Insieme, Salud e Plata si incamminano verso casa. Salud ha ancora non poche difficoltà nel venire a patti con l'improvvisa ricomparsa di Plata; si sente abbastanza scombussolato. Ma, dopo tutto, l'essenziale è che sia di nuovo al suo fianco, giusto? Ora come ora il come e il perché passano decisamente in secondo piano. Tornerà a rifletterci in un secondo momento.

Il pilota lascia che sia l'amico meccanico a fargli strada attraverso le vie già affollate di Santarém e poi ad aprire la porta del loro appartamento. Si limita a seguirlo docile e a offrirgli un sorriso tranquillo ogni volta che il meccanico avverte l'impellente bisogno di accertarsi che sia ancora accanto a lui.

Quando infine salgono nel palazzo in cui vivono e Salud accende la luce dell'entrata, per la prima volta ha modo di osservare da vicino e con tutta l'attenzione necessaria Plata, ed è a quel punto che si rende conto di quanto effettivamente sia arruffato e impolverato: sembra un animale selvatico che si è a lungo accanito nel rovistare tra i bidoni dei rifiuti. Una spiacevole stretta al petto lo coglie del tutto impreparato. E se davvero il suo piccolo pilota avesse finito per dover intraprendere la carriera del randagio? Di nuovo rabbrividisce, inquietato dai propri pensieri.

«Beh, è bello tornare a casa» soffia piano il ragazzo.

«All'inizio credevo fossi volato via, sai. Ma il tuo trabiccolo è sempre rimasto qui con me…» tentenna.

«E io invece me ne sono andato» termina per lui.

«Dove?» prova prudente.

Plata fa spallucce. «Oh, un po' in giro. Ho preso di nuovo a prestito la bicicletta. E di tanto in tanto sono salito su qualche corriera che incrociava la mia strada» spiega leggero.

Salud storce le labbra in una smorfia contrita. All'improvviso è conscio che il ragazzo non gli parlerà di quel che ha fatto nell'ultimo mese e mezzo trascorso lontano. Quel pensiero gli fa male. Si chiede se otterrà da lui altre confidenze, in futuro, o se dovrà rassegnarsi al suo silenzio.

«Mi dispiace, Plata. Non volevo ferirti, quel giorno» tenta di spiegare.

Il ragazzo lo guarda in silenzio, sembrando intento a studiarlo, forse soppesarlo. «No, probabilmente non era quella la tua intenzione» conviene pacato.

Salud non è certo se il ragazzo abbia intenzione di aggiungere altro. Non ne ha l'aria, per la verità. Così si appresta a dare voce a uno dei suoi tanti dubbi, probabilmente il meno indicato, quello a cui però spera che Plata vorrà dare una qualche risposta.

«Allora… perché alla fine ti sei deciso a tornare?»

Il sogghigno che gli indirizza Plata lo fa rabbrividire, così come il suo sguardo indecifrabile.

«Non lo hai ancora capito, vero?» ribatte ambiguo. Salud si limita a scuotere la testa in un ovvio segno di diniego. Sospira teatrale, levando gli occhi al cielo, poi se ne esce con un commento estemporaneo. «Ehi, te l'ho mai detto in che giorno compio gli anni?»

Salud batte le palpebre, perplesso, senza alcuna idea sul motivo che lo ha spinto a porre quella bizzarra domanda. Ma dato che, visibilmente, Plata si attende una replica, fa mente locale e gliela fornisce. «Non che io ricordi, no» commenta incerto.

Plata annuisce. «Giusto. Infatti non mi pareva di avertene accennato. Non importa, te lo dico adesso, e poi magari in cambio tu mi dici il tuo di giorno, eh?» si interessa, reclinando il capo speranzoso.

«Euh… Se vuoi… Perché no» conferma Salud, sempre più confuso dalla piega presa da quella conversazione.

«Ottimo! Il mio giorno è il 20 di giugno» esclama con un gran sorriso. «Ora a te.»

Salud sta per dargli la risposta che cerca, ma mentre apre bocca per parlargli il suo cervello stanco e affaticato rielabora l'informazione appena fornitagli dal pilota e Salud sbarra gli occhi, sbalordito. «Era ieri» pigola un poco stravolto.

Plata ridacchia, sembrando davvero molto divertito. «Oh, era proprio ieri, non è vero?»

Salud lo sta ancora fissando, senza riuscire a pensare lucidamente. C'è un'unica questione che gli gira in testa con insistenza. «Sei tornato perché…» soffia con voce tremante.

«Dillo. Coraggio» lo invita, pacato ma stranamente serio.

Cauto, Salud si avvicina e allunga una mano sfiorando quella del ragazzo. «Plata…» soffia, sollevando lo sguardo e incrociando gli occhi attenti dell'altro. «Quando, quel giorno, ti ho detto che eri giovane, non lo intendevo come qualcosa di negativo o… o svilente. Cercavo solo di… di proteggerti. Temevo che potessi pentirtene in un secondo momento» mormora piano, stringendo le sue dita con cautela.

Lentamente, le labbra di Plata si arricciano in un lieve sorriso. «Beh, direi che da questo momento non avrai più un motivo anagrafico per preoccupartene» scherza.

Sbuffa una piccola risata non troppo convinta e scuote la testa. «Avrò sempre un buon motivo per chiedermi se stai bene, se è tutto ok, se ho fatto o detto la cosa sbagliata» fa notare con una punta di imbarazzo.

Plata leva gli occhi al cielo e soffia uno sbuffo un poco esasperato. «Sei una gran fregatura, Salud. Non mi offri nemmeno la soddisfazione di sapere di aver fatto un passo avanti. Accidenti a te!»

Salud sogghigna. «Scusa?» offre ironico.

«Ma che scusa! Caprone insopportabile» bofonchia indispettito.

Posa le dita sotto il mento del piccolo pilota e lo solleva con delicatezza. Attende, guardandolo negli occhi chiari. Il ragazzo deglutisce e accenna un impercettibile assenso. Così Salud si sporge appena e posa le labbra su quelle ancora un poco imbronciate di Plata. Il pilota sospira, imitato dal meccanico. Qualche momento dopo Salud si scosta e storce appena il naso.

«Plata, senti, non prenderla di nuovo come un'offesa personale, ma puzzi come la carogna di un animale morto gettata in una discarica e lasciata imputridire. Non potresti farti una bella doccia?»

Plata sgrana gli occhi, scoppia a ridere e dà uno spintone a Salud. «Che gran bastardo, sei» protesta allegro.