Ciao a tutti! Prima di tutto, nel capitolo Charles parlerà con Kurt, ho deciso di scrivere normalmente per non fare confusione ma voi cercate di immaginarlo mentre parla come nei film.

Spero che la prima parte vi piaccia, vi chiedo scusa, mi rendo conto del fatto che sia una scena alquanto imbarazzante ma mi faceva ridere e ho deciso di inserirla.

Mini

24. Vivere

Charles dormiva profondamente, cullato dalle onde di un sonno senza sogni, tutto sembrava perfetto, in quel momento, anche di fronte alle difficoltà che avrebbe dovuto superare, sapere di avere Raven al suo fianco gli aveva tolto un peso dal petto che lo opprimeva da tempo.

Si stava lasciando trasportare da quella dolce sensazione, quando fu distubrato da un suono, una voce lontana che chiamava il suo nome.

La voce di avvicinò sempre di più, sempre di più … fino a quando non lo svegliò.

"Cosa … cosa succede?" chiese.

Era disteso prono sul letto, il viso immerso in un morbido cuscino, alzò appena la testa per guardare chi lo stesse chiamando, aprì gli occhi per quanto gli consentiva il sonno ancora presente e lo vide: in piedi di fronte a lui, sinceramente divertito, c'era Erik. Era ancora troppo assonnato per parlare, perciò tornò a posare la testa sul cuscino e comunicò telepaticamente.

"Cosa ci fai qui? Pensavo di aver chiuso la porta a chiave … Dov'è Raven?"

"Sei conciato così male da non poter nemmeno parlare, eh?" chiese lui "Raven è uscita, l'ho vista in giardino con Kurt."

Charles sorrise, lieto che lei avesse trovato il coraggio di parlare con suo figlio.

"Tu, piuttosto" gli chiese Erik "Come stai? Ieri sera deve essere stato impegnativo per te."

Charles aggrottò le sopracciglia ripensando a ciò che era accaduto e, in effetti, era stato messo a dura prova.

"In ogni caso, Charles, sono impressionato. Davvero." commentò, guardandosi attorno "Da due cose."

"Cosa?" chiese lui, abbandonando la comunicazione telepatica e parlando con voce ancora impastata dal sonno.

"Prima di tutto la qualità della collezione di vini del tuo patrigno. Io non mi sono ubriacato come gli altri, ma devo dire che aveva degli ottimi gusti!"

"Poi?" lo incalzò Charles, che nel frattempo si era sollevato, puntellandosi sugli avambracci.

Erik rise di cuore.

"Pensavo che gli altri avessero fatto festa ieri sera … ma credo che tu e Raven vi siate divertiti molto di più!"

Charles aggrottò le sopracciglia, poi aprì gli occhi e si guardò intorno: il letto era completamente sfatto, coperte, cuscini, abiti, oggetti erano sparsi per tutta la stanza e una tenda pendeva strappata davanti alla finestra.

Charles affondò il viso sul cuscino per l'imbarazzo, Erik rise ancora.

"Volevo discutere con te con calma, ma sarà meglio rimandare" disse, allontanandosi dal letto per raggiungere la porta.

"Ah" disse afferrando la maniglia "Bel sedere. Se l'avessi saputo quando eravamo giovani avrei corteggiato te e non Raven." aggiunse, facendogli l'occhiolino.

Charles divenne ancor più rosso, si sollevò di scatto e vide che, in effetti, era disteso prono sul letto ma completamente nudo. Alzò un braccio quel tanto che gli bastò per usare i suoi poteri, aprire la porta, spostare Erik fuori e chiuderla con un sonoro botto.

Non voleva ancora alzarsi, usò i suoi poteri per chiudere la porta a chiave, si coprì come potè con il lenzuolo e sprofondò di nuovo nel sonno.

Qualche ora più tardi Charles uscì in giardino per passeggiare, aveva fatto colazione e si era chiuso in ufficio per continuare a pianificare le sue conferenze in Europa poi, aveva deciso di prendersi una pausa. Stava camminando lungo la riva del lago quando vide Kurt avvicinarsi.

"Professore, posso parlarle?"

Charles gli sorrise, aveva già immaginato che sarebbe andato a cercarlo.

"Puoi chiamarmi Charles" disse "Ti ascolto."

"Mi è capitato in passato di chiedermi chi fossero i miei genitori, quando vidi Mistica per la prima volta ammetto di aver sperato che fosse in qualche modo legata a me …"

Kurt si interruppe, si stava osservando le mani, il cui colore era lo stesso della pelle di Raven, forse appena più scuro.

"Oggi è venuta da me e mi ha detto di essere mia madre. Ho stentato a crederci, lei temeva che provassi odio nei suoi confronti, in realtà ero solo felice di conoscere la verità."

Charles sorrise.

"Sono felice per voi, Kurt. Davvero. Sapevo che Raven si portava dentro quel segreto da tanto tempo, mi fa piacere che abbia trovato il coraggio di rivelarlo."

"Lei era molto felice" confermò Kurt "Anch'io lo sono. A proposito … come devo chiamarla ora?"

"Kurt, ti ho detto di darmi del tu …"

"Sì, ma … voi siete una coppia ora" spiegò lui, a disagio "Io l'ho sempre considerata come una guida, un padre … potrei chiamarla … padre?"

Charles sospirò, era inutile continuare a chiedere a Kurt di dargli del tu.

"Come vuoi, Kurt" rispose "Se ti fa piacere …"

"Sì, mi farebbe molto piacere! Ho chiesto anche a mia madre e lei ha detto che per lei va bene!"

"Allora va bene anche a me." disse annuendo.

Charles si prese qualche attimo per riflettere. Padre. Kurt lo avrebbe chiamato … padre. Ora non avrebbe avuto molto senso ma a lui piaceva, non avendo avuto figli suoi. Rise.

"Qualcosa non va?" chiese Kurt.

"No, sono solo molto felice."

Kurt sorrise a sua volta.

"A proposito del mio vero padre …" iniziò.

"Tua madre te ne ha parlato?"
"Sì" rispose lui annuendo "Si chiamava Azazel, giusto? Mia madre mi ha parlato molto di lui anche se sono stati insieme per poco tempo, poi lui fu ucciso."

"Esatto. Era un teleporta come te."

"Tu lo conoscevi?"

Charles chiuse gli occhi, alla ricerca dei ricordi che aveva di quel mutante dalla pelle rossa che aveva visto così poche volte.

"Bah, lo conoscevo superficialmente." rise scuotendo la testa "Sai una cosa? È buffo, mi sono spesso ritrovato a pensare proprio a lui."
"Come mai?"

"Sai, più di cinquant'anni bloccato su una sedia a rotelle sono tanti, di tanto in tanto mi ritrovavo a pensare al giorno dell'incidente, a Cuba. Pensavo a tuo padre e al fatto che se, invece di fuggire con Erik e Raven, mi avesse portato in tempo in ospedale, magari non avrei perso l'uso delle gambe."
"Davvero?" chiese Kurt "Crede che sarebbero riusciti a guarirti?"

"Chi lo sa?" rispose Charles, stringendosi nelle spalle e guardando il cielo, a caccia delle nuvole che cambiavano costantemente la loro forma guidate dal vento "È solo un grande "se", giusto? Magari non sarebbe cambiato nulla, magari sì, posso solo fare delle ipotesi."

Kurt non rispose, stava riflettendo sulle parole di Charles.

"Anche tu avrai la testa piena di domande" disse Charles, abbassando lo sguardo per incontrare quello di lui "Ti starai chiedendo come sarebbe stata la tua vita se Raven non ti avesse abbandonato e forse anche lei si sta ponendo la stessa domanda."
"È sbagliato?" chiese Kurt "Non dovrei pensare a questo."

"No, non è sbagliato" rispose Charles con voce rassicurante "Tutto ciò è perfettamente normale e non dovresti reprimere certi pensieri. L'unica cosa che dovresti fare è evitare che questi pensieri ti impediscano di vivere il presente."

Charles sorrideva e anche Kurt, che inizialmente si sentiva a disagio, si rilassò. Lo vide riflettere mentre le sue parole muovevano qualcosa dentro di lui.

"Ti ringrazio." disse infine "Credo di aver bisogno di tempo per pensare."

Charles era ritornato nel suo studio e si era subito rimesso al lavoro: ormai il testo della conferenza era pronto, doveva solo pianificare gli incontri, riscuotere qualche favore e chiederne di nuovi. Aveva appena posato il telefono dopo una lunga telefonata con il Rettore dell'Università di Cardiff, quando sentì bussare alla porta.

"Entra pure, Erik" disse, stiracchiadosi.

Erik entrò e si chiuse la porta alle spalle.

"Ti disturbo?"

"No" rispose Charles, scuotendo la testa e alzandosi "Accomodati. Vuoi del tè? È Earl Gray."

Il telepate si avvicinò al tavolino dove era posata una teiera bianca con accanto un paio di tazze dello stesso colore, le riempì entrambe e ne prese una.

"Raven mi ha confidato di aver rivelato a Kurt di essere sua madre. Quindi ora tu cosa saresti? Il suo patrigno?"

Charles rise.

"In effetti Kurt mi ha chiesto di potermi considerare suo padre."

"Oh, cosa vedono i miei occhi?" chiese Erik, guardandolo fisso "Un sorriso compiaciuto? Ti piace, eh?"

"Sì, è un problema per te?"

"No, assolutamente no! Ora anche tu potrai godere delle gioie di essere padre … o non hai sempre considerato i tuoi X Men come dei figli?"

Charles non rispose subito, si prese del tempo per riflettere, poi scosse la testa.

"No, direi proprio di no. Questo è qualcosa che, in realtà, ti ho sempre invidiato."

"Essere padre?" chiese Erik, sorpreso, prendendo a sua volta la tazza di tè rimasta sul tavolino.

"Aver vissuto veramente" rispose Charles.

"Sei serio? Guardati attorno! Tutto ciò che hai fatto per la comunità dei mutanti, questa scuola …"

"Sì, sono dei traguardi importanti, non posso negarlo … ma sono stati solo un modo per fuggire dalla realtà. Più passa il tempo e più mi rendo conto che la mia vita è stata spazzata via quel giorno di tanti anni fa."

Erik posò la tazza ormai vuota sul tavolino da cui l'aveva presa. Il peso dei sensi di colpa lo fece vacillare.

"Intendi quel giorno a Cuba?"

Charles rise.

"Ah! Certo! Cuba!" esclamò "Il giorno in cui mi trapassasti la testa con una moneta e in cui persi l'uso delle gambe a causa di quel maledetto proiettile; due pezzi di metallo che mi cambiarono per sempre la vita e che ora saranno ancora lì, sepolti sotto la sabbia, o forse trascinati via dalla marea; il giorno in cui tutto il mio mondo crollò sotto i miei piedi … e non li sentivo nemmeno più i piedi!"

Rise ancora, Charles, rise istericamente, senza controllo poi, all'improvviso, ritrovò la calma.

"No, non fu quello il giorno. Sì, quel giorno persi tutto: te, Raven … ma la crepa era già lì, aveva iniziato a formarsi molto tempo prima, così piccola che nemmeno l'avevo percepita ma ora sì, ora mi rendo conto che avevo già iniziato a perdere me stesso, a trovare un modo per andare oltre il dolore."

Erik aggrottò le sopracciglia, si avvicinò a Charles, lo prese per mano e lo trascinò verso la sedia per farlo accomodare.

"Ti ascolto."

Non disse altro, si mise di fronte a lui e lo guardò in attesa che parlasse, lui si sedette e parlò guardando dritto di fronte a sé, alla ricerca di ricordi lontani.

"Ero così ingenuo! Allora ero pieno di speranza, di fiducia nell'umanità … ma quel giorno, quel giorno cambiò tutto, vidi per la prima volta il volto dell'uomo, la sua crudeltà, la sua mancanza di empatia …"

Charles aveva parlato guardando un punto di fronte a sé senza vedere nulla in realtà, distolse lo sguardo e incontrò quello di Erik che lo fissava preoccupato.

"Ricordi quando tornammo dalla missione in Russia? Quando scoprimmo che la base della CIA era stata attaccata e che Darwin si era sacrificato per salvare gli altri?"

Erik annuì.

"Ecco, fu quello il momento, fu lì che si formò la prima crepa, fu lì che capii che ciò che avevo pensato fino a quel momento era completamente inutile, che avrei trascorso il resto della mia vita annullandomi per un bene superiore; poi tutto crollò a Cuba e io usai quei buoni propositi per nascondermi dal dolore e vivere una vita senza realmente viverla, mandando avanti gli altri, i miei studenti, che l'avrebbero vissuta al mio posto."

Charles non distolse lo sguardo da quello di Erik, che sorrise bonariamente.

"Non mi aspettavo una simile confessione da parte tua, amico mio" gli disse "Ma ora? Cosa farai?"

Charles rispose a quel sorriso.

"Non posso cancellare ciò che è successo, il passato è lì e lì rimarrà ma io ora voglio fare una sola cosa."

"Cosa?"

"Vivere."

Era trascorso qualche giorno, ormai i preparativi erano quasi ultimati, Charles e Raven sarebbero partiti di lì a qualche settimana e Charles sperava che la situazione con quei dieci mutanti potesse risolversi prima della sua partenza. Era appena uscito dalla stanza del pericolo dopo un lungo allenamento, quando fu raggiunto da Hank.

"Charles! Charles!" gridò, passandogli un cellulare "È Tony, ha bisogno di parlare con te."

Charles prese il telefono.

"Tony?" disse "Ti dispiace se prima mi faccio una doccia …"
"Mi dispiace" disse "Mi dispiace eccome. Anzi, fatti la doccia, non voglio che tu venga qui puzzolente. Lavati e vieni subito alla Stark Tower. Devo farti vedere una cosa."