79. Ombre di Genosha
Erik seguì Charles in cucina, mentre lui preparava un caffé si sedette e lo osservò.
"Dimmi" disse "Nella tua nuova visione in cui mutanti e umani devono cercare ciò che li unisce, dove si colloca lo spettacolo che vuole preparare Bianca?"
Charles si voltò appena, indaffarato a prepararsi la moka.
"Roy è un umano" spiegò "per questo è diverso da noi, allo stesso tempo è anche un omosessuale e una Drag Queen e sa bene cosa significa essere discriminati, temuti e odiati, e questo lo rende simile a noi. Lui è qui per imparare e per condividerlo con il mondo con la sua ironia."
Mentre aspettava Charles prese una tazzina e la posò sul tavolo.
"Conoscenza, ironia e autoironia possono essere strumenti molto potenti."
Erik rimase in silenzio, colpito dalla risposta di Charles.
"No, ti prego, non iniziare già con i discorsi difficili!"
Lester entrò in cucina, era sporco di farina e marmellata e sembrava esausto.
"Come stai?" gli chiese con l'atteggiamento di una madre peroccupata per il figlioletto malato "Sei pallido, hai mangiato qualcosa?"
Charles sospirò.
"No, grazie mammina" disse versandosi il caffè "Per ora ho bisogno solo di questo, se dovessi mangiare qualcosa lo vomiterei subito."
Lester storse la bocca, disgustato.
"Che bella immagine" disse "Spero di non sognarmelo perché, come potete immaginare, ora andrò a dormire, Cassandra è già andata a letto e io la seguirò."
Charles rise.
"Spero non nello stesso letto!"
Erik guardò prima Charles, poi Lester, che divenne rosso per l'imbarazzo.
"No! NO!" disse "No …" aggiunse più vago "Perché no?" chiese infine, come se stesse chiedendo il permesso.
Charles rise ancora, poi scosse la testa.
"A meno che non sia stata lei a chiedertelo e in modo esplicito, eviterei" rispose lui "Fidati, non ti conviene fare la prima mossa con lei."
Lester trattenne il fiato, poi espirò, deluso.
"Sul serio?"
Charles non rispose, si limitò a fargli l'occhiolino, Lester invece divenne ancor più rosso.
"Ah, bene. Ok. Vado. Buona no-Buon ripo-Ciao."
Charles rise mentre lui se ne andava e tornò a dedicarsi al suo caffè, in quel momento entrò Logan.
"Ah, Charles!" disse con urgenza "Sei sveglio finalmente. Come stai? Ascolta, dobbiamo parlare …"
Charles sorrise e alzò una mano per placarlo.
"So già tutto, Logan" rispose calmo "So che l'attacco di ieri sera, anche se definirlo così mi sembra eccessivo, è solo la punta dell'iceberg e che il vero problema è molto più grande e più radicato di quanto possiamo immaginare."
Logan annuì, rassicurato dal fatto che lui avesse già capito.
"Quindi cosa intendi fare a riguardo? Cosa vuoi fare con quei due ragazzini? Non sappiamo niente di loro, potrebbero essere un'avanguardia, delle spie per altri mutanti più potenti che li hanno inviati qui come infiltrati per …"
"No." lo interruppe Charles "Anche se ero ubriaco sono riuscito ugualmente a leggere le loro menti. In effetti appena li ho visti ho pensato esattamente la stessa cosa, ma no, sono venuti qui in autonomia."
"Almeno questo è positivo" disse Erik "Per il resto? Cosa pensi di fare? Cosa pensi che dobbiamo fare?"
Charles sospirò, bevve un sorso di caffè e si lasciò cullare dal suo calore e dal suo sapore prima di rispondere.
"Non lo so. Per ora mi limiterò a cercare qualche possibile minaccia con Cerebro e poi … poi vedremo, per ora non possiamo fare altro che attendere."
Logan guardò fuori dalla finestra.
"Con quei ragazzi invece?" chiese "Staranno qui? Li caccerai?"
"No, non caccerò nessuno" rispose Charles "Resteranno qui, se lo vorranno. Sono solo due ragazzini spaventati che hanno bisogno di una guida."
"Chi?" chiese Erik senza riuscire a celare il tono polemico "Tu?"
Charles rise, sia per il tono usato da Erik sia per la domanda. Bevve un altro sorso di te.
"No" rispose calmo "Sarai tu."
Erik e Logan si scambiarono uno sguardo incredulo.
"Sei sicuro?" chiese Logan.
"Charles, devo ricordarti io cosa hanno detto ieri sera?" chiese Erik "Non si fidano più di me! Mi odiano! Non mi ascolterebbero mai!"
"Non è così" rispose Charles scuotendo la testa "Loro si fidano ancora di te, sono solo confusi e spaventati per il tuo cambiamento. Ti hanno aggredito, in realtà stavano cercando aiuto e risposte … e tu sei l'unico che può darglieli entrambi."
Erik rimase in silenzio per qualche minuto, riflettendo su quelle parole.
"Non saprei nemmeno cosa dirgli" disse all'improvviso, emergendo da una lunga riflessione interiore.
"Ti conviene iniziare a pensarci" disse Logan che non aveva smesso di guardare fuori dalla finestra "Stanno arrivando."
Pochi istanti dopo Jean entrò accompagnata da Tom e George.
"Tom! George!" li salutò Charles "Siete più tranquilli oggi? Mi dispiace per stanotte, ero ubriaco." aggiunse con imbarazzo.
"Non si preoccupi, Professor Xavier" rispose Tom "Jean ci ha raccontato tutto. Ieri sera eravamo spaventati, ma in effetti è stato divertente."
"A me è venuta voglia di leggere Il Signore degli Anelli" aggiunse George.
"Bene!" esclamò Charles "Mi fa molto piacere. Logan, Jean, potete venire con me? Abbiamo delle cose da fare." disse, con l'intento di lasciarli soli con Erik, che impallidì al pensiero di doverli affrontare da solo; anche i due ragazzi si irrigidirono per l'ansia, ma Charles sorrise e gli fece un rassicurante occhiolino che li rassicurò.
"Stai tranquillo, ce la puoi fare."disse telepaticamente a Erik e anche lui sembrò rilassarsi.
Quanto tempo era passato da quando era entrato nella stanza di Cerebro? Un quarto d'ora? Venti minuti? Charles aveva sperato di impiegare più tempo o addirittura di non trovare nulla, ma la verità era lì, davanti a lui, lampante e impossibile da ignorare. Avrebbe voluto parlarne subito agli altri, ma preferì prendere tempo, scegliere con cura le parole da dire per esporre il problema, inoltre voleva che tutti avessero modo di riposarsi dopo la lunga settimana perciò fece passare qualche ora prima di convocare tutti nel suo ufficio.
Erano tutti lì, anche Wanda, Pietro e David, tutti in attesa di scoprire cosa avrebbe detto. Charles era preoccupato e non fece nulla per nasconderlo.
"Prima di iniziare, Erik" disse rivolto a lui "Come stanno i nuovi arrivati?"
"Bene" rispose lui "Si sono subito ambientati e …"
"Non tenerci sulle spine, Chuck" lo incoraggiò Logan interrompendo Erik "Qualsiasi cosa sia possiamo affrontarla insieme."
Charles annuì.
"Sì. Almeno credo." disse, abbassando lo sguardo sulle mani tremanti "Speravo di sbagliarmi, speravo che cercando non avrei trovato nulla, invece …"
Charles alzò lo sguardo, i suoi occhi riflettevano la paura che provava.
"All'inizio non sapevo nemmeno io cosa cercare, ho iniziato tentando di individuare Pyro, che all'epoca era uno dei sostenitori più fedeli di Erik."
"Lo hai trovato?" chiese Erik.
"Sì. Il problema è che non era solo, con lui c'erano … mutanti. Tanti mutanti. Centinaia."
"Centinaia?" chiese Logan "Stai scherzando?"
"No. No. Assolutamente no." rispose Charles "Alcuni di loro già facevano parte della confraternita, la maggior parte è stata reclutata dopo, durante il periodo in cui sono stati introdotti i sensori."
Erik sospirò, si era aspettato qualcosa di simile, ma dal tono di voce di Charles intuì che non era finita lì.
"Sono tutti insieme" disse "Si trovano su un'isola. Erik" disse rivolgendosi direttamente a lui "Vogliono ricostruire Genosha. Ancora."
"Non ci posso credere." mormorò Erik.
"Cos'è?" chiese Lester "Non ne ho mai sentito parlare."
Charles iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza alla ricerca delle parole giuste.
"Genosha è una nazione, una nazione per i mutanti" spiegò "Un luogo in cui i mutanti dovrebbero essere al sicuro, almeno in teoria."
"Questo non dovrebbe essere un bene?" chiese Lester "Voglio dire, anche questa scuola è un'oasi dove i mutanti sono al sicuro, sbaglio?"
Charles si fermò, si strinse le mani cercando di rassicurarsi, le sue spalle erano chiuse, era evidente quanto fosse spaventato.
"Lo dovrebbe essere" disse, si voltò verso di lui e la sua espressione colpì profondamente Lester "Tu sai cosa vuol dire essere un mutante che vive tra gli umani, da soli si è più deboli ma paradossalmente è anche più facile nascondersi. Noi siamo insieme, siamo uniti, ma ho perso il conto di quante volte siamo stati attaccati dall'esercito, dai servizi segreti … o da idioti con mantello ed elmetto" aggiunse, alludendo volontariamente a Erik, che sbuffò in segno di disapprovazione "Questa scuola è un luogo sicuro solo perché noi sappiamo difenderci, non perché non veniamo attaccati. Costruire una nazione solo per mutanti in un'isola è folle, è come mettere un enorme bersaglio sulle teste di tutti loro. Se la CIA ne fosse a conoscenza potrebbe bombardarli e ucciderli tutti e nessuno lo verrebbe mai a sapere."
Lester annuì.
"Capisco. La situazione è complessa, eh? Non potremmo andare lì e parlare con loro? Magari ci ascolterebbero!"
"No, non funzionerebbe" rispose Charles scuotendo la testa "Non ascolterebbero nessuno."
"Potremmo mandare lui!" riprese Lester indicando Erik "È stato il loro leader, magari …"
"Equivarrebbe a un suicidio" disse Charles "Tom e George si fidano ancora di lui e forse ci sarà qualcun altro della confraternita che potrebbe difenderlo, ma tutti quelli che si sono riuniti lì lo hanno fatto in nome dell'odio per gli umani e perché odiano lui, se lo incontrassero lo ucciderebbero subito."
Lester trattenne il fiato, impressionato.
"Immagino che sia una situazione delicata, eh?" chiese.
"Lo è" confermò Moira "Per ora ne siamo al corrente solo noi ma se si dovesse venire a sapere la sola idea di così tanti mutanti tutti insieme in un solo luogo basterebbe per giustificare un attacco."
"Inoltre non credo che si siano riuniti lì per giocare a carte, giusto Chuck?" chiese Logan.
Charles non rispose.
"Non so cosa fare" ammise Charles.
"Di certo non possiamo restarcene con le mani in mano" disse Raven "Dobbiamo fare qualcosa."
"Intanto potremmo andare lì e vedere cosa stanno facendo." propose Hank "Per farci un'idea più precisa, inoltre per far loro sapere che sappiamo."
Charles rimase immobile, mille pensieri stavano vorticando nella sua mente, infine annuì.
"Sì. Non possiamo stare qui ad aspettare, non possiamo farci trovare impreparati."
"Quindi vuoi attaccare per primo?" chiese Erik "Non è da te!"
"No, non attaccare, andremo lì per … osservare. Andremo" continuò Charles guardandolo "Ma è ovvio che tu non verrai con noi. No, nemmeno tu" disse rivolto a Raven che si era già mossa "Sarebbe troppo pericoloso."
"Come lo sarebbe per voi!" esclamò Raven offesa.
Charles sospirò.
"Voi sareste i primi bersagli" disse "Sono i vostri ex alleati, ai loro occhi li avete traditi."
Raven e Erik si scambiarono un'occhiata, entrambi indecisi se accettare o meno di essere lasciati indietro.
"Restare qui sarà ugualmente fondamentale" continuò Charles "Non lo dico per consolarvi, ma andando lì ci esponiamo ad un rischio, potrebbero inviare qualcuno ad attaccare la scuola pensandola senza difese. Voi dovete restare qui."
Sarete più al sicuro,pensò CharlesNon so cosa farei se vi dovesse succedere qualcosa.
Cassandra percepì immediatamente i pensieri del gemello e cercò il suo sguardo, ma gli occhi di Charles erano rivolti altrove, verso un futuro incerto e spaventoso. Charles si alzò.
"Logan, Lester, Cassandra, andremo noi quattro. Solo noi, nessun altro. Meno saremo e meno daremo nell'occhio ma saremo comunque abbastanza per difenderci in caso di necessità e allo stesso tempo la scuola sarebbe protetta. Preparatevi, partiremo tra poco con il jet, io devo andare ad assicurarci un piano B per il ritorno."
Erik e Raven restarono in silenzio, era chiaro che entrambi avrebbero voluto protestare per la decisione presa da Charles ma era altrettanto evidente che se lo avessero fatto lui li avrebbe incatenati piuttosto che permettergli di partire, lasciarono la stanza insieme agli altri ma di pessimo umore.
David inspirò, avrebbe voluto protestare, non avrebbe voluto lasciar partire suo padre ancora una volta con il rischio di non vederlo più, ma capì al volo che protestare sarebbe stato inutile, lo guardò uscire dalla stanza rassegnato a ciò che sarebbe accaduto; stava per uscire anche lui insieme agli altri quando Cassandra si avvicinò.
"Tu forse conosci tuo padre meglio di me" disse "Quanto è preoccupato da uno a cento?"
David non rispose, Cassandra vide i suoi occhi lucidi di pianto trattenuto e capì che la situazione doveva essere grave.
"Non preoccuparti" gli disse posando una mano sulla spalla "Te lo riporterò a casa vivo."
