Una fanciulla dai capelli ramati sedette ai bordi di un elegante pozzo. Una gamba, penzoloni, si librò nell'aria, scomponendo il lungo abito che le fasciava, morbido, il corpo.

Si sporse leggermente in avanti, per guardare in basso: i raggi solari illuminavano una limpida pozza d'acqua molti metri più in profondità.

Canticchiava sottovoce un'allegra melodia.

Strappò via la presa dalla corda, lasciando cadere il catino, legato a una carrucola, all'interno della fonte. Ma quando provò a tirarlo su, dovette far forza sui talloni, perché il peso del bacile sconfinava rispetto alla tempra che la invigoriva.

Inspirò.

Un rivolo di sangue le percorse i palmi di entrambe le mani.

- …chi è l'Uomo – sentenziò, - che osa pesare sulle spalle degli Dei? –

La voce contraddisse l'apparenza: era greve, svelata in un sussurro.

- Diacono – chiamò la fanciulla. Fu lesta la presenza del servitore mingherlino, il quale si inchinò al cospetto della Dea.

- Mia signora –

- Ho bisogno che l'altare sia pronto. Raccogli sette foglie di alloro e deponile ai suoi piedi. Mi assisterai durante il vaticinio –

- Come desidera, mia signora –

Il servitore, bruno di capelli, corse via. Certi ordini della Dea chiedevano celerità.

Qualche minuto dopo, la fanciulla fece il suo ingresso presso il luogo oracolare. Scrutò l'intero altare e la disposizione soddisfò le aspettative. Nonostante l'apparenza gentile, non ringraziò Diacono per il servigio. Si limitò a porgli nuovo ordine.

- Fa' bruciare subito l'alloro! Non ti hanno insegnato nulla i tuoi maestri? –

Quelle parole furono dure. La Dea non scontava alcuno dal proprio caratterino. Avrebbe potuto essere tutto perfetto, ma lei avrebbe avuto sempre da ridire.

- Mi scusi, mia signora. Non era mia inte- -

- Risparmia le scuse. – lo interruppe e batté due volte le mani, con forza. – Forza! Al lavoro. –

Il tempo era denaro. Bastava un millisecondo per perdere la chiamata inoltrata. E lei, vista la sorte che le era capitata, non voleva perdere l'occasione per mostrare benevolenza agli umani.

Il fumo intrise lentamente la stanza. La Dea si avvicinò al catino, deposto sull'altare. Ne strinse i bordi con entrambe le mani.

- Νόμῳ πείθου [Obbedisci alla Legge] –

L'acqua, dapprima limpida, si increspò. Le piccole onde seguirono un moto che non era della Terra. Si unirono e si divisero, formando sagome che, via via, presero colore. E davanti agli occhi di Pandora, ecco presentarsi una scena.

Un uomo dai capelli corvini sedeva ad una scrivania. Le dita stringevano, tremolanti, un sottile pennino, con cui si prestava a scrivere brevi frasi su un ingiallito pezzo di pergamena.

Vediamoci al parco, domani, a mezzanotte.

Ti prego.

Tuo,

SP

Piegò il foglio e lo consegnò al volatile appollaiato su un trespolo.

L'uomo sospirò. Posò il pennino orizzontalmente rispetto all'apertura del calamaio. Si sistemò sulla sedia di legno e sollevò le mani, rivolgendo i palmi verso il cielo.

- Valde in vita homnium pretisa spes est, sine spe homines misere vitam agunt. Saepe sciens, dea spei.

Poi aggiunse: - Sic fiat -.

E Pandora lo sentì, così forte da spezzarle il fiato: il dolore nella voce, così come nell'animo dell'uomo era straziante. Fu costretta a poggiare i gomiti sulla pietra per poter rimanere in piedi.

- Diacono! Passami i resti delle foglie d'alloro. E sbrigati! –

Fortunatamente per il ragazzo, la pianta era stata ridotta in cenere all'interno di due ciotole.

- Non disperare umano… - sussurrò la Dea, mentre raccoglieva una manciata della sostanza grigia. La gettò nell'acqua oracolare.

- …i tuoi desideri saranno esauditi –

Perché Pandora avesse deciso di donargli il suo aiuto nessuno ne sarebbe mai venuto a conoscenza.

Severus attese, inconsapevole della simpatia attratta. Da Lily, però, non arrivò alcuna risposta.

Il giorno seguente, tuttavia, Severus apparve al parco. Pioveva a dirotto: tuoni e lampi squarciarono il cielo nero.

Si appostò sotto la chioma di un albero, scossa violentemente dal vento che tirava avanti: non avrebbe dovuto, sapeva quanto sarebbe stato pericoloso per la sua incolumità se, per cause a lui sconosciute, un lampo avesse colpito proprio quell'acero riccio.

Alzò il volto e ne osservò le fronde: l'arbusto aveva perduto gran parte delle sue foglie. Si riconobbe in quell'immagine: Severus Piton era stata persona radicata, proprio come il solido tronco su cui aveva poggiato la schiena; tuttavia, aveva perso gran parte dei frutti che avrebbero potuto nascere se non fosse stato per gli errori da lui commessi, come accaduto per il fogliame dell'albero. L'unica differenza consisteva nel fatto che l'arbusto non aveva meritato quel trattamento, mentre il maestro di pozioni sì.

Incrociò le braccia, a ridosso del petto.

Si odiava. Eccome se si odiava.

Se Lily avesse deciso di non raggiungerlo, lui l'avrebbe capita. Avrebbe fatto lo stesso al suo posto, perché si sarebbe detestato come non mai.

Non gli avrebbe fatto meno male, però.

Non avrebbe mai risposto a un messaggio freddo e breve come quello che le aveva mandato, ma Severus non avrebbe potuto fare altrimenti, nonostante, in realtà, il cuore gli comandasse di inviarle una lettera custodita gelosamente all'interno di uno dei cassetti della scrivania. Non aveva risparmiato sé stesso.

Cara Lily,

so bene quanto il mio nome in fondo a questa lettera possa già averti destabilizzata, soprattutto dopo tutto quello che ho combinato o, meglio, che non ho mai fatto. Per te.

Non ho cambiato me stesso, nonostante te, nonostante i tuoi baci, nonostante l'amore che so di non essermi mai meritato.

Non ho saputo comportarmi da amico, tantomeno da amante.

E mi dispiace profondamente che quel giorno io ti abbia chiamata… in quel modo.

Non lo scriverò.

Dopo quella volta, ho promesso di non ripetere mai più quella parola. Ti ho ferita e chiedo scusa alla piccola Lily che ancora dimora, ferita, negli abissi della tua anima. A discolpa del giovane Sev, non lo intendeva davvero.

Vorrei chiederti di perdonarmi, ma non lo farò, non perché io non creda in te: non mi perdono neanche io. E mai lo farò, perché non ho saputo desistere dall'incarnare il male, nonostante sapessi che, se avessi continuato a percorrere la via retta, tu mi avresti concesso venia.

Tuttavia, preferirei un tuo schiaffo piuttosto che la tua assenza, il tuo silenzio. Ho sempre odiato il silenzio.

Ti prego, Lily. Navigo nella notte più oscura e mi sembra di non reggerla più. Sei la mia ultima speranza, la mia ultima preghiera.

Domani sarò al parco a mezzanotte.

Ho bisogno di te.

Tuo,

Severus Piton

- Ti prego, Lil… - sussurrò, mentre la pioggia gli baciava il volto, silenziando la spezzata preghiera di supplica.

Passarono dieci minuti, poi venti, poi altri dieci. Neanche l'ombra di Lei.

Inconsciamente, Severus aveva nutrito la speranza che lei si sarebbe presentata. Dopo quarantacinque minuti, però, sapeva che non sarebbe comparsa. Sentì un bruciore pizzicargli gli occhi.

"Non potevi aspettarti diversamente… lo sapevi che non sarebbe mai venuta"

- Sono uno stupido… uno stupido, UNO STUPIDO! –

Un pugno si schiantò sul tronco dell'acero, macchiando un punto della corteccia di sangue, proprio delle nocche ferite. L'uomo lo puntò con gli occhi. L'avrebbe fatta finita presto, tanto valeva maciullarsi una mano.

Colpì l'albero una seconda volta. Poi, una terza. Ancora, una quarta. Senza darsi tregua. Senza dar tregua agli insulti che prendevano vita dal suo interno.

- SEVERUS! –

Era la voce di Lily.

No, non era possibile. Ora aveva anche le allucinazioni.

- SEI COSI DISPERATO… COSI' DI-SPE-RA-TO! –

Puntellò ogni sillaba con una percossa verso la corteccia.

E un urlo straziato di rabbia e dolore lasciò le sue labbra.

Una mano gli strinse forte il braccio.

- LASCIAMI, NON MI TOCCARE. –

Ma quell'intruso preferì non ascoltarlo. Severus ne catturò il polso e si girò, pronto a prendersi la sua rivincita. E a fargliela pagare. E a sfogare la sua rabbia.

Invece, incontrò i suoi occhi.

- Lily… -

- Potresti… lasciare il mio polso? –

Il mago allentò la presa di botto, come se fosse stato scottato da quelle parole.

- …scusami. Non volevo farti male. Non… - seguì un attimo di silenzio. - …sai, di nuovo. –

La giovane donna si limitò a fissarlo, mentre si massaggiava il lembo di pelle ferito.

- Sono qui. Sono venuta, come richiesto. – affermò duramente. Lo sguardo domandava spiegazioni.

- Sì –. Severus si schiarì la gola. – Non volevo che tu vedessi la scenata di prima. Io avrei dovuto contenere me stesso –

- Non siamo qui per parlare delle tue scenate da ragazzino. –

Fu ferito leggermente da quelle parole.

- Non mi permetti neanche di esternare il mio dolore ora?! – rispose, mettendosi sulla difensiva.

- No, Severus. – controbatté ferocemente la donna. – Non sei tu quello che dovrebbe provare dolore. Avrei avuto tutto il diritto di non presentarmi questa sera! E, vedendo il tuo comportamento, credo di aver sbagliato a venire qui, visto che non sai neanche apprezzare lo sforzo. –

- Lily, ti prego, non cominciamo a- -

- Non dirmi cosa posso o non posso fare. Non sei nessuno, Severus. Non hai potere su di me da molto tempo. –

- Co- Mi stai dicendo che ho utilizzato potere su di te? Davvero dici?! –

Questa volta fu Lily a sospirare.

- Non volevo dire questo. Mi è uscito male –

- Mi sembra tutto il contrario. –

- Se mi hai fatto venire fin qui per giudicarmi, allora è meglio che me ne vada. –

La strega fece per girarsi, ma Severus la bloccò, posandole una mano sull'avambraccio.

- No! Aspetta, non andartene… per favore… -

Lily si voltò nuovamente verso l'uomo e incrociò le braccia, incitandolo con lo sguardo a parlare.

- Preferisco che tu legga questa –

Tese una busta, riempendo il vuoto che li separava.

- Leggerla ora, intendo –

La strega la strappò dalla presa del maestro di pozioni e l'aprì. Severus cercò di analizzare le espressioni sul suo volto mentre leggeva. Forse era colpa dell'emozione, ma non riuscì a individuare nulla, se non mera freddezza.

Le iridi smeraldine lo inchiodarono sul posto. Vi si leggeva solo durezza nei lineamenti.

- Mi sarei aspettata tutto, tranne che… questo… -

"Cosa vorrebbe dire?!" sussurrò la coscienza di Severus, ma l'uomo la costrinse a tacere. Abbassò gli occhi sul terreno fangoso.

- Non sono arrabbiata con te per l'offesa che mi hai rivolto un bel po' di anni fa, Sev… -

Il suo tono era decisamente più dolce. Al suono del nomignolo, il mago la guardò nuovamente, speranzoso.

- Ma sono incazzata, Severus. Sono incazzata nera. Avevo il diritto di offendermi, quel giorno, mentre tu… – gli puntò un dito contro. – Tu non avevi il diritto di prendere la strada che poi hai scelto. Non avresti dovuto farlo, non dopo tutto quello che ci siamo detti. Ti sei unito a un gruppo di coglioni che credono che i nati babbani e i mezzosangue non siano degni della magia! E io?! Il mio amore? Il nostro amore?! Non hanno mai contato per te. Come, allora, non hanno mai contato tutte le cose che mi hai detto. Forse ti sei solo approfittato di me. –

- No, Lily! Te lo giuro, io non mi sono mai approfittato di te. E tutte le parole che ti ho detto le ho sempre pensate! –

Lily lo fermò all'inizio di quel monologo, alzando un palmo aperto di mano.

- Vorrei poterti dire che da quando sono stata lontana da te, sono stata felice più che mai. Ma non è stato così… Ti odio Severus. Ti odio, perché mi hai fatto soffrire come nessuno mai ha fatto. –

- Non ti dirò di non farlo… hai tutto il diritto di odiarmi. Solo… vorrei solo che tu sapessi che mi pento di tutto. Non avrei mai dovuto unirmi a quella congrega. Sono pronto a costituirmi agli Auror e a offrirmi come collaboratore di giustizia. –

Gli occhi della donna brillarono alla luce della luna, accompagnati da un triste, seppur approvante piccolo sorriso. Poi, si avvicinò all'uomo e gli accarezzò una guancia bagnata.

- Non sai quanto queste parole mi facciano scoppiare il cuore di gioia, Severus –

- Quindi tu… mi credi? – domandò il mago, incredulo.

- Non sei mai stato bravo a mentire, ti ricordo! –

Lily ridacchiò e un angolo delle labbra di Severus si alzò.

- Conosco il tuo cuore. Lo conosco come le mie tasche; perciò, prima di prendere la decisione definitiva di costituirti, a mio parere dovresti parlare con Silente. Potrebbero esserci spie negli Auror, Sev –

- Sono il braccio destro del Signore Oscuro, Lily! –

- Eri! – lo corresse la strega.

- Si, ero. Dovrei averlo saputo, però, dell'esistenza di spie negli Auror! –

- Forse Tu-sai-chi non si è mai fidato fino in fondo di te –

- Impossibile! Me l'avrebbe detto se- -

- Non giocare d'ingenuità, Severus! Non ti si addice! Il Signore Oscuro ha sicuramente mantenuto dei segreti e, probabilmente, non solo da te. –

- …hai ragione… -

- Parlane con Silente. Sono sicura che lui ti darà una mano. E se temi che possa non crederti, ti farò da testimone. –

- Lo faresti davvero? – chiese Severus, con occhi spalancati.

Lily annuì, decisa.

- Non sai quanto valga per me questo… -

- Invece tu non sai quanto valga per me questo… – sentenziò Lily, prima di avvicinarsi al mago e sfiorare le sue labbra con le proprie, in attesa di un gesto d'assenso.

Severus poté sentire il suo respiro caldo, ansante e desideroso sulla bocca bagnata. Non tardò a darle risposta: intrecciò le dita tra i suoi capelli zuppi d'acqua, poggiando il palmo sul retro della sua nuca e si sporse in avanti di pochissimi millimetri, rendendo possibile l'atteso combaciamento di fiato. Si avvinghiarono l'uno all'altro, mordendo sentimenti di carne, di passione, non preoccupandosi dei vestiti fradici che entrambi avevano indosso.

Fu il freddo pungolante a costringerli a staccare la presa, ma, soprattutto, il tremolio del corpo di Lily, di cui il mago si rese conto prontamente.

- Stai tremando… - le disse, non appena ebbe modo di parlare.

- È solo la pioggia… e il freddo… credo che, in tutto il trambusto, ci siamo scordati di essere maghi! –

- Già… e ora è troppo tardi per far qualcosa. Con questa pioggia, poi! –

Si scambiarono un penetrante sguardo.

- Non è che… possiamo andare a casa mia, se vuoi… -

La strega sembrò pensarci, più a lungo di quanto il maestro di pozioni si sarebbe aspettato.

- Ha tutte le protezioni necessarie, non ci vedrà nessuno, se è questo che ti preoccupa! Se, poi, non volessi, non c'è- -

- Verrò. –

- Davvero? –

- Da quando sei diventato così diffidente di me, Severus? –

- No, ma… cosa pensi… non sono… -

- E anche incredibilmente insicuro! –

Lily gli rivolse un sorriso divertito.

- Non si cambia mai, eh! – replicò Severus, per poi porgerle una mano, che la strega raccolse saldamente.

Fu proprio in quella notte di pioggia che i due giovani amanti decisero di consumare il loro amore, facendo di esso seme di vita.

Lily, infatti, rimase incinta.