78. Utopia
Logan sospirò, non aveva aperto bocca, limitandosi ad osservare Charles mentre delirava, in preda all'alcool, come un bambino che ha solo bisogno di farsi una bella dormita. Mentre lo ascoltavano lui aveva continuato a parlare e i due ragazzi sembravano sinceramente spaventati. Logan spense il sigaro e gli si avvicinò con la pazienza di un padre con il figlioletto.
" … ed è per questo che non hanno usato le aquile fin dall'inizio per portare l'anello nel Monte Fato e …"
"Chuck …"
Charles si fermò per un attimo, poi si voltò verso Logan e gridò.
"NON HO FINITO!"
Logan gli posò una mano sulla spalla.
"Chuck, basta così, li stai terrorizzando."
Charles rimase a bocca aperta, guardò Logan, poi i due ragazzi, poi di nuovo Logan, infine Erik."
"Sì. Direi di sì. Erik, ti dispiace prenderti cura di questi due … giovani … io … io devo ritirarmi nelle mie stanze, devo … devo …"
Charles, pallidissimo, si portò una mano davanti alla bocca, Raven lo raggiunse prima che cadesse a terra.
"Lo porto io a dormire, tranquilli, anche se temo che dovremo fare una deviazione in bagno prima di arrivare al letto."
Mentre Charles si lasciava portare via, Erik si avvicinò ai due.
"Mi ricordo di voi" disse rivolto ai ragazzi "Non mi ricordo i vostri nomi."
"Ci chiamiamo Blastwave e Venomspit" rispose il ragazzo che aveva fatto esplodere il vaso.
Erik sorrise benevolo.
"Intendo i vostri veri nomi. Qui siete al sicuro, non dovete nascondervi dietro ai nomi che usate in battaglia."
I due arrossirono, nonostante la spavalderia con la quale si erano presentati era chiaro che la presenza di Magneto li intimidisse.
"Tom e George" rispose di nuovo il ragazzo che si era presentato come Blastwave "Noi eravamo arrabbiati" continuò "Quando abbiamo scoperto che lei si era alleato con … lui …"
Il viso di Tom si contrasse in una smorfia di disgusto.
"Lui?" chiese Erik "Se vi state riferendo a Charles allora portate rispetto."
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo, stavolta fu George a parlare.
"A noi sembra solo un codardo" disse "Non ha nemmeno il coraggio di combattere per i diritti dei mutanti!" concluse con un po' più di coraggio nella voce.
Erik li osservò a lungo, quasi intenerito: si rivedeva in quei due giovani, anche lui alla loro età era pieno di rabbia e voglia di lottare per i diritti dei mutanti spinto dalla rabbia nata dal puro istinto di sopravvivenza, ma nei loro occhi vide una rabbia diversa, nata non dal cuore ma dalle parole che altri, lui compreso, avevano inculcato nelle loro giovani menti.
"Charles sarà anche stato ubriaco" disse con tono severamente paterno "Ma ha ragione. Voi non sapete ancora niente della vita, non sapete di quanto lui abbia combattuto per i nostri diritti e di quanto stia continuando a farlo."
"Ma …"
"Non ci sono 'ma', ragazzino" intervenne Logan "Se credete che qui dentro si parli solo di pace e amore fraterno siete fuori strada. Noi non attacchiamo mai, non per primi almeno, ma non ci tiriamo indietro se giunge il momento di difenderci o di difendere qualcuno che è in difficoltà. Chuck ha ragione, è in corso una guerra tra mutanti e umani, il nostro obiettivo però non è vincerla ma fermarla, far capire a tutti, mutanti e umani, che non ha senso … come ogni guerra."
I due ragazzi abbassarono lo sguardo, l'imbarazzo gli impediva di guardare negli occhi sia Erik che Logan.
"Suvvia, ragazzi, non è la fine del mondo!" disse Lester avvicinandosi "Tutti commettiamo degli errori, voi siete ancora giovani, avete tutto il tempo del mondo per capire quale strada intraprendere. Certo, sarete voi a dover decidere, non dovete permettere a nessuno di indottrinarvi, né a Magneto né a Charles, siete voi a dover capire qual è davvero la vostra strada."
"Noi … noi siamo confusi ora" ammise Tom "Non sappiamo dove andare, siamo scappati di casa perché i nostri genitori non potevano sopportare di avere dei mutanti per figli. Avevamo sentito parlare di Magneto, speravamo che lui ci avrebbe aiutati a vendicarci!"
"Vendetta?" chiese Erik "Era questo che cercavate? Vendetta? No, ragazzi miei, la vendetta è un veleno che uccide sia chi lo riceve che chi lo dà, lo so perché l'ho provato sulla mia pelle … e diventa come una droga, non è mai abbastanza, fino a quando ti dimentichi perfino perché la stavi cercando. Io ho sofferto nella mia vita, tanto, ma ora vorrei trovare solo un po' di pace."
"Avete visto?" chiese Cassandra "Anche un vecchio come Erik ha capito che c'è sempre tempo per cambiare, sempre tempo per cercare la felicità, anch'io ho da poco compreso che è sciocco vivere nell'odio, si sprecano solo tempo ed energie … voi siete così giovani! Non lasciate che il tempo passi e il rancore vi distrugga, ve lo dico per esperienza personale."
Tom e George si guardarono, sospirarono di sollievo ma continuarono a tremare.
"Ora però non sappiamo cosa fare!" disse George "Non abbiamo una casa in cui tornare, i nostri genitori hanno paura di noi …"
"Potreste restare qui" suggerì Jean "Questa potrebbe essere la vostra casa e noi la vostra famiglia. Non sarà facile all'inizio, ma vedrete che vi troverete bene, qui ci sono tanti ragazzi che come voi si sono persi e qui hanno trovato un porto sicuro."
I due ragazzi sorrisero.
"Venite" disse Jean "è molto tardi e sono sicura che voi due siate esausti, vi darò qualcosa da mangiare e poi vi farò vedere dove potrete dormire stanotte."
Tom e George annuirono, si erano trasformati, ora sembravano due bambini impauriti che, finalmente, hanno trovato riparo dalla tempesta.
Logan li guardò allontanarsi con Jean e si rivolse a Erik.
"Sai che questo è solo l'inizio, vero?" chiese "Loro due sono mocciosi, ma sicuramente ci saranno altri mutanti ben più potenti e determinati di loro che vorranno farti del male ora che si è sparsa la voce che ti sei alleato con Charles."
Erik sogghignò.
"Credi che non l'avessi previsto?" chiese "Sapevo che sarebbe accaduto, ma non ho mai avuto paura delle conseguenze delle mie azioni e delle mie decisioni, ora che so che al mio fianco c'è Charles sono più determinato che mai, sento che nessuno mi potrà mai fermare."
Cassandra arrossì, fino a quel momento aveva visto come agiva Charles, avevano parlato bene di lui, ma le parole di Erik le fecero capire per l'ennesima volta quanto il carisma del suo gemello fosse potente e influente nelle vite degli altri, infondendo sicurezza e fiducia.
Il giorno seguente Charles si svegliò con un fortissimo mal di testa, prese qualcosa per placare il dolore e uscì solo dopo essere rimasto sotto la doccia per almeno un quarto d'ora.
Non ricordava quasi nulla di ciò che era successo il giorno precedente, non avrebbe saputo distinguere la realtà dai sogni che aveva fatto dopo aver vomitato anche l'anima ed essersi addormentato, probabilmente con Raven al suo fianco.
Quando finalmente l'analgesico fece effetto provò a leggere la sua stessa mente per capire cosa fosse successo, arrossì per l'imbarazzo per alcune cose ma altre lo fecero riflettere. Finì di vestirsi e scese in giardino, doveva parlare con Erik e voleva farlo subito. Cercò per qualche minuto ma ebbe fortuna, lo trovò intento a meditare sotto un albero, si avvicinò e si sedette accanto a lui senza fare rumore e solo dopo qualche minuto fu Erik ad aprire gli occhi e a rivolgergli la parola.
"Qualcosa ti turba, amico mio?" gli chiese "Ti sei ripreso dopo ieri sera?"
Charles sorrise.
"Sì, direi di sì. Abbastanza." rispose.
"Posso farti una domanda?" proseguì Erik "Però vorrei che tu fossi onesto."
"Lo sono sempre con te, lo sai." rispose Charles con il suo solito sorriso rassicurante.
"Prima di tutto, ricordi cosa hai detto ieri sera?"
Charles annuì.
"Bene. Dicevi che combattere contro gli umani è solo una perdita di tempo perché la supremazia dei mutanti è un obiettivo irraggiungibile."
"Lo confermo." rispose Charles pacato.
"Invece questo?" chiese Erik allargando le braccia "La tua scuola, la tua ricerca di convivenza pacifica … non sono obiettivi altrettanto utopistici?"
Charles si fece serio, non rispose subito ma alzò gli occhi al cielo per cercare lì la risposta, poi tornò a guardare Erik.
"Non è facile rispondere" disse "All'inizio fa era esattamente questo il mio obiettivo e, lo ammetto, è stato decisamente ingenuo da parte mia credere che potesse funzionare."
"Quindi lo ammetti" lo provocò Erik "Ammetti che ciò che fai è una battaglia persa."
"Ammetto di aver cambiato obiettivo" rispose Charles "Quando ho aperto questa scuola ero ancora giovane, vedevo il bene in tutti, con il tempo ho imparato che non tutti sono mossi da nobili sentimenti … e mi sono adeguato."
Charles si interruppe, si voltò verso la scuola, il luogo più importante per lui su tutto il pianeta.
"Perché credi che ci alleniamo? Perché combattiamo? Tutti i mutanti che ci sono qui hanno subito almeno una volta nella loro vita una discriminazione, molti di loro addirittura dalla famiglia, da coloro che avrebbero dovuto proteggerli. Non siamo ingenui come si potrebbe credere, ognuno di noi sa esattamente cosa c'è là fuori: odio, pregiudizio …"
"Quindi cosa cerchi, Charles? Qual è il tuo obiettivo ora?"
"Imparare a convivere … con tutto questo, anche con coloro che ci odiano."
Erik sogghignò.
"Mi sembra difficile."
"Difficile ma non impossibile. Cambiare il mondo è impossibile … ma possiamo cambiare noi stessi, cambiare il modo di vedere le cose."
"Credi che funzioni? Credi che basti?"
"Potrà sembrarti impossibile, ma è così. Imparare ad accettare ciò che ci accade ci permette di affrontare i problemi in modo diverso, con più consapevolezza."
Erik ascoltava con attenzione ma sembrava poco convinto.
"Prendi me, per esempio. Ti ricordo che ho passato quasi tutta la mia vita confinato in una sedia a rotelle ed ero molto giovane quando persi l'uso delle gambe. Cosa avrei dovuto fare? Piangermi addosso? Odiare chi mi aveva messo in quella condizione? No! Mi sono alz-" si interruppe, imbarazzato per l'ironica scelta di parole "Sono andato avanti, Erik. Ho affrontato il problema; non è stato facile, mentirei se dicessi che è stato semplice superare il rancore che provavo nei tuoi confronti e il rifiuto per ciò che ero diventato."
Erik strinse i pugni, le parole di Charles riportarono a galla colpe non del tutto espiate e sofferenze che lui stesso, per primo, non aveva superato.
"Come ci sei riuscito?" chiese rilassando le mani "Come hai fatto a lasciarti alle spalle il dolore?"
Charles posò una mano sul suo braccio, quel tocco delicato disse più di tante parole, parlò di comprensione e di accettazione, i loro sguardi si incontrarono.
"Con il perdono."
Erik si irrigidì, il suo orgoglio gli impedì di accettare una risposta del genere.
"Perdono?" chiese con furia "Com'è possibile perdonare chi ci ha fatto del male? Come posso perdonare coloro che mi hanno portato via tutto ciò che era importante per me? Come posso semplicemente starmene senza fare nulla …"
"Sbagli" lo interruppe Charles facendo scivolare via la sua mano dal braccio di lui "Continui a pensare che il perdono sia qualcosa di passivo, invece è l'opposto. Non fare niente è facile, perdonare invece è difficile e richiede molto coraggio. Tutto cambia quando capiamo che lo facciamo per noi, per concederci di vivere serenamente e smettere di identificarci con i nostri problemi."
Erik annuì lentamente, il suo orgoglio era ancora troppo forte per accettare fino in fondo le parole di Charles, ma capì cosa voleva dire.
"Sai, ho pensato anche a un'altra cosa" proseguì Charles "Credo che dovremmo smettere di identificarci come mutanti."
Erik tossì forte, gli era andata di traverso la saliva.
"Spero che tu stia scherzando!"
"No, non sono stato più serio di così in vita mia."
"Non capisco" disse Erik "Illuminami, ti prego, prima che mi convinca che tu abbia perso definitivamente la ragione."
Charles rise.
"Siamo mutanti, e allora? L'essere mutanti rappresenta tutta la nostra essenza? No! Io sono stato a lungo paraplegico ma ciò non mi definiva. Tu sei ebreo, giusto? Eppure non è la prima cosa che dici quando ti presenti."
"Ma essere mutanti è ciò che ci distingue dagli umani!" ribadì Erik, sempre più infervorato "Ciò che ci rende superiori!"
Charles rise piano.
"Superiori? Come? Perché?"
Erik restò a bocca aperta, interdetto da quella domanda a suo parere eccessivamente sciocca.
"Ma è ovvio, no? I nostri poteri …"
"I poteri!" lo interruppe Charles "Credi che siano sufficienti a renderci superiori agli umani? Dimmi, cosa intendi tu per 'potere'? Ha più potere un ragazzino che può far esplodere le cose con la mente o un politico che con una firma può condannare a morte migliaia di persone? Ormai è chiaro che il dislivello di potere tra umani e mutanti è praticamente nullo, perciò invece di concentrarci su ciò che ci divide non potremmo invece guardare a ciò che ci unisce?"
"Per esempio?" chiese Erik con tono di sfida "Noi siamo mutanti. Loro sono umani. Dove sarebbe il punto di incontro?"
"Sta nel fatto che siamo tutti persone." ripose Charles "Guardati attorno! Qui ora vivono mutanti e umani, insieme! È solo un inizio, ma mi dà speranza, così come sapere che nel mondo ci sono umani che si impegnano per aiutare i mutanti."
Erik aprì la bocca per rispondere, invece si limitò a sospirare.
"A proposito" continuò Charles "Quei due ragazzi di ieri sera … dove sono?"
"Sono con Jean" rispose Erik "Li avevi terrorizzati ma ora sembrano tranquilli. Credo che resteranno, erano solo due ragazzini impulsivi."
"Ah, conosco bene un ragazzino impulsivo!" disse guardandolo con intensità "Che ne dici, ragazzino impulsivo, andiamo a fare colazione?"
