91. Filo teso

La luce dello schermo del cellulare illuminava il viso di Charles creando strane ombre, la chiamata di Cassandra aveva avuto l'effetto di un'esplosione, poteva percepire chiaramente la sua eccitazione, il pensiero che presto Lester sarebbe stato libero filtrava inevitabilmente nella sua voce e aveva finito col contagiare anche lui. Restò a fissare lo schermo ancora acceso per qualche istante, poi guardò verso la porta, non avrebbe avuto senso buttarli giù dal letto alle tre di notte, avrebbero avuto tutto il tempo di svegliarsi con calma e addirittura fare colazione prima di partire ma lui, Charles, non avrebbe più potuto dormire; si alzò, si vestì lentamente e andò nel suo ufficio per esaminare gli appunti che avevano preso: ogni dettaglio della missione era stato studiato con attenzione, spesso Charles si era chiesto se non fosse tutto troppo facile, se fosse altro che una grande illusione e che sarebbero caduti in una trappola ma, d'altronde, non avevano alternative, dovevano agire. L'attesa era stata lunga e snervante, soprattutto per loro che erano così lontani, ora però tutto si sarebbe risolto rapidamente, il più possibile, per avere maggiore vantaggio sui nemici.

Nemici.

Nemico.

Quella parola era pesante come un macigno, difficile da pensare, difficile da dire; Charles non era un ingenuo, sapeva che l'idea di un mondo in cui regnasse la pace e l'armonia era utopistica, ciò nonostante la consapevolezza di dover affrontare dei suoi simili, mutanti come lui, lo schiacciava. Questo, però, non lo avrebbe fatto esitare, avrebbe fatto ciò che doveva e sopportato anche quel peso e, come sempre, ne sarebbe uscito più forte.

La cucina era piena di voci, Charles era stato il primo ad entrare e aveva atteso che anche gli altri si svegliassero e lo raggiungessero per fare colazione, quando finalmente anche Logan arrivò con ancora i capelli leggermente umidi dopo la doccia post allenamento, si alzò e parlò.

"Ora che siete tutti qui posso dirvelo" disse, tutti si fermarono e si voltarono verso di lui "Stanotte ho ricevuto una chiamata da Cassandra: Espeon e Voltshade sono tornati a Genosha."

Seguirono alcuni istanti di silenzio, rotto dall'irruenza di Logan.

"CHUCK!" gridò, facendo qualche passo avanti verso di lui "A che gioco stai giocando? Avresti dovuto svegliarci! Ora avremmo già dovuto essere lì e …"

Logan si bloccò, Charles aveva sollevato una mano e lo aveva paralizzato con un'ondata telecinetica, non disse nulla, i suoi occhi erano sufficientemente eloquenti: ti lascerò andare se ti calmerai. Logan, intuendo le sue intenzioni, si rilassò, Charles attese qualche altro istante e lo lasciò la presa.

"Ma … Charles …" iniziò Hank "Non capisco …"

Charles li guardò tutti, uno per uno, anche gli altri sembravano smarriti.

"Capisco la vostra frustrazione" disse "Non possiamo però permettere che le nostre emozioni ci ostacolino. La trappola è ancora tesa, agendo in modo sconsiderato rischiamo di romperla prima che scatti."

Charles li osservò mentre annuivano e iniziavano a capire dove volesse arrivare.

"Quando Cassandra mi ha telefonato erano le nove del mattino in Italia, qui erano solo le tre di notte, non avrebbe avuto alcun senso svegliarvi a quell'ora, c'è ancora tempo prima della partenza."

"Ne sei certo?" chiese Scott "Non sarebbe meglio andare lì il prima possibile?"

"Questo è ovvio" rispose Charles "Non possiamo permetterci di arrivare troppo tardi … ma nemmeno troppo presto" aggiunse "Come sapete le guardie portano ogni giorno i prigionieri a svolgere le missioni individuali perciò durante il giorno le basi sono quasi deserte. Non possiamo arrivare lì con troppo anticipo e rischiare di essere scoperti."

Logan annuì e aprì una bottiglia di birra, più rilassato e disposto ad ascoltare.

"In effetti …"

"Ora sono le otto e mezza" disse Charles guardando l'orologio "Tenendo conto del viaggio con il Blackbird e il fuso orario dovremo partire da qui nel primo pomeriggio, non più tardi delle quattordici e trenta se vogliamo arrivare lì per poterli cogliere al momento giusto, quindi dopo le undici di sera."

Tutti annuirono.

"Molto bene" continuò alzandosi "Per ora potete rilassarvi, finite di fare colazione con calma, ricordatevi l'orario della partenza, per allora dovrete essere pronti."

Detto questo, Charles uscì dalla stanza e andò direttamente in giardino, aveva bisogno di respirare a pieni polmoni per calmarsi, placare l'impazienza che lui stesso stava provando in quel momento ed esser pronto per ciò che lo aspettava.

Passo dopo passo si prese il suo tempo per osservare se stesso e chi gli stava attorno e come erano cambiate le cose in così poco tempo.

Prima di tutto se stesso: ogni passo era un dono, la sua mente si era adattata in fretta alla ritrovata giovinezza, i decenni di immobilità sembravano appartenere alla vita di qualcun altro; anche i rapporti con gli altri erano cambiati, aveva smesso di reprimere i suoi veri sentimenti e aveva iniziato a dar valore anche a quelli che prima riteneva di dover nascondere persino a se stesso.

Ovviamente anche la scuola non era più la stessa, non era più un'oasi nel deserto ma un porto, la libertà non era più poter essere se stessi lontani dai giudizi ma il poter condividere la propria unicità con gli altri, la convivenza tra mutanti e umani aveva permesso di scoprire le reciproche differenze e approfondire ciò che invece accomuna quelle che erano state considerate fin dal principio due razze diverse.

Charles continuò a camminare, gli sembrò che fosse passata almeno mezz'ora, invece erano a malapena una decina di minuti, si fermò un istante ad osservare un gruppo di ragazzi che si dirigevano verso la scuola con delle borse di plastica stracolme di gommapiuma e costumi di scena, sorrise vedendoli imitare le movenze di Roy quando vestiva i panni di Bianca, pensò che permettergli di avviare una classe in cui insegnare l'arte del "Drag" era stata davvero una bella idea. Roy stesso gli aveva proposto di partecipare a qualche lezione e Charles aveva gentilmente declinato l'invito, senza però volerlo accantonare del tutto, magari quando quella situazione si sarebbe sistemata avrebbe anche potuto ripensarci.

Ecco, era tornato a pensare alla missione, guardando l'orologio vide che non erano nemmeno le nove del mattino, pensò a Cassandra, a Lester e, sì, pensò soprattutto a Erik e a Raven. Durante le loro telefonate Cassandra non aveva mai accennato di aver visto nessuno di loro ma, mentre era certo che Lester fosse lì, non era del tutto sicuro che Erik e Raven fossero ancora in Italia, probabilmente Pyro li aveva fatti portare a Genosha, ma con quale scopo? Fargli vedere con i loro occhi il suo trionfo per poi ucciderli? L'idea lo fece rabbrividire, non poteva lasciare che quel pensiero lo condizionasse, doveva restare lucido e concentrato fino alla fine.

Il tempo passò lentamente, troppo lentamente, mentre Charles continuava a concentrarsi sulla missione, sulle mosse che avevano pianificato, prevedendo anche gli imprevisti più improbabili, allora perché si sentiva ancora impreparato? Perché temeva che sarebbe successo qualcosa di terribile? Forse era la sua stessa mente che tentava di proteggerlo da quella sicurezza che avrebbe potuto essere, invece, la prima causa di una sconfitta totale.

Verso mezzogiorno Charles si era unito agli altri e si era costretto a mangiare, sebbene non avesse fame, poi era accaduta una magia: quando attendiamo qualcosa tanto a lungo sembra che il tempo si dilati, quando ciò che stiamo aspettando finalmente arriva il tempo accelera e tutto sembra scorrere rapidamente, andando fuori dal nostro controllo; allo stesso modo Charles si era ritrovato dal passeggiare impaziente nel giardino della scuola ad attendere, seduto al suo posto, che il Blackbird decollasse.

Scott, Ororo, Hank, Wanda, Pietro, David, perfino Logan, tutti, a bordo del jet, erano visibilmente tesi, tra tutti in particolar modo Wanda sembrava in ansia perché, come ben sapeva, il suo era il ruolo più importante di tutti.

"Ascoltatemi tutti con attenzione" disse Charles, il jet ormai era decollato e si era stabilizzato in volo "L'ho già spiegato ma ripeterlo ancora una volta non potrà che fare bene."

Tutti si voltarono verso di lui, tesi ma attenti.

"Ora andremo in Italia dove ci aspetta Cassandra, una volta lì faremo irruzione solo io e Wanda. Solo io e Vanda" ripeté con maggior enfasi "Ricordate che il nostro obiettivo è liberarli, non spaventarli: se dovessero vedere troppe persone potrebbero giustamente pensare che li vogliamo attaccare. Per questo motivo Vanda userà i suoi poteri per liberarli dall'influenza del siero …"

"Sempre che funzioni" lo interruppe Logan.

Charles trattenne il fiato, detestava essere interrotto, in più la battuta di Logan aveva toccato un nervo scoperto, si sforzò di sorridere e rispose piccato.

"Amo il tuo ottimismo, Logan."

Lui rise, soddisfatto.

"Quando saranno liberi sarò io a parlare con loro. Voi" continuò come se Logan non lo avesse mai distratto e guardandoli uno per uno "interverrete solo in caso di emergenza, sperando ovviamente che non ce ne sia bisogno. Spiegherò loro la situazione e li farò tornare nelle loro case … a meno che non vogliano unirsi a noi per andare a Genosha."

"Sarebbe meglio" disse Hank "Noi siamo decisamente in minoranza."

Charles annuì.

"D'altra parte non li possiamo nemmeno obbligare, sicuramente ci sarà qualcuno che vorrà unirsi a noi ma tutti gli altri verranno semplicemente liberati."

Tutti annuirono.

"Una volta terminata la missione in Italia andremo in Francia, sarà un viaggio relativamente breve, poi da lì ci vorrà più tempo per arrivare in Inghilterra ma sfrutteremo il fuso orario per prenderci un piccolo vantaggio, ciò però non deve farci credere di essere al sicuro, una volta liberati i mutanti inglesi andremo direttamente a Genosha …"

"E allora anche noi inizieremo a divertirci!" esclamò Logan, eccitato.

Scott annuì ma sembrava a disagio, alla fine si decise e alzò la mano.

"Per quanto riguarda Erik e Raven?" chiese "Sai dove sono? Cassandra li ha visti?"

Charles sospirò, era infine arrivata la domanda alla quale sperava di non dover rispondere. Chiuse gli occhi, respirò profondamente, poi li riaprì.

"No, Cassandra non li ha visti, potrebbero essere ancora in Italia ma potrebbe averli anche portati a Genosha …"

"O potrebbe averli uccisi." sentenziò Logan.

Charles chiuse gli occhi, era consapevole che quella era un'eventualità da prendere in considerazione ma il suo cervello si rifiutava di accettarla.

"Esatto" disse infine, sforzandosi "Non possiamo far altro che attendere e sperare."

Nessuno rispose e, per tutto il resto del viaggio, nessuno aprì più bocca, ogni parola sarebbe stata superflua, un peso ulteriore che non avrebbe fatto altro che acuire la tensione che già era presente nell'aria, quell'atmosfera di incertezza che anticipava ogni missione.

Le due ore successive volarono, letteralmente, quando Hank iniziò le manovre di atterraggio sembrò quasi che fossero passati pochi minuti da quando Charles aveva finito di parlare, la tensione salì ulteriormente e, dopo che le ruote del jet finalmente toccarono terra anche il motore tacque e tutti furono avvolti da un silenzio opprimente. Per qualche istante nessuno si mosse, fu Charles a slacciarsi le cinture e ad alzarsi per primo.

"Siamo arrivati."

Tutti annuirono e, uno alla volta, scesero dal jet; il cielo era già trapuntato di stelle, a terra c'era Cassandra che li aveva sentiti arrivare e ora stava aspettando con evidente ansia. Charles fu il primo a raggiungerla, i due si guardarono negli occhi, lui vide nello sguardo di lei un bisogno che non sarebbe mai stata capace di esprimere a parole, perciò fece la prima mossa e l'abbracciò.

"Tra poco Lester sarà libero" le sussurrò "Non preoccuparti."

Cassandra tremò, aveva voglia di piangere, ma ancora non era il momento, doveva e voleva tenere dentro di sé quelle emozioni, era ancora troppo presto, ma si lasciò andare tra le braccia del fratello, confortata dalla sua presenza.

Charles sciolse l'abbraccio e si voltò verso gli altri e guardò Wanda.

"Andiamo."

Wanda annuì e si avvicinò a Charles, lo abbracciò e, tenendolo ben stretto, si alzò in volo mentre gli altri li guardavano, sapendo che ora non potevano far altro che continuare ad aspettare.

Charles aveva memorizzato la mappa e sapeva esattamente dove si trovava la villa, passò telepaticamente le informazioni a Wanda che, dopo pochi minuti, atterrò nel prato di fronte, incolto ma segnato dai passi delle persone e dalle ruote degli pneumatici.

Villa Magnoni era immersa nel buio, anche se non si riusciva a vedere molto era evidente il suo stato di abbandono, non c'erano luci visibili dall'esterno, probabilmente tutti stavano dormendo. Charles chiuse gli occhi e si concentrò su tutti i presenti, li vide uno per uno mentre dormivano nelle loro stanze, trovò ogni mente, ogni prigioniero, vide anche Lester e questo lo rassicurò, ma non c'erano né Erik né Raven; ancora una volta passò telepaticamente le informazioni a Wanda la quale, tremando leggermente per la tensione, usò i suoi poteri per liberare i mutanti dal condizionamento della droga, aiutata anche dalla guida telepatica di Charles.

I minuti trascorsero lentamente, infine Wanda si rilassò.

"Dovrei aver finito" disse mentre iniziava a rilassarsi, ma la sua non era un'affermazione, piuttosto una domanda rivolta a Charles, il quale aveva ancora gli occhi chiusi.

"Sì, sento che è cambiato qualcosa. Sì" cofermò, annuendo lentamente "Sono liberi, ci sei riuscita. Aspetta, adesso li faccio scendere."

Wanda si lasciò andare in un lungo sospiro di sollievo mentre Charles tornò a concentrarsi, aveva detto di non voler usare la telepatia per condizionarli ma sarebbe stata utile per farli uscire e parlargli di persona.

"Potete uscire, state tranquilli, siamo qui per aiutarvi. Venite in giardino."

Non disse altro, fece un passo indietro e attese, dalle finestre della villa iniziarono ad accendersi delle luci e poi, lentamente, i mutanti prigionieri iniziarono ad uscire, nel giro di una decina di minuti erano tutti lì, di fronte a loro, spaventati e disorientati. Charles riconobbe i mutanti che aveva conosciuto a Villa Corva e sorrise pensando a Sarah e a quanto sarebbe stata felice di poterli riabbracciare, poi all'improvviso fu travolto da un abbraccio.

"CHUCK! WANDA" gridò Lester "SAPEVO CHE CI AVRESTE LIBERATI! Dov'è Cassandra? Dove sono gli altri? Cosa …"

Charles stava per rispondere ma fu interrotto da un altro mutante che si fece strada tra gli altri e lo fronteggiò, nel suo sguardo si alternavano emozioni diverse che andavano dalla rabbia alla paura. Quando parlò Charles riconobbe dal suo accento che doveva essere siciliano ed era evidente dagli sguardi degli altri che anche loro condividevano i suoi stessi dubbi.

"Sembra che voi due vi conosciate e fin qui va tutto bene, ma vorrei sapere cosa sta succedendo, dove siamo e, soprattutto … Cu minchia sii tu?"