Finalemente sono tornata, vi chiedo scusa per l'attesa ma l'ispirazione si è fatta desiderare e ho dovuto risolvere alcuni problemi … lasciamo perdere e concentriamoci sul capitolo. Io vi chiedo, ancora una volta, di darmi la vostra opinione, è preziosa per me e mi aiuta a trovare l'ispirazione anche nei momenti più bui.

Buona lettura

Mini

90. Oltre la Vendetta

Cassandra sobbalzò, la suoneria del telefono l'aveva colta di sorpresa mentre era immersa nei suoi pensieri; tremando prese il cellulare dalla tasca e rispose.

"Sono qui fuori" disse Minerva "Vi aspetto!"

"Sì." rispose lei, si limitò a quella breve risposta e chiuse la chiamata poi, aiutandosi con la telecinesi, spostò le valigie per raggiungerla. Pochi minuti dopo incontrò Minerva, l'aspettava accanto all'auto e appena la vide aprì il bagagliaio.

"Tu sei Cassandra, vero? Charles mi ha mandato la tua foto e quella di … Lester, giusto?" chiese guardandosi attorno "Dov'è?"

"Sì, sono Cassandra. Ne possiamo parlare dopo?"

Minerva vide quanto fosse pallida e non fece altre domande, insieme caricarono le due valige in auto e partirono, immergendosi nuovamente nel traffico della città; passarono alcuni minuti in cui regnò il silenzio, gli unici rumori provenivano dall'esterno, clacson di autisti impazienti e il monotono brontolio dei motori, solo quando finalmente, dopo molta attesa, riuscirono ad uscire dalla città, Cassandra parlò.

"Lester è stato catturato." spiegò "Ho visto una ragazza, probabilmente è lei la telepate che trova i mutanti ma non l'ho riconosciuta! Dannazione!" esclamò, stringendo i pugni "Se solo l'avessi fatto! Era lì con il suo compagno, giravano per la stazione alla ricerca di mutanti … e hanno trovato Lester che era andato in bagno."

Minerva si voltò appena, rossa per l'imbarazzo.

"Temo che sia colpa mia" disse mogia "Se non vi avessi fatto aspettare …"

Cassandra si morse il labbro, in effetti quello era un pensiero che aveva attraversato anche la sua mente, ma in quel frangente non se la sentì di prendersela con lei, non aveva voglia di dover gestire i suoi sensi di colpa e la situazione ormai era quella, l'unica cosa che poteva fare era cercare di trarne il maggior vantaggio possibile.

"In effetti sì" rispose "Ma non preoccuparti, lo libereremo."

Minerva non rispose ma Cassandra vide che strinse di più le mani sul volante.

"Davvero" disse Cassandra, cercando di consolarla "Inoltre ora sappiamo che Espeon cerca nuovi mutanti in luoghi affollati, è un'informazione in più."

Minerva annuì e sorrise ma Cassandra restò cupa.

"Mi fido di Charles."

Non aggiunse altro, anche se avrebbe voluto, i pensieri erano troppi in quel momento, aveva bisogno di trovare se stessa in un modo al quale non aveva mai pensato.

Più tardi arrivarono a casa di Mirta, Minerva restò giusto il tempo di bere una tazza di caffè e poi andò a casa, lasciando le due donne sole con il neonato.

Era trascorsa qualche ora, la sera era calata e il cielo copriva la casetta con la sua trapunta di stelle, Cassandra e Mirta avevano cenato in silenzio e ora le due sedevano sul divano accanto al caminetto acceso e alla televisione spenta, gli unici rumori presenti nella stanza erano il crepitio del fuoco e il respiro del bimbo che beveva il latte dal seno della madre.

Mirta osservava suo figlio Marco con amore, all'improvviso però alzò lo sguardo e lo rivolse a Cassandra.

"Capisco ciò che provi" disse "Anch'io mi sento persa senza Bernardo."

Cassandra sentì un brivido lungo la schiena, non solo perché Mirta era stata capace di leggerle l'anima ma soprattutto perché aveva espresso ad alta voce ciò che lei per prima non era ancora riuscita ad accettare: era vero, senza Lester si era all'improvviso sentita persa. Proprio lei che aveva vissuto tanti anni sicura di avere il controllo su se stessa e sugli altri ora si sentiva insicura, priva di qualcosa che le era stato brutalmente sottratto. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Mirta si aspettava che lei parlasse? Stava ancora pensando a cosa dire quando fu nuovamente lei a spezzare il silenzio, stavolta con una domanda.

"Ti vendicherai?" chiese "Ti chiedo scusa ma sembri una persona sanguigna, lo so perché anch'io lo sono, al tuo posto starei ribollendo di rabbia."

Quella domanda colpì Cassandra ancor più dell'affermazione precedente, tutto era successo talmente in fretta che non aveva ancora avuto modo di pensarci, lasciò che i pensieri scorressero come un fiume e finalmente arrivò alla risposta, una risposta nuova, totalmente diversa da quella che si sarebbe aspettata di trovare, poi parlò con una tranquillità che la spaventò.

"No." rispose con semplicità "Per tutta la mia vita ho pensato che la vendetta fosse l'unica via, per anni non ho pensato ad altro che vendicarmi di una persona che credevo fosse la causa della mia sofferenza, poi ho capito che sbagliavo."

Sorrise pensando a Charles, al modo in cui era riuscito a disarmarla di tutte le sue convinzioni.

"No" ripeté con più convinzione "Credo che la vendetta sia qualcosa di sopravvalutato."

Mirta rimase in silenzio ma l'osservò con crescente curiosità, Cassandra era seria ma sembrava anche serena.

"Se mi vendicassi come meriterebbero …" per un momento esitò, nella sua mente comparvero immagini di torture inenarrabili, mille modi in cui avrebbe potuto farli soffrire, strinse i pugni, tormentata dalla tentazione, si vedeva nitidamente mentre li faceva soffrire, li faceva implorare pietà, desiderando di non essere mai nati …

"No." disse infine, le sue mani si rilassarono e i pensieri oscuri si dissiparono "La vendetta è qualcosa di estremamente personale, quasi intimo, per vendicarmi dovrei mettere a nudo troppo di me e loro non meritano niente di tutto ciò. No."

Cassandra si fermò a pensare, le fiamme del fuoco si riflettevano nei suoi occhi.

"No, non mi vendicherò, ciò che farò sarà metterli di fronte alla verità, mostrerò loro chi sono davvero, degli esseri mediocri che credono di poter fare ciò che vogliono ma che in realtà non sono altro che ragazzini viziati. Sì" disse poi, mentre un sorriso non propriamente benevolo le illuminava il viso "La sconfitta sarà la loro punizione."

Mirta non rispose, la determinazione di Cassandra era evidente, non era certa che fosse in buona fede ma poteva comprendere che la sua rabbia la stesse sopraffacendo in quel momento e, anzi, ammirò il modo in cui era riuscita a controllarsi data la situazione.

Le due donne trascorsero il resto della serata parlando d'altro, Lester aveva fatto crescere in lei una passione profonda per la cucina e con Mirta parlarono a lungo di cibo e ricette, fino a quando entrambe si congedarono per la notte. Mentre Cassandra usciva dalla stanza osservò un'ultima volta Mirta mentre si occupava del figlio, pensò a Lester e a ciò che le aveva detto prima di essere rapito, strinse i pugni e uscì.

Pochi minuti più tardi Cassandra si sedette sul letto, pronta per la notte, si distese e si coprì, sperando che quella trapunta riuscisse ad avvolgere anche i suoi pensieri, ma il buio non l'accompagnò nel sonno, ben presto si ritrovò a rigirarsi su se stessa senza riuscire a rilassarsi così, in preda all'impazienza, calciò via le coperte e si mise nuovamente a sedere, indecisa sul da farsi. Dopo lunga riflessione allungò la mano, prese il cellulare, fece partire la chiamata e attese.

Il telefono squillò, quei pochi secondi in cui a rispondere fu solo il suono della linea libera furono per Cassandra una lenta tortura, infine però qualcuno rispose.

"Cassandra?"

Lei sospirò di sollievo, solo sentire la voce del fratello l'aiutò a calmarsi, la rabbia era ancora lì, sotto la sua pelle, pronta a farla esplodere, ma la voce di Charles era così pacifica da permetterle di andare oltre.

"Charles."

Seguirono alcuni istanti di silenzio, durante i quali lei sperò che lui capisse cosa fosse successo senza dover parlare e Charles, empatico di natura, intuì che qualcosa di terribile era accaduto.

"Cosa …"

Bastò quello: quella parola, pronunciata in quel modo, bastò a Cassandra per capire che Charles aveva già intuito.

"Lester" disse, incapace di pronunciare troppe parole "Lester è stato rapito. È successo mentre aspettavamo Minerva in stazione, è stato un caso, mentre lui andava in bagno ha incontrato Espeon. Non ho potuto fare nulla."

Charles non rispose subito, dopo qualche istante la sua voce suonò calma come sempre.

"Capisco. Hai fatto bene a non farti scoprire, ora avrai una possibilità di liberarlo."

Cassandra, che aveva trattenuto il fiato fino a quel momento, si rilassò. Charles aveva capito anche ciò che lei non aveva espresso a parole e questo la rincuorò, la fece sentire meno sola.

"Ora vai a dormire" continuò lui "Riposati e tienimi aggiornato."

"Lo farò."

Anche se non avrebbe scommesso un centesimo sulla buona riuscita di quella telefonata, Cassandra posò il telefono più tranquilla e, finalmente, riuscì a dormire.

Il giorno seguente si alzò di buon mattino, la sera prima aveva esaminato una mappa dei dintorni e aveva individuato un luogo sopraelevato ma sufficientemente nascosto dal quale avrebbe potuto osservare la villa senza essere vista così, dopo una veloce colazione, era uscita di casa e, grazie alla bicicletta di Mirta, era giunta a destinazione quando il suo orologio segnava le sei e cinque minuti.

La giornata prometteva bene, il cielo era limpido e nonostante l'ora la temperatura era ideale per stare fuori, Cassandra si era comunque portata una coperta per sedersi e una per coprirsi in caso avesse avuto freddo, nello zaino che le aveva preparato Mirta c'era qualcosa da mangiare e un thermos con del tè, inoltre alcuni libri per passare il tempo.

Il tempo trascorse lentamente, Cassandra rischiò di addormentarsi ma riuscì a resistere: nonostante le premesse quella non era una situazione del tutto nuova per lei, per decenni aveva atteso di poter incontrare suo fratello e vendicarsi, era diventata una predatrice che tende una trappola alla sua vittima e la pazienza era diventata la sua migliore alleata; in quel momento, però c'era qualcosa di diverso, non lo stava facendo per se stessa e, ad essere onesti, nemmeno per Charles o per gli altri mutanti, lo stava facendo per Lester, per motivi non del tutto nemmeno chiari a lei, tutto il resto era scomparso e ogni volta in cui si chiedeva perché si trovasse lì la risposta era una e una soltanto: Lester.

Trascorsero circa tre ore, il sole era ormai alto nel cielo e non si potevano ancora scorgere movimenti provenire dalla villa, Cassandra fece appena in tempo a guardare nel suo orologio che erano appena scoccate le nove, quando la porta si aprì e uscirono due individui, riconobbe immediatamente Espeon e il suo compagno, li seguì con lo sguardo e li vide salire in un'auto parcheggiata poco distante, un minuto dopo partirono, sollevando un grande polverone dietro di loro.

Cassandra avrebbe voluto seguirli ma non avrebbe potuto con la bicicletta, inoltre avrebbe potuto farsi scoprire, perciò restò lì per osservare altri movimenti. Circa mezz'ora dopo la porta si aprì nuovamente, uscirono alcuni individui seguiti da quelli che Cassandra riconobbe come prigionieri, Cassandra cercò Lester tra di loro ma non lo vide. Il gruppo si spostò nel retro dell'edificio e lei non li vide più, pochi minuti più tardi però sentì il rumore di un motore che si accendeva e apparve un pulmino che prese la stessa strada che avevano imboccato prima gli altri due.

Cassandra posò il binocolo e guardò l'ora, le nove e mezza erano passate, si chiese se valesse la pena restare ancora lì e alla fine decise che sì, doveva restare. Per Lester.

I mutanti in missione tornarono verso le nove di sera, Espeon e il suo complice invece arrivarono solo molto più tardi, a mani vuote stavolta, e Cassandra si lasciò andare in un sospiro di sollievo e tornò, esausta, a casa.

Il giorno seguente Cassandra uscì più tardi, come aveva immaginato, Espeon e Voltshade uscirono alle nove in punto e lei li osservò andarsene, alla ricerca di mutanti nelle zone circostanti, circa mezz'ora più tardi uscirono, come il giorno precedente, anche gli altri mutanti i quali, caricati sul vecchio pulmino, furono portati a svolgere le missioni alle quali erano stati assegnati.

"Ogni giorno è così" spiegò una sera a Charles "Espeon e Voltshade se ne vanno alle nove, dopo partono gli altri. Non sono ancora riuscita a vedere Lester ma sono certa che sia lì."

"Probabilmente non ha assunto abbastanza siero per essere usato per qualche missione o devono ancora riuscire a farlo infiltrare" ipotizzò Charles.

"Può essere." concesse lei "Espeon e Voltshade non hanno orari fissi se non la partenza al mattino, se non trovano mutanti rientrano a tarda sera, altrimenti può accadere in qualsiasi momento del giorno e, se è ancora abbastanza presto, ripartono per tentare un'altra cattura. In questi giorni sono rimasta lì fino a sera per vederli rientrare, ora credo che sia sufficiente monitorare la loro partenza la mattina."

"Sono d'accordo" rispose Charles "Finché li vedrai partire vorrà dire che sono ancora lì. Ah, Cassandra?"

Lei trattenne il fiato, era davvero stanca, fisicamente ed emotivamente e, nonostante i progressi, le sembrava di non essere riuscita a fare ancora nulla.

"Sì?" chiese, quasi con timore di ricevere una risposta che non le sarebbe piaciuta.

"Manca poco" la rassicurò il fratello "Vedrai che presto sarà tutto finito."

Quella era una banale rassicurazione, chiunque avrebbe potuto dirglielo senza sortire alcun effetto, ma la voce di Charles, così calma, così familiare, la convinse: lui era stato capace di spegnere l'incendio del suo odio con la sua disarmante calma e compassione e, anche in quel momento, fu capace di darle speranza.

"Lo so."

Anche quella non era una risposta di circostanza, fino a pochi istanti prima aveva dubitato, ora invece sapeva, era certa che tutti i suoi sacrifici avrebbero portato alla vittoria.

"Ci sentiamo presto, ora vai a dormire e riposati, dovrai essere in forma per ciò che ci aspetterà."

Charles, una nonna iper protettiva, un fratello che teneva davvero a lei.

"Grazie. Buonanotte."

Cassandra chiuse la chiamata e si distese, dall'altra stanza sentiva la voce di Mirta che cantava una dolce ninna nanna a Marco: quel suono, accompagnato dal ricordo della conversazione con Charles, l'aiutò ad addormentarsi serenamente.

Trascorsero ancora alcuni giorni, Cassandra arrivava poco prima delle nove, attendeva anche fino alle dieci che tutti lasciassero la villa, poi tornava da Mirta per aiutarla con la casa e ad accudire Marco. Dopo giorni di sorveglianza ad oltranza aveva trovato una nuova routine, non l'avrebbe mai detto ma aiutare quella giovane mamma era piacevole, non poteva essere certa di aver trovato la risposta alla domanda di Lester ma non si sentiva più a disagio come quando era arrivata, le due donne avevano trovato, anche nella condivisione di sentimenti e preoccupazioni nei confronti dell'uomo che amavano, un punto di contatto e sorellanza che andava al di là delle differenze.

I giorni continuarono a passare, ormai Cassandra aveva trovato una serenità nuova, l'impazienza aveva lasciato il posto a una pacifica attesa, ormai era diventata un'abitudine percorrere quelle stradine di campagna in sella alla bicicletta di Mirta, se non lo avesse dovuto fare per una missione altamente rischiosa come quella sarebbe stato addirittura piacevole e lei riuscì addirittura a godersi l'immersione totale in quella natura così semplice eppure accogliente.

Quel giorno, infine, accadde. Posò la bicicletta al solito albero e si sedette, in attesa, stavolta Espeon e Voltshade uscirono leggermente più tardi, erano le nove e dieci minuti quando li vide varcare la soglia, stavolta però non erano soli, due dei loro collaboratori li stavano aiutando a portare quattro pesanti valigie, li vide discutere tra di loro, caricarono i bagagli in auto e partirono. Cassandra trattenne il fiato: se ne stavano davvero andando? Se fosse stato vero avrebbe dovuto avvertire Charles, immediatamente; ora che non c'era più la telepate decise che poteva rischiare di usare la telepatia sui mutanti rimasti lì, sondò i loro pensieri e trovò la conferma che cercava: i due erano davvero partiti per Genosha e non sarebbero tornati. In preda a un'emozione incontrollabile, Cassandra prese il telefono e chiamò Charles, il telefono squillò a lungo, infine lui rispose.

"Cassandra, qualcosa non va?" chiese lui con la voce ancora impastata dal sonno.

"Oh, dormivi? Giusto, da voi è ancora notte …"

"Ora sono sveglio" la interruppe lui "Dimmi."

"Espeon e Voltshade se ne sono andati, ne sono certa, sono partiti stamattina con delle grandi valigie, ho sondato le menti di chi era rimasto e ho visto che stanno davvero tornando a Genosha. Possiamo agire!"

"Molto bene" disse Charles "Dammi il tempo di organizzarci per partire, saremo lì il prima possibile."

"Vi aspetto."

Cassandra chiuse la chiamata, rassicurata come sempre da Charles. Ora ne era certa, presto tutto sarebbe finito.