NON PREOCCUPATEVI, TUTTO HA UN SENSO, TUTTO VERRÀ SPIEGATO

57. Onslaught

Charles aveva ancora il braccio alzato, senza una ragione aveva alzato il braccio sinistro, quello che era stato ferito dalla lama, ma non provava dolore.

Il suo sguardo era ancora ancorato a quello di Raven, ma per un istante il suo si posò sul braccio e vide qualcosa che lo stupì lasciandolo senza fiato: il tessuto era ancora strappato e la pelle era sempre ricoperta di sangue, ma la ferita era sparita. Tornò a guardare Raven, il suo sguardo stavolta era diverso, si era illuminato con una nuova speranza. La lama conficcata nel polmone gli impediva di parlare, avrebbe potuto chiedere aiuto a lei ma preferì agire da solo. Con un enorme sforzo e accecato dal dolore si liberò dalla sua presa, nemmeno lui seppe come riuscì a mettersi in ginocchio ma ce la fece, a malapena sentì la voce di Raven che lo chiamava e che gli urlava di stare fermo, che così avrebbe peggiorato le cose.

Charles ignorò tutto, ignorò lei, ignorò il dolore, afferrò la lama con due mani e tirò con tutte le sue forze, gridò di dolore mentre la lama uscì dal suo corpo, la lanciò lontano e si prese un istante per respirare a pieni polmoni. Allora era questa la sensazione, si era sempre chiesto cosa provasse Logan sentendo rimarginarsi le proprie ferite, era qualcosa di indescrivibile a parole, sentì il suo corpo più leggero, privato del dolore all'improvviso, come se qualcuno lo avesse immerso in una pozza d'acqua calda e benefica. Non perse tempo e, con la stessa determinazione, afferrò la lama che gli aveva colpito lo stomaco: il dolore fu lo stesso, acuto e accecante, ma durò un istante, il tempo che la lama uscisse, la lanciò lontano e la vide infrangersi a terra insieme alla prima tra la polvere e il sangue. Anche questa seconda ferita guarì e Charles, rinato, scoppiò a ridere, guardò Raven e l'abbracciò, non gli importava di essere sporco di sangue, l'abbracciò piangendo e ridendo allo stesso tempo.

"Sto bene!" gridò "Sto bene!"

Raven lo fissava confusa, aveva assistito impotente alle sue azioni e ora lo guardava come se fosse un miracolo.

"Non capisco …" mormorò, tremando come una foglia "Cos'è successo?"

Charles scosse la testa, con l'aiuto di lei lentamente si mise in piedi, la testa gli girava ancora e si sentiva debole fisicamente ma incredibilmente lucido.

"Non ne ho idea, ma …"

Si bloccò, qualcosa era cambiato e non in bene, dalla posizione in cui lo aveva trascinato Raven poteva sentire i rumori della battaglia ma all'improvviso aveva percepito un'assenza, come se qualcuno fosse scomparso all'improvviso. Cercò Erik ma non lo trovò, per un istante temette che gli fosse successo qualcosa, che fosse morto, ma il suono che sentì immediatamente dopo lo obbligò a portarsi le mani alle orecchie e capì che era lui. Si voltò verso Raven e vide che anche lei, come lui, era spaventata. Uscirono dal luogo riparato dove erano rimasti fino a quel momento e videro Erik che volteggiava al di sopra di quella che doveva essere una camera blindata che lui aveva brutalmente estratto dalla terra, poco lontano Logan sembrava intenzionato a fermarlo, lo videro lanciarsi su Magneto, dargli una testata e farlo precipitare a terra. Si lanciarono uno sguardo, annuirono e scesero di corsa dall'edificio per poterli raggiungere e cercare di fermarli, non era possibile che quei due si mettessero a lottare proprio in quel momento, quando anche la minima distrazione avrebbe potuto essere fatale. Corsero con tutto il fiato che avevano in corpo ma quando arrivarono non poterono fare altro che assistere a una scena agghiacciante: Erik stava estraendo senza alcuna grazia l'adamantio dal corpo di Logan, con i suoi poteri era riuscito a farlo tornare nella forma liquida e a strapparlo dalle sue ossa.

"ERIIIIK!"

Charles chiamò il suo nome ma lui sembrò non averlo sentito, o forse sì, in ogni caso lo aveva ignorato. Logan giaceva a terra, ricoperto di ferite sanguinanti, temette che potesse morire non tanto per le ferite, che si sarebbero rimarginate, ma per il dolore mentale, sapeva di dover fermare Erik ma si prese qualche istante per comunicare telepaticamente con lui.

"Logan, calma la tua mente, puoi ignorare il dolore, tra poco passerà, è già passato, senti le ferite che si rimarginano, il sangue torna a scorrere nelle vene, tu stai bene, Logan, stai bene."

Charles lo osservò rilassarsi, lo aveva ipnotizzato, le sue parole avevano condizionato la sua mente come un antidolorifico ma sapeva che presto sarebbe davvero guarito.

"Raven, vai da Logan e portalo al riparo" disse "Io mi occuperò di Erik, non so cosa gli sia successo ma deve essere impazzito!"

Raven annuì e corse via mentre Charles si avvicinò a Erik che, nel frattempo, era tornato a fluttuare al di sopra della stanza dove, intuì, c'erano degli umani che lì avevano cercato rifugio e che sarebbero invece morti stritolati.

Il rumore del metallo che si piegava sotto la volontà di Magneto produceva un suono spaventoso ma questo non fermò Charles il quale, allungando la mano verso di lui e usando i suoi poteri, riuscì a sfilargli l'elmetto. Pensò che se avesse avuto quel potere a Cuba le cose sarebbero andate in modo decisamente diverso ma non poteva tornare indietro, poteva cambiare le cose ora.

Erik non fece in tempo a reagire, Charles entrò nella sua mente, quel luogo in cui aveva promesso di non entrare mai più … e accadde.

Un'esplosione devastante, assordante, dalla luminosità accecante, un'esplosione che solo Charles vide, che solo lui percepì nella sua mente: la rabbia e il rancore di Erik incontrarono gli stessi sentimenti che anche lui aveva soppresso dentro di sè per tanti anni, si combinarono in una miscela esplosiva che stordì entrambi.

Erik cadde a terra privo di sensi mentre Charles afferrò il suo elmetto e, più seguendo un istinto che per un reale motivo, lo indossò. Sentì la voce di Raven che gridava terrorizzata il suo nome mentre vedeva che i suoi occhi diventavano ancora una volta neri.

"CHARLES! RESTA QUI! CHARLES! NON LASCIARE CHE TI CONTROLLI! NON PUOI PERMETTERGLIELO!"

Charles era circondato dal tornado della sua mente, lo stesso che era apparso quando Logan lo aveva quasi ucciso. Al di sopra del vento sentì la sua voce, era lontana ma lui riuscì ad aggrapparsi a quel suono e, in un istante di lucidità, ricordò ciò che gli aveva detto Moira.

La sera precedente

"Allora, cosa devi dirmi?"

Moira esitò ancora e questo lo fece irritare.

"Dobbiamo ripetere lo stesso discorso, Moira?" le chiese "So che ciò che vuoi dirmi mi sarà utile perciò non perdere tempo."

Lei annuì ma non smise di torturarsi le mani per l'agitazione.

"Come sempre io ti riporto ciò che ho letto dai giornali, non conosco i dettagli, non so cosa sia successo ma deve esserci stato qualcosa di molto, molto grave."

Lui la invitò con lo sguardo a proseguire.

"Ti sei scontrato con Erik, una delle tante volte, non so cosa lui abbia fatto per scatenare la tua ira e non so come tu abbia fatto a privarlo dell'elmetto ma sei riuscito a renderlo incosciente per fermarlo e le vostre menti si sono unite. Charles, non so cosa ci sia sepolto dentro di te, forse sentimenti che perfino tu ti rifiuti di provare, ma questi sono venuti a galla e si sono uniti a quelli di Erik e da questo è nato un essere, una specie di entità psionica creata dalla tua mente, senza controllo e senza pietà, che in pochi giorni ha decimato molti dei più grandi supereroi in America che si erano sacrificati nel tentativo di fermarti. Da quel che so solo Hulk riuscì a porre freno alla tua follia e quando tornasti in te ti autoconsegnasti alla CIA, schiacciato dai sensi di colpa. Ti tennero imprigionato per molto tempo e, conoscendo i loro metodi, posso essere abbastanza certa che ti torturarono; conoscendo te sono più che sicura che, dopo quei giorni, portasti quel peso nella tua anima per tutta la vita."

Charles restò in silenzio di fronte a quel racconto agghiacciante, chiedendosi se davvero lui sarebbe stato in grado di fare una cosa simile. In risposta a quella domanda intervenne Moira.

"Erik mi ha raccontato di come hai perso il controllo qualche mese fa, mi ha detto che Logan ti ha quasi ucciso prima che potessi far del male a qualcuno."

Charles annuì lentamente ma non alzò lo sguardo, schiacciato da quei pensieri.

"Charles, non voglio che tu ti senta in colpa per cose che non hai fatto, non ancora almeno, non in questa vita … vorrei che tu possa essere in grado di evitare di farle, almeno in questa."

Charles alzò lentamente lo sguardo verso di lei, i suoi occhi lucidi rispecchiavano il suo dramma interiore, le parole di Moira gli fecero venire in mente quell'essere che aveva incontrato nella sua mente, quell'ombra dagli occhi rossi che lo perseguitava già da qualche tempo. Quando parlò, la sua voce tremava.

"Quell'essere …" iniziò, temendo la risposta "Aveva un nome?"

Moira inclinò la testa, incuriosita da quella domanda peculiare.

"In effetti sì" rispose "Perché me lo chiedi?"

"Dimmelo, ti prego, dimmelo, potrebbe essere di vitale importanza!"

Moira vide l'urgenza nei suoi occhi, la profonda necessità di sapere al di là del dolore.

"Onslaught."

Il vento turbinava attorno a lui ma Charles sapeva cosa fare, tutto quello era solo nella sua mente e lui poteva, doveva dominarla, chiuse gli occhi e il vento si placò, il tornado lentamente svanì e lui si ritrovò faccia a faccia con lui, quella misteriosa ombra che viveva dentro la sua anima: Onslaught. Fu come guardarsi allo specchio, entrambi indossavano l'elmetto di Erik, i loro sguardi si incontrarono.

"So chi sei" disse Charles.

Onslaught sogghignò.

"Molto bene. Ora puoi lasciarti andare, Charles, farò tutto io al tuo posto, tu lascia solo che avvenga. Dormi … dormi …"

"NO! Non ti lascerò prendere il controllo! Il sonno della ragione genera mostri!" gridò Charles, citando Francisco Goya "Tu sei un mostro, ti ho creato io, sei parte di me e non ti posso rinnegare ma non posso nemmeno lasciare che tu domini la mia mente!"

Charles chiuse gli occhi e si concentrò, Onslaught prevedibilmente fece resistenza ma Charles era motivato da più di una ragione: Raven, Erik, Logan, tutti gli X Men, tutti i mutanti, tutti coloro che erano lì a combattere per ciò che era giusto, non poteva deluderli, non poteva farsi sopraffare dalla sua stessa rabbia, non poteva permettere che quel sentimento gli facesse dimenticare un'intera vita di ideali per i quali aveva sempre combattuto e per i quali era quasi morto.

Gli attacchi mentali di Charles si fecero sempre più potenti, secondo dopo secondo, fino a quando non sentì che Onslaught iniziava a cedere, il suo corpo iniziò a disfarsi come una statua di sabbia e ogni granello andò verso di lui entrando dentro i suoi occhi, il suo naso, la sua bocca, tutto il suo essere, Onslaught stava diventando parte di se stesso, la lotta interiore stava cessando.

Questa lotta durò qualche minuto, dall'esterno tutto ciò che si poteva vedere era Charles immobile e con gli occhi neri come il petrolio, poi tutto cambiò, gli occhi si tinsero di rosso e il suo viso si rilassò leggermente ma i suoi occhi restarono concentrati sull'obiettivo. Raven aveva portato Logan in un luogo più riparato e gli aveva fatto posare la testa sulle sue gambe, nel frattempo lui si era calmato, le ferite si erano rimarginate ma lui era rimasto incosciente, provato dal dolore fisico e mentale.

Charles allargò le braccia e si alzò in volo come faceva Erik, attirò a sé l'adamantio che giaceva a terra, ancora rosso del sangue di Logan, lo deformò con i suoi poteri e lo modellò per creare un'armatura che lo avvolse completamente, Onslaught stava prendendo forma, era terrificante da osservare ma in qualche modo emetteva un'aura rassicurante.

Erano rimaste cinque Sentinelle, Charles si alzò ancor più in alto, bastò un singolo gesto e le Sentinelle, che fino a qualche istante prima stavano mettendo a dura prova mutanti, avengers e fantastici quattro, sfiancati dal lungo combattimento, si fermarono come se qualcuno le avesse spente; ovviamente non era così, si potevano ancora vedere le luci che animavano i loro freddi occhi, ma ormai non potevano più opporre resistenza, il potere di Charles era troppo forte. Come aveva disintegrato Onslaught nella sua mente, così fece con quelle macchine assassine, davanti allo sguardo esterrefatto di tutti si sbriciolarono come se fossero fatte di polvere e, nel giro di qualche minuto, svanirono nell'aria.

Charles, lentamente, planò a terra, con un ultimo sforzo deformò il metallo della stanza per aprirlo e consentire a chi era all'interno di uscire. Di sfuggita li vide correre fuori, spaventati e leggermente feriti, ma vivi. Chiuse gli occhi e tornò nella sua mente.

Si trovava sulla spiaggia, il cielo era sereno, le stelle brillavano come diamanti, Onslaught era scomparso, ma c'era ancora qualcuno con cui avrebbe dovuto avere a che fare. Si voltò.

"Mi dispiace, amico mio, ho dovuto farlo."

Erik lo osservava con gli occhi lucidi per l'emozione.

"Lo capisco" rispose "Ora lo capisco. Sei vivo, amico mio, sei vivo. Avevo temuto che tu …"

"Anche se fossi morto il mio sogno non sarebbe morto con me, Erik" rispose Charles "Hai visto quanti stavano combattendo al nostro fianco, lo hai visto con i tuoi occhi."

Erik lasciò che le lacrime bagnassero le sue guance, Charles gli sorrise.

"So che i tuoi sentimenti erano nati dall'affetto che provi per me e di questo ti sono grato" disse "Ma non puoi sconfiggere il fuoco con il fuoco, allo stesso modo non puoi sconfiggere l'odio con altro odio, qualcuno deve spezzare questo cerchio, qualcuno deve … perdonare."

Erik scoppiò in lacrime.

"Avrei dovuto perdonarli? chiese "Se fossi davvero morto per loro avrei dovuto perdonarli?"

Charles annuì.

"Esatto, amico mio, solo dal perdono può iniziare la vera guarigione."

Erik non rispose, chiuse gli occhi e lasciò che la brezza marina lo accarezzasse dolcemente, non si era mai sentito così in pace con se stesso.

"Questa è dunque la tua mente, Charles?" chiese "È così bella … così pacifica …"
"Non è sempre stata così" rispose lui "Siamo noi i primi a dover trovare la pace dentro noi stessi."

"Me lo hai sempre detto" rispose Erik "Ma non ti ho mai dato veramente ascolto. Forse per me è troppo tardi."

Charles gli posò una mano sulla spalla

"Non è mai troppo tardi, amico mio." gli disse, la sua voce vibrava per l'emozione "Chiudi gli occhi …"

Erik chiuse gli occhi, un istante dopo li riaprì. Era notte fonda e il cielo era nuvoloso ma lui conservava nella sua memoria il ricordo del cielo stellato della mente di Charles. A fatica si alzò, aiutato da Hank che nel frattempo lo aveva raggiunto.

"È finita" disse "Tutte le sentinelle sono state spedite nel vuoto o disintegrate da Charles. Non so cosa sia successo di preciso, ma …"
"CHARLES!" girò Erik, per un attimo temette che fosse stato solo un sogno, si voltò per cercarlo e lo vide, steso a terra tra le braccia di Hank. Impallidì, sembrava …

"Sta bene" lo rassicurò Hank "Lo sforzo è stato troppo per lui ma sta bene, è vivo, sta solo dormendo."

Erik annuì, si passò la mano sugli occhi e la ritrovò umida di lacrime.

"Bene" disse "Bene. Portiamolo a casa."