi confronti, invece era sinceramente e totalmente tranquillo.
"Anzi, anch'io ti devo delle scuse."
Scott stavolta lo fissò con la bocca e gli occhi spalancati per lo stupore.
"Mi prendi in giro?" chiese "Cosa avresti sbagliato tu?"
Charles sorseggiò il suo caffè con calma.
"Non ho nessun problema ad ammettere che quando il tuo tradimento è venuto a galla ero arrabbiato, Scott. Non solo, ero veramente furioso. Mi sono sentito tradito e insultato … ma ho lasciato che le mie emozioni prendessero il sopravvento."
"Al tuo posto avrei fatto di peggio, Charles!" disse Scott con convinzione "Sei stato fin troppo buono con me! Avresti dovuto …"
"Avrei dovuto ascoltarti." lo interruppe Charles serio "Invece di soffermarmi sul tuo tradimento avrei dovuto capire perché era avvenuto. Magari se invece di umiliarti ti avessi accolto molte delle cose che sono successe dopo sarebbero andate in modo diverso."
"In ogni caso sarebbe stato troppo tardi per prevenire l'attacco delle Sentinelle" disse Scott "Ma almeno non ti avrei rapito per portarti da Sinistro."
Charles rimase in silenzio, i ricordi di quei giorni erano ancora lì, ormai li aveva superati, il dolore era scomparso, ma non poteva dimenticare.
"Vedevo ogni cosa" confessò Scott "Cassandra mi controllava ma mi aveva lasciato uno spiraglio di coscienza in modo che potessi vedere tutto ciò che facevo, ricordo tutto ciò che ti ho fatto, tutto il dolore che ti ho procurato, ogni cosa."
La voce di Scott era ferma e seria come sempre ma Charles percepì che dentro di lui stava lottando contro i sensi di colpa.
"Chissà, magari era ciò di cui avevo bisogno." disse Charles stringendosi nelle spalle, Scott espirò dal naso, frustrato.
"Di cosa avresti avuto bisogno, sentiamo? Di un idiota che ti torturasse e ti picchiasse a sangue quasi fino ad ucciderti?"
Charles scosse la testa piano.
"Sicuramente non è stato piacevole, ma mi ha messo alle strette, ho dovuto affrontare qualcosa che stavo evitando da troppo tempo, in modo definitivo e senza possibilità di fuga. Il processo era già iniziato, questo è vero, ma quei giorni mi hanno permesso di buttare fuori tutto il marcio che avevo dentro."
Scott sospirò piano, incapace di accettare le sue parole, Charles lo capì.
"Non credo al destino, Scott" disse "Non credo che tu e io ci trovassimo al posto giusto al momento giusto e che tutto quello che è successo dovesse accadere, credo semplicemente che siamo noi stessi a dover dare il giusto significato a ciò che ci succede, nel bene e nel male e usare ciò che la vita ci offre a nostro vantaggio. Io, sinceramente, preferisco trarre un insegnamento anche dalle prove più dure."
Scott chinò la testa, sconfitto.
"Tu ce l'hai fatta" disse Scott "Io no."
Charles aveva ormai finito di bere il suo caffè.
"Sei qui ora, giusto?" disse "Questo è già un primo passo. Magari potremmo tornare sui nostri passi e capire cosa è successo. Dall'inizio." disse, guardandolo con insolita intensità.
"Dall'inizio?" chiese Scott, intimorito.
"Esattamente." rispose Charles "Quando avevi più bisogno di me non c'ero, ora sono qui e intendo ascoltare dall'inizio alla fine."
Scott prese un profondo respiro, poi parlò, buttò fuori le parole senza timore, quasi come una liberazione.
"Ho iniziato a dubitare quando ci hai parlato degli Illuminati. Ho fatto finta di nulla perché tu sembravi tanto dispiaciuto, ma dentro di me qualcosa si era incrinato e tutto poi tutto ha iniziato a precipitare. Prima sei stato arrestato, e già lì ho avuto paura, poi te ne sei andato e nel frattempo la situazione qui è peggiorata. La polizia continuava ad arrestare mutanti quasi ogni giorno e quelli che erano liberi venivano picchiati o perseguitati ormai senza alcuna vergogna e venivano a chiedere aiuto a noi. Noi facevamo ciò che potevamo ma ci mancava la tua guida, la tua presenza. Razionalmente noi tutti sapevamo che avevi bisogno di quel tempo per te stesso ma ci sentivamo abbandonati … e quando Jean mi ha confessato di essere incinta ho avuto più paura che mai."
Scott aveva parlato senza quasi prendere fiato, fece solo una piccola pausa e riprese.
"Ero a New York, stavo ritirando alcuni documenti per le nuove case, è stato allora che Sinistro mi ha avvicinato."
Charles annuì, comprensivo.
"Ha iniziato a parlarmi, mi diceva che non capiva come potessimo fidarci di te, soprattutto ora che ci avevi abbandonati, che ci avevi traditi … Insomma, ha detto ad alta voce ciò che io avevo sempre pensato, rendendolo … reale."
"Erano sentimenti legittimi, Scott" spiegò Charles "Non posso biasimarti per averli provati, ma Sinistro li ha usati contro di te. D'altra parte io ho sbagliato quando ti ho cacciato invece di ascoltarti. Mi dispiace."
Scott arrossì, si sentì sollevato ma anche profondamente grato, Charles era sinceramente dispiaciuto, consapevole di aver ignorato i sentimenti di coloro che avevano sempre contato su di lui ma anche convinto che tutto ormai si fosse sistemato per il meglio.
"Tutti commettono errori, Scott" proseguì "Io non sono immune da questo fatto. La differenza sta nel come si affrontano e soprattutto come si riesce a porvi rimedio."
Gli occhi di Charles erano un cielo limpido, il suo sorriso luminoso come il sole rassicurò Scott: finalmente era lui, era tornato, non c'era più traccia di ombre nascoste e lui si sentì finalmente a casa, finalmente compreso.
Charles gli posò una mano sulla spalla ma così facendo vide l'ora.
"Ti chiedo scusa, Scott, ora devo proprio andare. Tu intanto riposa un po', vai da Jean, ti sta aspettando."
Diede qualche pacca sulla spalla di Scott e se ne andò mentre Scott sospirò di sollievo, non era stato facile togliersi quel macigno dal petto, ora poteva respirare.
Nel frattempo Cassandra era andata nella sua stanza, aveva riposto con calma i suoi vestiti nell'armadio e aveva preso la divisa che le aveva dato Lester la notte precedente; nemmeno dieci minuti dopo uscì dalla sua stanza, indossava un completo bianco da cuoco e sui capelli una bandana nera con alcuni teschi, così vestita andò direttamente in cucina, dove trovò Lester intento a preparare la cena.
"Oh, guarda chi si vede!" disse vedendola "Non sei in anticipo?"
"No, anzi" rispose Cassandra "Credo di essere in ritardo."
Lester posò il coltello, graziando per un momento la zucchina che presto sarebbe stata ridotta in piccoli pezzetti.
"Sei sicura?" chiese lui senza nascondere la sorpresa di vederla lì.
Cassandra sospirò, avrebbe potuto dirgli che era lì perché aveva scoperto che era incredibilmente eccitante creare qualcosa dal nulla, che il cibo aveva il magico potere di influenzare le menti e le emozioni altrui in modi per lei del tutto inaspettati e che, al di là dello spirito competitivo nei confronti di lui e di suo fratello, aveva iniziato a voler sfidare se stessa per spingersi oltre i suoi limiti. Avrebbe potuto dirgli queste cose e molte altre, invece si limitò a sondare i suoi pensieri per capire cosa fare e a prendere una grattugia per preparare il formaggio.
"Forse un giorno ti racconterò la storia della mia vita, magari davanti a un bicchiere di vino" disse prendendo il formaggio e iniziando a grattugiare "Per ora sono qui per lavorare."
Lester sogghignò divertito e non aggiunse altro.
Più tardi, durante la cena, Lester elogiò Cassandra per il suo lavoro, non solo lo aveva aiutato ma aveva anche proposto delle modifiche alle sue ricette che le avevano rese ancor più interessanti e gustose.
"Non so se sia grazie alla telepatia ma credo che Cassandra abbia un dono per la cucina, ha avuto delle intuizioni geniali stasera!" commentò Lester, posando il bicchiere ormai vuoto "Non mi pesa dire che, con un po' di pratica, diventerà anche più brava di me!"
"Ci puoi scommettere!" esclamò lei con un sorriso.
Cassandra si sentiva felice e soddisfatta, tutti attorno a lei avevano apprezzato il frutto del suo lavoro e questo le aveva dato un appagamento che non aveva mai sperimentato in vita sua, si sentiva in pace, completa ma anche stimolata a fare sempre di più.
La stanza era immersa in un silenzio rilassato, quando all'improvviso squillò un telefono, era quello di Charles, appoggiato sopra un mobile.
"Scusate, lo spengo subito."
Arrossendo lievemente per l'imbarazzo Charles si alzò ma, quando vide il nome di chi lo stava chiamando, decise invece di rispondere: dall'altra parte del telefono si sentì anche all'esterno una voce potente, qualcuno stava gridando.
"Buonasera, sono … sì, sono io … Certo che mi ricordo!"
Raven, insospettita, si alzò e andò ad origliare la conversazione mettendosi accanto a Charles e sorrise quando riconobbe la voce dall'altra parte del telefono.
"In effetti sono stati giorni difficili … Addirittura?" Charles si interruppe per ridere "Sarebbe un onore! … Sì, sono sempre d'accordo … Quando? … Domani sera? Va bene, dovrò trovare un posto per … va bene, non c'è problema. Verrai da solo? Perfetto. A domani! Buonanotte."
Charles chiuse la chiamata e si rese conto solo in quel momento che tutti lo stavano fissando.
"Da quel che ho capito avremo un ospite domani sera?" chiese Logan "Di chi si tratta? Ci possiamo fidare?"
"Potete fidarvi" disse Charles "Sono convinto che sarà un ottimo alleato, si tratta di …"
"NO!" gridò Raven tappandogli la bocca con la mano "Voglio che sia una sorpresa!"
Charles la guardò, per un attimo sorpreso, poi sorrise, la baciò sulle labbra e lanciò un'occhiata enigmatica agli altri.
"Va bene, che sia una sorpresa."
