33. Sangue che non va via
Hank si sentiva meglio, dopo lo spavento iniziale le parole di Lester gli avevano dato nuova fiducia. Aveva temuto per Charles, aveva temuto di averlo perso per sempre, invece forse c'era ancora speranza, osservando David si era convinto che sì, sarebbe riuscito ad affrontare ciò che lo stava tormentando. Si guardò attorno e poi diede un'occhiata all'orologio.
"Sentite, va bene tutto, ma sono quasi le due di notte. Charles è ancora di là, dobbiamo spostarlo in un letto più comodo, rimetteremo in ordine la stanza e voi potrete tornare a dormire."
Tutti annuirono e lo seguirono dentro l'edificio.
Charles era ancora a terra, David aveva piegato la coperta e l'aveva messa sotto la sua testa e si era messo al suo fianco per vegliare il suo sonno. Hank si avvicinò e gli parlò piano.
"Lo devo spostare, non può restare qui."
David provava sentimenti contrastanti, era sì felice perché suo padre stava bene ma era diviso tra sentimenti contrastanti che doveva ancora comprendere fino in fondo. Osservò Hank e stabilì che avrebbe potuto occuparsi di lui. Annuì.
Vedendo che David era piuttosto tranquillo Hank si chinò per raccogliere Charles da terra. Quel semplice gesto lo riportò indietro nel tempo, quante volte lo aveva aiutato a spostarsi i primi tempi, quando ancora doveva prendere confidenza con la sedia a rotelle, il suo corpo era lo stesso di allora, esile e leggero come una piuma per le sue braccia, stavolta forse un po' più tonico grazie agli allenamenti di Logan.
Lo sguardo di David era talmente presente e attento a ogni suo movimento che a Hank sembrò di star trasportando un tesoro di inestimabile valore e si sentì sollevato quando, finalmente, arrivò in camera dove Raven attendeva.
"Portalo in bagno e posalo nella vasca da bagno" disse, indicando la porta aperta "È completamente ricoperto di sangue, penserò io a cambiarlo."
Hank annuì e portò Charles dove Raven aveva indicato, il tutto sempre sotto lo sguardo vigile di David.
Charles era ancora addormentato, Raven spinse Hank e David fuori dalla porta.
"Mi occuperò io di lui, voi potete aspettare fuori."
I due si scambiarono uno sguardo e non poterono ribattere perché Raven aveva già chiuso la porta. Hank si avvicinò al letto e scostò le coperte, David si sedette dove poi si sarebbe disteso suo padre, sfiorò il cuscino, immaginando la sua testa posata lì. Hank non si sedette ma restò lì accanto. Restarono in silenzio e per qualche minuto l'unico rumore udibile fu quello della doccia
"Allora lui è tuo padre?" chiese per rompere il ghiaccio.
"A quanto pare sì" rispose David "È strano, vero? Sembrerebbe più che altro il contrario!"
Hank rise con lui ma intuì che qualcosa lo turbava.
"Come ti senti a riguardo?" gli chiese "Ne hai già parlato con lui?"
David strinse i pugni.
"Ho parlato con lui prima" rispose David "Per anni ho immaginato come fosse, il suo aspetto, il suo carattere … Certo, non posso incolparlo di non essere stato presente nella mia vita perché fu mia madre a decidere di tenerlo all'oscuro. Allora mi disse che era troppo impegnato per potersi occupare di noi ed era per questo che lei aveva scelto di non imporgli la nostra presenza nella sua vita. A lungo mi sono chiesto cosa facesse, cosa gli avrebbe impedito di essere un buon padre … ora lo so."
Hank aveva ascoltato con attenzione, pensò a Charles, a come aveva sempre sofferto la solitudine. Sì, era circondato da studenti che lo amavano come un padre e lo rispettavano come un leader, ma i suoi occhi erano lontani, Hank era certo che, dentro di sè, Charles avrebbe sempre voluto una famiglia.
"Credi che fosse un buon motivo?" chiese.
"Sì, ne sono certo."
"Non so come sarebbero andate le cose se tua madre gli avesse detto la verità" disse Hank pensieroso "Ma sono certo che Charles sarebbe stato felice di poterti crescere."
David sorrise, poi calò di nuovo il silenzio, dal bagno l'acqua aveva smesso di scorrere e a Hank sembrò di sentire la voce di Charles.
"Lo odio" disse David "Non dovrei ma lo odio."
Hank si voltò verso di lui.
"Ti riferisci a …"
"Quel tizio con gli artigli!" esclamò lui "Stava per ucciderlo, lo avrebbe fatto davvero! Vorrei ripagarlo con la stessa moneta, potrei farlo … non avrei problemi a fargli desiderare di non essere mai nato … lui e l'altra, la telepate … "
Sul volto di David comparve un ghigno malefico, sembrò addirittura non essere più lui, aveva cambiato completamente personalità. Hank tremò.
"Ti capisco" disse "È normale provare rabbia, anch'io sono confuso in questo momento e mi vergogno di aver pensato anche solo per un momento di averlo perso" continuò, guardando nella direzione del bagno dove c'era Charles.
"Lui non vorrebbe" disse David, il suo viso era di nuovo rilassato, attraversato da una sottile vena di tristezza "L'unico motivo per cui mi trattengo … è mio padre. C'è qualcosa dentro di lui, qualcosa di terribile che dovrà affrontare. L'ho visto."
David rise, il pensiero di quel tornado lo fece rabbrividire, ricordò ciò che aveva provato attraversandolo, era stato terrificante.
"Non capisco perché io riesca a comprenderlo così bene" disse poi, rivolgendosi direttamente a Hank.
"Non lo so nemmeno io" rispose Hank, felice che lui si stesse aprendo "Sono certo che lo scoprirai insieme a lui."
In quel momento sentirono la porta del bagno aprirsi, Charles uscì dal bagno seguito da Raven. Indossava il pigiama e sembrava tranquillo, anche se nei suoi occhi era evidente che stesse reprimendo qualcosa. David si alzò e gli andò incontro per abbracciarlo.
"Stai bene! Stai bene!"
Charles si lasciò abbracciare, la doccia lo aveva aiutato a calmarsi e a ritrovare un po' di energia, anche se in quel momento non era del tutto in sè ricordava con estrema lucidità il momento in cui Logan aveva tentato di ucciderlo. Non provava rancore nei suoi confronti, o almeno così pensava, forse lo aveva semplicemente represso, come altri sentimenti, senza nemmeno rendersene conto.
Paura, era ciò che provava in quel momento, paura di ciò che aveva visto dentro se stesso, paura di ciò che sarebbe potuto accadere se non fosse arrivato David, se fosse riuscito ad andare oltre. Pensò che probabilmente Logan lo avrebbe ucciso e tutto sarebbe finito lì e questo pensiero in qualche modo lo rassicurò, ma ora? Ora cosa avrebbero pensato di lui? Lo avrebbero cacciato? Lo avrebbero esiliato? Sperava di essere solo con Raven ma l'abbracciò di David lo sorprese positivamente, lo ricambiò sentendo che proprio quell'abbraccio era ciò di cui aveva bisogno, ma guardando oltre la spalla di David vide Hank e questo lo mise a disagio, avrebbe voluto fuggire ma David lo teneva stretto. Fu Hank a cercare lo sguardo di Charles e gli sorrise per fargli capire che non c'era nulla di cui dovesse preoccuparsi.
Quello sguardo diceva tante cose, troppe da affrontare in un momento solo, Charles decise di accontentarsi di una, quella più comoda da accettare, quella che gli serviva in quel momento.
"È il caso che tu dorma ora" gli disse Hank "Ne riparleremo domani mattina, va bene?"
Charles annuì, David sciolse l'abbraccio e gli sorrise.
"Andrò a dormire con gli altri, domani capiremo come organizzarci."
"Tutti gli altri vogliono restare, Charles" disse Hank "Ti stimano profondamente e hanno la più profonda fiducia in te. Ciò che è successo stanotte non ha cambiato nulla."
Charles sorrise e stava per dire qualcosa ma Raven lo precedette.
"Adesso basta!" esclamò "Uscite, Charles deve dormire. Io devo dormire. Voi dovete dormire. Avanti!"
Senza tante cerimonie spinse Hank e David fuori dalla stanza e chiuse la porta a chiave, in realtà non aveva intenzione di dormire ma quando raggiunse Charles a letto lui era già profondamente addormentato.
Qualche ora più tardi Logan era ancora sveglio, si era disteso sul letto ma non era riuscito a riprendere sonno. Aveva gli occhi chiusi ma davanti a lui continuavano a scorrere le immagini confuse di ciò che era appena successo insieme a vecchi ricordi. Tutto era accaduto così rapidamente che non era riuscito appieno a metabolizzare. Charles era di schiena quando lo aveva trafitto, allora perché lo vedeva in faccia? Il viso di Charles era una dolorosa supplica di pietà, si alternava con quello di Jean mentre nella sua mente risuonavano quelle parole, pronunciate però da Charles "Ti prego, uccidimi. Ti prego, uccidimi. Ti prego, uccidimi."
La voce di lui risuonava nella sua testa, era tremendamente presente, talmente tanto da fargli mancare il respiro fino a quando non poté più resistere e si mise seduto per cercare un po' di sollievo. Accese la luce sul comodino e si guardò le mani: si era lavato, giusto? Allora perché erano sporche di sangue? Si alzò e lentamente andò in bagno, si mise di fronte al lavandino e accese la luce; aprì il rubinetto, prese il sapone e cominciò a strofinare per togliere il sangue ma questo non andava via, gli aloni rossi rimanevano lì come un tatuaggio sulla sua pelle. Logan era spaventato ma non si fece abbattere, mise giù il sapone e provò a lavarsi con una spugna ma nemmeno quella servì, la posò e iniziò a grattare con le unghie per minuti, grattava e grattava ma il sangue era sempre lì, solo quando si rese conto che il sangue c'era davvero ed era il suo si fermò, lasciò che le ferite guarissero e si lavò di nuovo e stavolta davvero il sangue sparì.
Lo aveva fatto, lo aveva fatto davvero, aveva tentato di uccidere Charles. Davvero non aveva avuto scelta? Le parole di Jean tornarono a risuonare nella sua testa, era riuscita a convincerlo, a fargli credere che fosse l'unica soluzione; d'altra parte perché non avrebbe dovuto crederle? Lei stessa anni prima gli aveva chiesto di ucciderla, più di chiunque altro era in grado di sapere che quando un telepate perde il controllo dei suoi poteri c'è poco che si possa fare … ma era vero? Forse cercava una giustificazione, anche perché, oltre alle parole di Jean, gli tornarono in mente quelle di quel tizio, Lester.
Codardi.
Irriconoscenti.
Era davvero così? Avevano rinunciato troppo presto?
Tormentato da queste domande spense la luce, uscì dal bagno ma non tornò a letto, uscì addirittura dalla stanza diretto in giardino per prendere un po' d'aria fresca. Quante ore erano passate? Era notte fonda quando tutto era successo e ora il sole stava sorgendo lentamente all'orizzonte. Rinfrancato da una fresca brezza mattutina, Logan raggiunse il giardino, indeciso sul da farsi: avrebbe dovuto parlare con Charles, avrebbe voluto confrontarsi con Jean, nel dubbio lasciò che il destino lo guidasse e decise di camminare senza meta, sperando di incontrare la persona giusta.
Stava camminando da un po' quando, senza alcun preavviso, vide Charles, anche lui era sveglio e si trovava in giardino insieme a Lester: i due stavano parlando o, meglio, Lester parlava e Charles ascoltava, prima con interesse e poi con crescente entusiasmo; da dove si trovava non poteva sentire ci che si dicevano ma alla fine vide che Charles era addirittura scoppiato a ridere.
Cosa avrebbe dovuto fare? Avvicinarsi e salutare? "Hey, Chuck! Come stai? Eh, stanotte ho tentato di ucciderti ma sono cose che succedono, giusto? So che è presto ma vorresti una birra?"
No, non poteva, non se la sentiva. Cos'era quel sentimento che stava lentamente crescendo nel suo stomaco e gli toglieva il respiro? Paura? Lui aveva paura? Oppure era senso di colpa? Che fosse uno o l'altro in quel momento non era in grado di affrontarli, rientrò in casa, doveva parlare con Jean.
