«Per favore» mormora piano, le sue mani indecise se protendersi vanamente verso di lui oppure rinserrarsi su sé stesse per la frustrazione.
«Non ti ho mai chiesto niente» gli sputa addosso con rabbia.
«Lo so. Ero semplicemente… spaventato all'idea che te ne andassi via, da solo. Ho paura per te. Non volevo… Non stavo cercando di costringerti in alcun modo. Ho semplicemente agito senza pensare, ma… Ti giuro, non voglio farti del male. Vorrei solo che… che tu potessi credermi» soffia desolato.
Il ragazzino, a dispetto delle magre speranze di Hutch, non ha l'aria di prestar fede a una sola parola di quel che gli sta dicendo. Il modo in cui lo fissa, l'intensità di quel suo sguardo trasparente fa galoppare il suo cuore e gli trasmette una sensazione di angosciata disperazione. All'improvviso si rende conto di quanto non siano unicamente le proprie incaute azioni ad averli portati a quel punto. Qualche cosa impedisce al ragazzino di prendere in considerazione la possibilità che Hutch sia effettivamente sincero. Di cosa possa trattarsi, Hutch non lo sa proprio, ma deve trattarsi di qualcosa che gli è accaduto, qualche cosa che lo ha ferito a tal punto da renderlo incapace di un confronto normale con le persone che ha attorno. Come può riuscire ad avvicinarsi a lui? Non glielo permetterà facilmente, Hutch questo lo sa. Ma lasciarlo andar via sarebbe un errore, l'ennesimo e in quel caso l'ultimo. In che modo trattenerlo, senza fargli di nuovo del male? In che modo impedirgli di procurarsene da sé? Hutch sente questo straziante bisogno di proteggerlo, da quel mondo impietoso che li circonda, e anche da lui stesso.
«Tutto quel che desidero è che tu stia bene, che tu sia in salvo. So di aver sbagliato, e ti chiedo perdono per essere stato così stupidamente avventato. Per favore, permettimi di esserti vicino.»
«Non capisco per quale motivo ti importi, o almeno sembri importarti» fa presente asciutto e diffidente.
Hutch si lascia andare a una risata sconnessa e amara. «Il sentimento è reciproco, sai» lo rimbecca, suo malgrado divertito. «Ascolta, ho un'idea» prova cauto.
Le sopracciglia sottili del ragazzino si inarcano di perplessità. I suoi occhi roteano. «Siamo fottuti» commenta secco.
Si imbroncia, giusto un paio di secondi, poi sbuffa. «Si, bravo, sfotti pure» borbotta. «Bene, pensavo che potremmo entrare a Loma Blanca, trovare un angolo tranquillo e al riparo, così tu e Carlotta potreste starvene in pace mentre io… beh, faccio quel che sono venuto a fare. A quel punto ce ne potremo tornare in paese. Magari, ecco, potrei sgraffignare qualcosa da mettere nello stomaco, prima di filare via da qui» spiega nervoso, agitandosi da un piede all'altro e adocchiandolo con ansia. «Che ne dici?»
Il ragazzino, visibilmente, si concede qualche lungo momento per riflettere sulla proposta di Hutch, infine sospira. «Potrebbe funzionare» concede di malavoglia.
Hutch sorride soddisfatto. Se solo non fosse perfettamente cosciente della follia del suo pensiero, a quel punto probabilmente si sarebbe slanciato sul ragazzino e lo avrebbe stritolato in un abbraccio entusiasta. E si sarebbe ritrovato con una lama piantata fra le scapole. Euh… Gran brutta prospettiva. Meglio di no, vero?
Si sente così dannatamente confuso e, cazzo, quanto odia esserlo! Ha bisogno di certezze, non di altre maledette domande. E per quale accidenti di motivo quell'Hutch si ostina a stargli appiccicato al culo? Ci ha provato ad allontanarsi da lui, per il bene di entrambi. Non ha funzionato per niente. Si è perfino preso uno spavento colossale quando ha creduto che il grosso, stupido bestione volesse fargli la festa. Gesù, gli batte ancora il cuore all'impazzata al semplice ricordo; è proprio patetico.
Cosa deve fare? Cosa vuole fare? Hutch Bessy sembrava sincero quando gli assicurava di essere preoccupato per lui, ma come può essere certo che le sue parole corrispondano alle sue effettive intenzioni? Di solito non succede mai, ma di solito non ha neppure tante difficoltà nel discernere una menzogna dalla verità.
Dà un calcio frustrato nella polvere, e lì accanto Carlotta sbuffa piano. Accenna un lieve sorriso. Già, Carlotta; è proprio un bel cavallo, non è vero? I suoi occhi sono così dolci e comprensivi, e ha un bel muso allegro e amichevole. Almeno sa che di lei può fidarsi ciecamente. È rincuorante avere qualche certezza. Se solo potesse affermare altrettanto di quell'uomo. Lo vorrebbe davvero, nonostante si renda ben conto che è un'idea sciocca, per non dire folle. Eppure, ogni volta che gli è accanto, avverte una bizzarra sensazione di… Oh, non lo sa per davvero che genere di sensazione sia. Somiglia al conforto, ma non esattamente. Come se avvertisse in lui un qualche genere di legame che fino a quel momento ignorava. Snervante, davvero! E ridicolo, anche. Perché? Beh, è ovvio: lo sta aspettando, di nuovo! Se non è ridicolo questo. Ogni volta che Hutch Bessy lo prega di attenderlo, lui lo fa, come se… se non volesse deluderlo scomparendogli da sotto il naso. Dio, che grana è stata incontrare quell'uomo. Nonostante ciò, al tempo stesso si sente incomprensibilmente attirato verso di lui, e le sue parole hanno un effetto quasi da canto delle sirene. Decisamente pericoloso, ma anche molto difficile da ignorare. La prova è che non ci è mai riuscito, non per davvero. E ora si ritrova al punto di partenza, incerto su quel che sia opportuno fare. Dovrebbe andarsene, sarebbe la scelta più ragionevole, ma sente che lo farebbe star male, lui e forse anche quell'Hutch Bessy del cavolo. La verità, lo deve ammettere almeno con sé stesso, è che non vuole andarsene, non vuole allontanarsi da Hutch.
Cristo, come odia l'incertezza!
Un'ombra massiccia si profila sul punto in cui è seduto. Si tende di riflesso, ansima e in un attimo è in piedi e incespica indietro, spaventando Carlotta con il suo movimento brusco.
«Ehi, tranquillo. Sono solo io» tenta di placarlo la voce ormai conosciuta di Hutch Bessy.
Solleva lo sguardo e lo scruta, un po' seccato per essersi fatto prendere alla sprovvista dal suo ritorno, poi trae un lento respiro e prova a darsi una calmata.
«Hai fatto in fretta» sibila scontroso.
«Ho fatto del mio meglio per metterci poco tempo» conferma l'uomo, offrendogli l'ennesimo sorriso che come al solito va a vuoto.
«Hai sistemato la faccenda con il sindaco suppongo» deduce, mentre l'uomo annuisce concorde. «Ma niente cibo» nota, vedendolo a mani vuote.
Hutch inizia di nuovo a scalpitare da un piede all'altro, come gli ha visto fare spesso nei momenti in cui è nervoso. «Ecco, ho pensato fosse più prudente riunirsi prima di incasinare la nostra permanenza a Loma Blanca. Ho notato, mentre andavo dal sindaco, un paio di posti che potrebbero fare al caso nostro. Potremmo… ecco…»
Incurva un sopracciglio, dubbioso. «Stai per dirmi che dovrei farti da palo mentre trafughi un pasto, per caso?» Hutch arrossisce brutalmente, facendolo suo malgrado sogghignare. Oh, per bacco, deve ammettere che qualche volta è divertente prendersi gioco di questo tizio credulone.
«Io… Ecco…» borbotta confuso. Lo vede afflosciarsi improvvisamente e avverte qualcosa di strano e sgradevole nello stomaco. «Scusa, è un'idea stupida» mormora avvilito.
Stringe le labbra, mentre la sensazione sgradevole si acuisce. «Facciamo così: indicami il posto che ti sembrava più promettente e aspettami con Carlotta poco fuori da Loma Blanca. Prendo quel che ci serve e vi raggiungo» propone serio.
Hutch Bessy lo fissa con tanto d'occhi, la bocca spalancata e l'aria incredula. «Ma…» pigola, in una vana protesta.
«Lascia perdere i tuoi ma. Io do meno nell'occhio e sono più allenato a farlo» lo interrompe secco.
«D-d'accordo» soffia incerto. Rapidamente e il più chiaramente possibile Hutch gli spiega dove e come trovare il più interessante dei due posti che ha adocchiato. «Fai attenzione, ti prego.»
Per un lungo momento rimane spiazzato. Quel che vede negli occhi dell'uomo è reale, è preoccupazione vera. Questa volta ne è praticamente certo. È piuttosto destabilizzante questa nuova certezza: è la prima volta che gli capita di scorgere qualche cosa di reale, di genuino nelle intenzioni di un'altra persona. Allora forse… forse davvero potrebbe permettersi di dargli fiducia? Forse.
Inspira piano. Annuisce. Abbozza un minuscolo sorriso e agita una mano, indicandogli di avviarsi e dandogli le spalle per smettere di pensarci e invece riorganizzare la propria testa su quel che gli si prospetta nei prossimi minuti. Penserà in un secondo momento a Hutch Bessy e alle conseguenze delle sue parole.
