46. Mostro

Durante i due mesi successivi Charles e Raven viaggiarono attraverso l'Europa, Città dopo città, Università dopo Università, senza mai smettere di esplorare il loro rapporto. Nel frattempo Charles aveva smesso di tagliarsi la barba, limitandosi a curarla: anche se i suoi capelli erano castani la barba era rossa e creava un bel contrasto con i suoi occhi azzurri.

Viaggiando ebbero modo di entrare in contatto con diverse realtà e, così come avevano scoperto che c'era qualcuno che aveva creato un luogo sicuro per i mutanti, così vennero a conoscenza di gruppi di mutanti bellicosi e violenti che agivano in modo distruttivo come faceva Erik con la Confraternita. Erano arrivati a Bruxelles da qualche giorno e quello seguente sarebbero ripartiti per la destinazione successiva ma quel pomeriggio Charles aveva in programma la sua conferenza.

"Ti dispiace se oggi non vengo?" chiese Raven mentre scendevano nella hall per uscire dall'hotel "Vorrei fare una passeggiata."

"Certo! Te lo dico da tanto! Io me la caverò."

Durante il giorno Raven passeggiò da sola per la città, era abituata ad attirare l'attenzione di chi le stava attorno perciò non fece caso alle occhiate che i passanti le lanciavano e non si rese conto che, tra di loro qualcuno l'aveva seguita fin dall'hotel e aveva continuato a spiarla per tutto il tempo.

Dopo cena Raven e Charles uscirono a passeggiare, lei sfoggiando l'abito attillato blu che aveva comprato quel pomeriggio, scegliendo il colore pensando a quello della sua pelle. Stavano camminando attraverso un piccolo parco piuttosto isolato quando Charles si fermò, la serata era perfetta, Raven era stupenda e lui provò un immediato desiderio di baciarla, la prese per un polso e la attirò a sé, erano entrambi distratti e non si erano resi conto che già da qualche minuto c'era qualcuno che li osservava.

Accadde tutto in un istante, Charles non si rese conto dei pensieri ostili dei due ragazzi che li stavano spiando e si accorse dell'attacco solo quando vide il sasso colpire la testa di Raven.

"CHI CAZZO È STATO?" gridò lei, voltandosi verso la direzione da cui era provenuto il sasso e anche Charles guardò da quella parte. Raven si portò la mano alla testa e sentì che la ferita già stava sanguinando.

"Venite fuori" disse Charles, che aveva individuato i due ragazzi nascosti tra i cespugli.

I due ragazzini uscirono allo scoperto e li riconobbero immediatamente, erano i due figli di quella coppia di americani maleducati che avevano esasperato lo staff dell'hotel, avevano altre pietre piuttosto grandi tra le mani e sembravano intenzionati a lanciarle.

"Sappiamo chi sei!" gridò uno dei due ragazzi, puntandole contro un dito accusatore "Sei un mostro!"

Raven lanciò un'occhiata a Charles, ad eccezione dei momenti in cui erano soli in camera lei non era mai diventata blu, non capiva come quei due avessero potuto vederla. si voltò verso di loro e decise di far finta di nulla.

"Non ho idea di cosa stiate parlando" disse stringendosi nelle spalle.

"Ti abbiamo vista in quel camerino nel negozio! Prima eri così e un secondo dopo sei diventata tutta blu! Blu come il vestito!"

Raven arrossì, si era chiusa dentro il camerino e, mentre indossava l'abito che poi aveva comprato, aveva osato tornare blu per essere certa che il colore fosse giusto.

"Sei una sporca mutante!" esclamò uno dei due e alzò il braccio per lanciarle un altro sasso e lo lanciò, ma Charles lo fermò a mezz'aria prima che potesse colpirla.

"L'avete attaccata perché avete paura di lei?" chiese divertito "Perché è blu?"

I due arretrarono di un passo ma annuirono. Charles scoppiò a ridere, una risata inquietante e spaventosa e, mentre con i suoi poteri sbriciolava il sasso, i suoi occhi si velarono di rosso.

"Non siate ridicoli!" esclamò, tornando serio "È di me che dovete avere paura!"

Usando i suoi poteri Charles sollevò i sassi attorno a lui ed entrò nelle loro menti, servendosi dei loro incubi li proiettò in un mondo di terrore, sul suo viso comparve un ghigno malevolo mentre li vedeva tenersi la testa e contorcersi nel terrore più puro.

Li torturò ancora un po', giusto il tempo necessario per farli soffrire prima che si mettessero a gridare attirando attenzioni indesiderate poi li liberò, lasciandoli accasciare a terra esanimi, mentre i sassolini che aveva sollevato prima gli cadevano addosso come grandine.

I suoi occhi riacquistarono il colore del cielo mentre si voltava verso Raven e allora la vide: era terrorizzata, si era ritirata di qualche passo e ora lo stava osservando tremando, i loro sguardi si incrociarono, lei si voltò e corse via.

Charles restò qualche istante immobile, fisicamente e mentalmente, i suoi pensieri si erano congelati, non sapeva quale strada far prendere alle sue emozioni. Cosa avrebbe fatto il vecchio Charles? Lui si sarebbe sentito in colpa, avrebbe sofferto per quello sguardo spaventato, sarebbe corso da lei a implorare il suo perdono e ad assicurarle che non sarebbe più successo … questo però lo avrebbe fatto il vecchio Charles. Ripensò a quel giorno, quando lui l'aveva fatta entrare nella sua testa, gli aveva assicurato che lo avrebbe amato qualsiasi cosa fosse successa, giusto? Aveva detto che lui era meraviglioso! Allora perché era scappata via in preda al panico? No, il nuovo Charles non avrebbe chiesto scusa. Malvolentieri sistemò la memoria ai due ragazzi e tornò in albergo, si soffermò qualche minuto alla reception, si fece stampare ciò che aveva chiesto di prenotare e salì in camera.

Raven era lì, era blu e, in piedi davanti al letto, stava sistemando le ultime cose in valigia, Charles entrò e chiuse la porta alle sue spalle con un botto secco, sia per scaricare la rabbia che per farsi sentire da lei.

Raven sobbalzò e andò subito in modalità di difesa, ma si rilassò appena vedendo che era lui.

"Charles …" iniziò, era evidente che fosse ancora a disagio, in cerca di parole di scusa che non riusciva a trovare, lui non ebbe pietà.

"Se aspetti che io ti chieda perdono per ciò che ho fatto aspetterai un bel po'" disse "Non ho fatto altro che essere me stesso, quel me stesso che ho represso per troppo tempo. Mutante e fiero, ricordi? Bene, questo sono io, questo è colui che ami … o che pensi di amare."
Lei non rispose, la voce di Charles era fredda come il ghiaccio, lui le mostrò il foglio che aveva fatto stampare in reception.

"Questo è un volo di ritorno per New York" disse "L'ho appena prenotato. Domani andremo insieme in aeroporto come stabilito, starà a te decidere se usare il biglietto che è nella nostra valigia o … questo" disse, posandolo sul letto.

Non disse altro e proseguì diretto in bagno.

"Charles."

La voce di lei si era fatta più decisa e questo lo indusse a fermarsi e a voltarsi verso di lei, Raven aveva preso in mano il biglietto appena stampato.

"Per favore, ascoltami."

Lui si voltò del tutto e la guardò, i suoi occhi traboccavano di rabbia.

"Non sei tu il problema, va bene? Sono io!"

Lui aggrottò le sopracciglia.

"Te l'ho detto, ho paura, devo solo abituarmi a tutto questo."

Lui fece qualche passo verso di lei.

"Non è facile!" esclamò lei "Per me tu sei Charles, il vecchio Charles gentile e premuroso! Il vecchio Charles che non sarebbe capace di fare del male a nessuno! Già quando eri anziano era difficile per me associarti a qualcosa di pericoloso ora che sei di nuovo giovane …"

Lo sguardo di lui si fece più magnanimo e le diede il coraggio di continuare.

"... con questo aspetto come posso pensare a te se non al Charles che mi accarezzava i capelli la sera coccolandomi sul divano mentre mi leggeva la sua tesi? Il Charles che ci provava con ogni ragazza che vedeva e falliva miseramente? Il Charles che vedeva il buono in tutti? Il Charles con cui sono cresciuta …"

C'era nostalgia nella sua voce e questo lo fece irritare anche di più, gli venne in mente quel giorno in cui avevano litigato in cucina mentre lei rivendicava la sua identità mentre lui avrebbe voluto che fosse sempre la Raven che aveva conosciuto da bambina.

"Quel Charles non esiste più, Raven. Dovrai fartene una ragione." disse lui bruscamente.

"Lo so. Lo so." rispose lei "Ripeto, è un problema mio e non voglio che tu ti senta rifiutato da me."

Lui temeva che lei potesse dire che non doveva sentirsi in colpa, cosa che non era assolutamente vera ma sì, si era sentito rifiutato.

"Spero per te che sia rimborsabile."

Lo sguardo di lei si fece più audace, alzò il biglietto aereo davanti a lui e lo strappò con un gesto teatrale."

Charles, che era entrato in quella stanza con l'intenzione di litigare, lasciò andare la rabbia e si sedette sul letto.

"Non so ancora quanto di questo ci sia dentro di me" disse, nella sua voce c'era un lieve timore ma era sovrastato dall'intenzione di non farsi dominare da esso "Ciò che so è che volevo proteggerti, non potevo sopportare che ti trattassero così."

"Nonostante tutto credi che abbia bisogno di protezione, eh? Questo non cambierà mai?" chiese lei, fintamente offesa.

"So che non ne hai bisogno, ma io ho la necessità di farlo."

Lei annuì, non del tutto convinta.

"Quei ragazzi ora parleranno" disse "Di certo non hai fatto una buona pubblicità ai mutanti."

"No, dimenticheranno tutto" la rassicurò lui "Ho modificato la loro memoria, crederanno di essersi ubriacati."

Lei scoppiò a ridere.

"Mi sembra un'ottima idea, ma non sono troppo giovani per questo?"
"Sono abbastanza grandi per bere e per fare delle scelte sbagliate nella vita."

"Non potresti fargli cambiare idea sui mutanti?" chiese lei "Non sarebbe più facile?"

"No, non posso" rispose lui "Posso modificare le percezioni e la memoria, ma i pensieri profondi, le convinzioni che derivano da ciò che abbiamo dentro, sono più difficili da controllare e gestire. Potrei farlo, ma non durerebbe, i pensieri estranei verrebbero rigettati come organi non compatibili e farebbero emergere quelli originali con ancor più forza."

Raven sospirò.

"Peccato. Comunque …"

Lo guardò, lo scrutò da capo a piedi, esaminando ogni centimetro del suo corpo.

"Al di là della paura mi sei piaciuto così, non vedo l'ora di scoprire cos'altro hai da rivelare …"

Lui rise piano, pensando a ciò che aveva affrontato, si chiese se lei sarebbe stata davvero in grado di accettarlo.

"Chissà" disse, poi tornò serio "In realtà spero di non doverlo mai mostrare."

La mattina successiva si alzarono presto per andare in aeroporto, il biglietto che aveva comprato Charles era per fortuna rimborsabile, perciò decisero di andare lì prima per poter avere indietro i soldi e attendere il loro volo.

Dopo una veloce colazione presero un taxi, arrivarono in aeroporto con il giusto anticipo e si stavano recando all'ufficio informazioni per farsi rimborsare il biglietto quando il cellulare di Charles suonò. Senza riflettere lo prese e rispose.

"Xavier"

Charles restò in ascolto per un paio di minuti, poi divenne improvvisamente pallido.

"Aspetta, calmati un attimo, non capisco … Hank, calmati … tra quattro ore, ma … sì, certo, va bene. Sì, non c'è alternativa. Tu calmati, riuscirò a risolvere tutto."

Guardò il tabellone con gli orari degli aerei in partenza.

"Sì, dovremmo riuscire ad arrivare entro sera … no, dovrò annullare le ultime due conferenze ma questo ha sicuramente la priorità. Ci vediamo."

Charles chiuse la chiamata e restò in silenzio qualche istante, mise in tasca il telefono, tirò fuori i biglietti che li avrebbero portati a Copenaghen e li strappò. Raven trattenne il respiro.

"Per fortuna non abbiamo ancora annullato il tuo biglietto per New York" disse lui serio "Ne dovremo prendere un altro per me e poi torneremo a casa."

"È successo qualcosa?" chiese lei allarmata.

"Sì, a quanto pare il mio adorato fratellastro ha deciso di reclamare la sua parte di eredità e ha inviato alla scuola una squadra di demolitori per radere al suolo i nuovi edifici."