Ebbene, non è stato per nulla difficile; quelli di Loma Blanca sono più creduloni di Hutch Bessy e ha il serio sospetto che non si siano neppure resi conto del raggiro perpetrato ai loro danni. Tanto meglio se si è potuto risparmiare nuove grane da gestire, giusto?

Scorge il profilo di Carlotta, un poco defilato, non troppo distante dall'uscita del paese, e proprio lì accanto quello squadrato dell'uomo. Bizzarro, si ritrova a pensare, questa volta è Hutch Bessy che ha dovuto attenderlo, invece del contrario. Più si fa accosto e più dettagli riesce a scorgere: la coda e la criniera svolazzante di Carlotta, i gesti nervosi dell'uomo… il suo sorriso felice. Quest'ultimo, inaspettatamente, turba i suoi pensieri. Perché diamine sembra tanto felice di rivederlo? Chiunque avrebbe piacere di risparmiarsi l'incomodo di avercelo tra i piedi a dar fastidio e procurare ulteriori guai. Ma non sembra questo il caso, perché l'espressione che sfoggia Hutch Bessy ha qualche cosa di reale, autentico. Sincero? Oh, dannazione!

«Ehi» lo accoglie la voce dell'uomo. Ha un tono che lascia trapelare dell'emozione, anche se non saprebbe definirla con certezza. «Sei tutto intero.»

Si dà un'occhiata valutativa e annuisce compassato. «Pare di sì» conviene.

«E vedo che la tua spedizione ha avuto successo» riprova speranzoso.

Tutto quel che ottiene è un minuscolo cenno di assenso, ma sembra farselo bastare in quel caso.

«Allora… riprendiamo la strada di ritorno?» si accerta.

Scruta il cielo e le ombre e si fa una stima mentale delle loro possibilità. «Non arriveremo di certo entro oggi, ma d'accordo, partiamo pure» accetta.

«Bene. Ecco… puoi suddividere le provviste nelle bisacce che porta Carlotta» propone collaborativo.

Senza prendersi la briga di replicare, infila una parte del suo bottino in ognuna delle due piccole bisacce sui fianchi della cavalcatura e si attarda ad accarezzarne il pelo liscio e tiepido del collo; da parte sua Carlotta sembra apprezzare l'idea e anche godersela in tutta tranquillità. Appoggia una guancia sulla spalla della giumenta e abbozza un lieve sorriso, immaginando un mondo completamente popolato di creature come Carlotta. Sarebbe davvero un bel mondo, si trova a pensare un poco sognante.

«Euh… Andiamo?» lo riscuote la voce profonda dell'uomo, facendolo irrigidire appena.

Come avevano previsto, ben presto la sera li raggiunge e di lì a poco sono costretti a fermarsi e a predisporre il loro bivacco per la notte prima che il buio li sorprenda e siano costretti a lavorare alla luce di un fuoco improvvisato. A parte questo, Hutch vede nella loro situazione attuale più d'un lato positivo: sono più vicini a casa (se di casa si può parlare) di almeno un paio di ore, sono abbastanza lontani da Loma Blanca da non doversi preoccupare di tardive rappresaglie, il ragazzino sembra molto più rilassato di quanto non fosse all'andata, e ultimo ma non per questo meno importante Bill Sant'Antonio non ha ancora potuto piantare le sue maledette grinfie sul suddetto ragazzino. Hutch, più o meno segretamente, spera che non accada mai, ma francamente sa che le sue speranze sono del tutto inconsistenti; Sant'Antonio ha messo gli occhi sul piccoletto e dubita che qualcuno riuscirebbe a distoglierlo dai suoi piani. Beh, può sempre tentare, augurandosi di non rimanerci secco.

Il suo compagno di viaggio, dopo che hanno diligentemente sistemato il loro falò e gli altri pochi averi attorno al fuoco, ha consumato una piccola parte delle loro provviste e poi si è accoccolato accanto alle fiamme. Hutch no. Hutch ha il fondato sospetto che neppure fra cent'anni gli passerà per la testa di imitarlo. Il fuoco ha senz'altro la sua utilità, ma a ragionevole distanza, grazie tante.

Quella sera fatica a prendere sonno. In testa si ritrova ad avere troppi pensieri e non riesce a dare un senso a nessuno di loro. Ogni volta che i suoi occhi si posano sulla piccola figura raggomitolata del ragazzo, le sue domande aumentano ma le risposte non si fanno vedere. Quel suo recente bisogno di sorvegliare l'incolumità del ragazzino lo rende più confuso del previsto; spesso fatica a spiegarsi il suo comportamento, i suoi sentimenti, ma altrettanto spesso scaccia quei dubbi insistenti e si dà da fare perché nulla di orribile capiti al piccoletto, almeno fintanto che si trova in sua compagnia.

Mentre osserva la luna sorgere pallida da dietro la sagoma buia delle colline, un tenue fruscio lo distrae dai propri crucci e lo riporta al loro bivacco. Si dà un'occhiata perplessa attorno, cercando di individuare la fonte del suono udito, ma non pare esserci anima viva lì intorno, a parte loro due e Carlotta. La giumenta riposa tranquilla poco oltre l'alone delle fiamme, i suoi occhi sono chiusi e il respiro è lento e regolare. Allora torna con l'attenzione al falò che di tanto in tanto sfrigola. Scuote la testa, dubbioso. No, il fuoco non c'entra con quel che lo ha ripescato dai suoi viaggi mentali. E allora non gli resta che posare, per l'ennesima volta, gli occhi sulla sottile figura del piccoletto e osservare; e più osserva più il suo cruccio si fa pronunciato. Sta tremando. Ma non può essere a causa della temperatura; l'aria non è troppo fredda e inoltre lui dà la schiena al falò a così poca distanza che Hutch ha più volte considerato l'idea di trascinarlo più distante, con l'angoscia di vederlo bruciare annidata nel suo petto. Dunque per quale ragione sta tremando? Si fa forza, deglutisce e con estrema prudenza striscia un poco più accosto al corpo raggomitolato, solo un altro po', abbastanza da accertarsi di quel che sta capitando.

Inspira a fondo, prima di allungare una mano. È frenato da due differenti motivi: la paura che gli provocano le fiamme troppo vicine e il timore di una sua reazione negativa al tocco di Hutch. Ma alla fine si decide ad agire e, piano, posa un palmo sulla schiena del ragazzino e accosta appena le dita dell'altra mano al suo viso lievemente contratto. Sta dormendo, non ci sono dubbi, ma il suo sonno è in qualche maniera disturbato. Hutch non comprende da dove provenga il disturbo, ma più lo osserva e più ha l'impressione che derivi da qualcosa che ha in testa, qualcosa di brutto a giudicare dal suo stato di agitazione.

Dovrebbe svegliarlo? In che modo reagirebbe se Hutch si facesse trovare tanto vicino senza una buona ragione? Non bene, ci scommette. Eppure l'idea di lasciarlo in quello stato gli dà angoscia. Cosa deve fare? In che modo può essergli di aiuto senza rischiare di fargli involontariamente del male? Assottiglia le labbra, crucciato, ma infine un'idea lo coglie. Con calma si sfila la giacca e la drappeggia con attenzione attorno alle spalle minute del ragazzino. Sa che non è il freddo il suo problema, ma forse non gli farà male avere maggior riparo, e magari l'aumento di calore devierà il corso dei suoi pensieri inconsci. Beh, in ogni caso Hutch lo spera.

Le sue ginocchia si ripiegano accostandosi al petto, le sue dita sottili si rinserrano strettamente, un respiro più brusco lo fa vibrare con forza nel sonno. Poi un odore fuori posto, ma al contempo in qualche maniera conosciuto, riporta faticosamente a galla una parte della sua coscienza. Si raggomitola un po' più stretto su sé stesso e l'odore estraneo e insieme conosciuto si fa più acuto e persistente, così come l'intensità del calore che sembra circondarlo. Arriccia il naso e le sopracciglia e, lentamente, si ridesta. Le sue palpebre sfarfallano sulla semioscurità appena rischiarata dalle fiamme danzanti alle sue spalle. Qualcosa di pesante lo avvolge, qualcosa che trattiene un ignoto tepore e quell'odore che lo ha colto di sorpresa. Solleva appena la testa e la sua guancia sfiora una confusa sensazione di morbidezza. Lentamente le sue pupille si adattano all'incerta luminosità e iniziano a distinguere nuovi particolari: il terreno secco e sassoso, gli zoccoli di un cavallo, le gambe di una persona stese su quello stesso terreno. Allunga le dita di una mano e tasta quella strana sensazione, scoprendone del morbido pelo e del rigido tessuto. È quello, è da lì che proviene quell'odore che lo ha riportato indietro dai suoi sogni gelati. Una giacca. La sua giacca.