Eccomi qui, ancora una volta. Questo capitolo sarà l'ultimo per molto tempo, voglio iniziare un nuovo arco narrativo e voglio pensarci bene prima di iniziare a scrivere, nel frattempo vorrei anche sviluppare una storia parallela, un flashback che non posso inserire qui perché sarebbe troppo lungo.
Non so quando pubblicherò la prossima volta, nel frattempo vi lancio una sfida: sapreste riconoscere il libro che Charles cita? Se non lo sapete non vi preoccupate, ve lo dirò la prossima volta, spero che vogliate lasciarmi una recensione!
Alla prossima
Mini
101. Passo dopo passo
"Allora, è vero?" chiese Jean "Hai camminato?"
Charles rise piano.
"Non esageriamo!" rispose Logan per lui con tono serio "Ha mosso un passo, ha ancora molta strada da fare!"
"Metaforicamente … e letteralmente!" disse Charles "Per ora sono soddisfatto dei risultati che sto ottenendo."
Logan rise piano, Charles si voltò verso di lui e lo vide, lo stava guardando con l'orgoglio di un padre che osserva il figlio che cammina per la prima volta. Si lasciò sfuggire una piccola risata silenziosa pensando a come le cose erano cambiate in così poco tempo, quando aveva conosciuto Logan era stato per lui una guida in mezzo alle tenebre della sua mente, ora stava avvenendo il contrario, cosa non facile da accettare per un uomo della sua età anche se, oggettivamente, era molto più giovane di lui.
"Ah, quasi dimenticavo!" disse Logan, si alzò e andò al frigorifero, lo aprì e ne tirò fuori una grande torta al cioccolato "L'ho comprata per festeggiare."
"Vado a prendere un paio di bottiglie dalla scorta segreta?" chiese Lester alzandosi.
"Vai pure" concesse Logan "Non per Charles però, deve essere riposato per ciò che lo attende domani, ora che ha iniziato non può certo fermarsi! Continueremo a superare il limite fino a quando non tornerai a camminare davvero!"
Charles sbuffò, Lester invece si mise a ridere.
"È molto responsabile da parte tua" gli disse iniziando a tagliare la torta a fette "Sei proprio un bravo papà!"
Charles arrossì, era vero che aveva pensatoa Logan come a un padre protettivo, ma sentirlo dire da qualcun altro gli fece capire quanto le sue impressioni fossero vicine alla realtà.
"Papà?" chiese David "Allora io come dovrei chiamarti? Nonno?"
A quel punto fu Logan a strozzarsi con la sua stessa saliva, tossì un paio di volte, imbarazzato.
"Ok, ok" disse "Non esageriamo, adesso!"
Tutti risero, l'atmosfera era leggera, piacevole e Charles si sentì sollevato, anche se sapeva che il viaggio era appena iniziato e avrebbe trovato molti ostacoli lungo la via.
Si svegliò all'improvviso, spaventato, con il respiro corto e i frammenti dell'incubo che aveva appena vissuto ancora vividi nella sua mente: ricordi e paure si erano fusi insieme in un vortice di immagini sempre più spaventose e alla fine si era ritrovato a terra, in preda all'angoscia, ad osservare le gambe che non poteva percepire perché poco prima qualcuno gliele aveva staccate e gettate via, lontano da lui, irraggiungibili.
Si mise a sedere e con urgenza si toccò le gambe, erano lì, le poteva sentire, deboli ma presenti. Con un sospiro tornò a distendersi e solo allora si voltò verso Raven che dormiva pacificamente al suo fianco.
Sospirò e chiuse gli occhi, sperando di riuscire a recuperare in fretta il sonno, era esausto ma faticava a riposare bene, il giorno precedente aveva mosso un passo, il primo passo dopo tutto quel tempo, eppure aveva ancora paura di fallire, di non riuscire più a camminare.
Respirare, doveva respirare profondamente e calmarsi, ripensò alla sera precedente, alla festa che Logan aveva organizzato per lui. Respiro dopo respiro sperava di potersi addormentare, soprattutto in vista degli allenamenti del giorno successivo.
Un respiro.
Un altro.
Niente da fare, invece di avvicinarsi il sonno si allontanava sempre di più, diventando apparentemente irraggiungibile.
"Charles?"
Lui si voltò, Raven era distesa sul fianco, gli occhi assonnati e la testa ancora sul cuscino.
"Non riesci a dormire?"
"Mi dispiace, non volevo svegliarti."
Raven sorrise, sbadigliò e si stiracchiò.
"Ormai sono sveglia. Cosa vogliamo fare?"
Charles la fissò interdetto, poi diede un'occhiata all'orologio sul comodino.
"Cosa vogliamo fare?" chiese tornando a guardare lei "Sono le due di notte, direi che sarebbe il caso di …"
Non riuscì a finire la frase, Raven gli fu addosso e lo zittì con un bacio profondo e passionale al quale lui rispose subito.
"No, Raven … non …" provò a dire, ma lei continuò a baciarlo.
"Non dormiresti lo stesso" gli disse lei "Tanto vale approfittarne …"
Lentamente fece scivolare le mani sotto i suoi vestiti, lo accarezzò sul petto, scese sulla pancia e poi andò giù, ancora più giù, fino ad accarezzargli le gambe.
"Lo senti?" chiese.
Charles annuì, chiuse gli occhi per percepire meglio il tocco delicato di lei e a sua volta iniziò a sfiorarla, godendo di ogni istante, ogni sensazione, dei brividi di piacere che sentiva in tutto il corpo.
"Logan si arrabbierà sapendo che non sto riposando come dovrei …"
Si morse il labbro quando lei gli leccò il collo.
"Allora gli dirò che anche questo fa parte dell'allenamento!" rispose Raven.
Fecero l'amore dolcemente, senza fretta, vivendo il momento con serenità, non c'era passione sfrenata ma una dolce unione non solo di due corpi ma anche di due anime.
Nei sogni ci puniamo, figlia mia, difficilmente ci premiamo.
Non ricordava né il nome e tantomeno la trama del libro in cui aveva letto quella frase, eppure quelle poche parole erano rimaste impresse nella sua memoria, incise nella pietra del faro che dava luce al suo oceano.
Perché? Perché erano vere, dannatamente vere, lui le aveva sperimentate ogni notte per tutta la vita, quando la sua mente cedeva alla stanchezza e le dighe che riusciva a erigere durante il giorno per proteggersi dalle proprie emozioni crollavano e i pensieri si tramutavano in incubi; allora lui si svegliava sudato e con il fiatone e le ultime immagini di quei ricordi tramutati in sogni ancora vivide nella sua mente.
Anche in quel momento era sudato e aveva il fiatone ma non si trovava a letto, anzi, si era svegliato riposato e tranquillo, forse addirittura troppo, dopo aver fatto l'amore con Raven era crollato in un sonno profondo e senza sogni e aveva dormito talmente bene da non percepire lo scorrere del tempo, si era quindi svegliato con la netta sensazione di aver dormito per troppo tempo, ma la sveglia segnava le cinque meno un quarto.
Si era vestito con calma, facendo attenzione a non svegliare Raven, era andato in palestra. Già si era immaginato di trovare Logan, più mattiniero del solito, invece la palestra era deserta e silenziosa, aveva atteso qualche minuto, giusto per essere certo che non sarebbe arrivato, poi iniziò da solo con i soliti esercizi.
Era andato avanti a fare gli esercizi di riscaldamento per almeno una ventina di minuti, solo dopo si era messo davanti alle parallele, aveva posizionato la sedia a rotelle in modo da potersi muovere con facilità e le aveva afferrate.
Aveva fatto un passo il giorno prima, eppure perché ora aveva paura? Perché esitava a proseguire? Le parallele erano lì, le sue mani le stringevano con sicurezza, eppure già temeva di non riuscire a farcela, di cadere e fallire.
No, si era detto, non fallirò, io camminerò.
Aveva preso un profondo respiro e aveva messo tutta la forza sulle braccia per alzarsi in piedi, anche in quel momento tutto il suo peso era lì, ancora non aveva osato spostarlo sulle gambe, eppure avrebbe dovuto farlo, avrebbe dovuto superare le sue paure.
Alla fine lo aveva fatto.
Ci era riuscito.
Un passo, un altro, un terzo, un quarto.
Passo dopo passo, senza osare staccare le mani dalle parallele, aveva proseguito lungo la pedana, ogni movimento sembrava sempre più difficile, sempre più faticoso, ma non si era fermato, era arrivato alla fine e poi, con un ringhio di frustrazione e determinazione, era riuscito a voltarsi per tornare indietro.
Un passo, un altro, un altro … e poi aveva ceduto, le gambe avevano iniziato a tremare violentemente e a cedere, aveva quindi spostato il peso sulle braccia ed era riuscito a controllare la caduta senza farsi troppo male.
Ora si trovava lì, illuminato dai raggi del sole, in ginocchio, con il fiatone, il cuore che gli martellava nelle orecchie e il sudore che gli colava sulla schiena.
"Allora, Chuck, ti sei già arreso?"
Logan era arrivato alle sue spalle Charles si voltò per guardarlo e gli sorrise.
"Non ce la facevo più" rispose lui "Ho lavorato tanto, per oggi mi sento soddisfatto."
Era vero, sicuramente si sarebbe sentito ancor più soddisfatto se fosse riuscito a raggiungere la sedia a rotelle, in fin dei conti non era molto lontana, ma quei pochi metri erano per lui ben più lunghi e faticosi da superare.
Guardò Logan, osservò la sua reazione, sperò in un sorriso di approvazione, in un aiuto, invece lui rimase serio, quasi severo.
"Se ti accontenti così …" disse poi con un tono indecifrabile "Evidentemente devo averti sopravvalutato."
Charles non replicò, non subito, si prese del tempo per osservarlo e cercare di dedurre dalla sua espressione se davvero fosse serio, se pensasse davvero ciò che aveva fatto, troppo arrabbiato per cercare la risposta nella sua mente.
"Sopravvalutato?" chiese infine, aveva ancora il fiatone e il viso rosso per lo sforzo "Credi di avermi sopravvalutato? Davvero?" ora era davvero arrabbiato e non cercò di nasconderlo "Oggi sono andato molto oltre i miei limiti, mi dispiace se non sono riuscito ad andare fino in fondo ma, davvero, più di così …"
"Scuse!" lo interruppe bruscamente Logan "Queste sono solo scuse! Ho volutamente evitato di venire oggi, volevo capire se ce l'avresti fatta anche da solo."
Charles si passò una mano tra i capelli umidi di sudore, anche senza chiederglielo aveva capito che era quello il motivo per cui non si era presentato.
"Mi sembra di avercela fatta, no?" chiese con tono di sfida "Ho camminato!"
Logan lo squadrò dall'alto, infine scosse la testa.
"No, Chuck, non ce l'hai fatta. Tu sei lì" disse puntandogli un dito contro "la sedia a rotelle è laggiù." aggiunse poi, indicando invece la sedia posta all'inizio delle parallele a pochi passi da loro.
Charles divenne ancor più rosso, stavolta per la rabbia, gridò la sua frustrazione.
"Cosa dovrei fare? Dimmelo! Cosa dovrei fare? Le mie gambe hanno raggiunto il limite! Non riesco … non …"
Si interruppe, lo sguardo severo di Logan non lasciava speranza, era un muro.
"Sai una cosa, Charles?" chiese con tono piatto "Sei sempre capace di sorprendermi, anche stavolta sei riuscito a fare qualcosa che non mi sarei mai aspettato."
Charles non parlò, il suo respiro si era calmato ma lui sentiva ancora il cuore martellare nel petto.
"Mi hai deluso, Charles" disse Logan "Non sono mai stato così deluso in vita mia."
Parole. Erano solo parole, eppure Charles si sentì come se lo avesse investito una frana. Dov'era finito Logan? Era davvero lui l'uomo che lo stava giudicando? Era davvero lui che lo guardava con occhi traboccanti di delusione? Dov'era il Logan fiero di lui che lo osservava come un padre? Avrebbe potuto scoprirlo facilmente, avrebbe potuto indagare nella sua mente e scoprire la verità, se era sincero o se stava cercando di attuare una subdola strategia per incoraggiarlo.
Non ne ebbe il coraggio, abbassò lo sguardo e tutto ciò che vide fu Logan che, senza aggiungere altro.
Quanto tempo era passato? Minuti? Secondi? Ore? Charles non avrebbe saputo dirlo, si sentiva annientato, annichilito, ogni senso era stato offuscato da una sensazione di vertigine e nausea che dominava il suo intero corpo. Era dunque vero? Era una delusione? Si osservò le gambe, le toccò: erano lì, le poteva sentire, erano ancora deboli e doloranti, eppure, eppure … eppure che avesse davvero ragione Logan? Che si fosse davvero arreso? Alzò lo sguardo verso le parallele e poi verso la sedia a rotelle.
Poteva farcela.
Doveva farcela.
Voleva farcela.
Alzò le braccia tremanti verso le parallele, le afferrò e con un grido esasperato si alzò in piedi, tutto in una volta, il dolore lo paralizzò per un istante ma lui non si diede per vinto.
"Pochi passi" si disse "Ancora pochi passi e sarò arrivato."
Un passo.
Due passi.
Tre passi.
Altri due passi e sarebbe stato abbastanza vicino per potersi sedere …
Il suo respiro si fece più pesante, gridò ancora per lo sforzo, sfogò tutta la sua rabbia, la frustrazione e il dolore; con un ultimo urlo, stavolta di vittoria, riuscì a voltarsi e a lasciarsi andare sulla sedia a rotelle, esausto ma, tutto sommato, soddisfatto; si lasciò andare così, ancor più sudato di prima, chiuse gli occhi e si rilassò, non si accorse nemmeno di essersi addormentato.
Quanto aveva dormito? Si svegliò lentamente, non c'era un solo muscolo del corpo che non gli facesse male ma lui si sentiva bene, incredibilmente bene. Aprì gli occhi e si guardò attorno, dov'era? Ricordava di essersi riposato sulla sedia a rotelle … e poi? Cos'era successo dopo? Un odore lo colpì all'improvviso e lo fece starnutire: fumo, fumo di sigaro.
"Ben svegliato, Chuck!"
Charles trattenne il fiato, lentamente si sollevò e si mise a sedere, era in giardino, accanto alla piscina esterna, su uno dei lettini che gli studenti usavano per prendere il sole, accanto a lui, seduto su uno sdraio, c'era Logan con il suo immancabile sigaro tra i denti.
"Cosa …" mormorò, confuso.
"Ho visto che dormivi e ho pensato di portarti qui" rispose semplicemente Logan "Non avrai mica creduto che pensassi davvero a tutto ciò che ti ho detto, vero?"
Per un istante Charles lo fissò con gli occhi sbarrati per la sorpresa, si guardò attorno, non riusciva a capire cosa stesse succedendo, perché Logan gli parlasse così gentilmente dopo ciò che gli aveva detto in palestra.
"Ho pensato che potessi aver bisogno di una spinta in più" spiegò Logan "Non hai pensato di verificarlo con i tuoi poteri, ragazzino?" gli chiese con tono provocatorio "Sei tu il telepate, giusto?"
Charles lo fissò per qualche istante, gli occhi spalancati per la sorpresa ma anche per una certa dose di rabbia. Lo aveva davvero trattato così per spronarlo? Strinse i pugni per reprimere il desiderio di colpirlo, anche perché nelle sue condizioni avrebbe potuto fare poco e probabilmente si sarebbe fatto male solo lui. Chiuse gli occhi, respirò profondamente un paio di volte, poi sorrise.
"Vaffanculo, Logan." disse calmo.
Logan sogghignò ma non rispose, e i due si guardarono per un po' senza parlare, Charles ripensò a tutte le volte in cui aveva aiutato Logan con metodi poco gentili, l'ultimo quando gli aveva fatto credere di aver ucciso Erik, pensò che tutto sommato se lo era meritato.
"Sei un vecchio manipolatore bastardo!"
Per un lunghissimo istante nessuno si mosse, poi entrambi scoppiarono a ridere; la tensione era ormai svanita, Charles tornò a distendersi sul lettino e chiuse gli occhi, stavolta davvero sereno.
