Sono entrambi sopravvissuti alla notte appena trascorsa. Hutch non ci avrebbe scommesso un solo centesimo. Ha dormito da cani, quindi tanto sarebbe valso vegliare direttamente, visti gli scarsi risultati. Il ragazzino invece sembra abbastanza riposato. Lo ha sentito agitarsi in un paio di occasioni, ma ogni volta che ha controllato lo ha scoperto addormentato, quindi i momenti di cattivo riposo non sono dovuti al luogo poco ospitale, ma a qualche cosa d'altro, qualcosa che ben difficilmente il piccoletto si prenderà la briga di spiegargli, Hutch ci scommette.

Sospira, ma non si rassegna. Un giorno riuscirà a venirne a capo. Forse quel giorno è ancora lontano, ma prima o poi arriverà, e Hutch si farà trovare pronto per farvi fronte.

Carlotta sbuffa e scuote il capo, facendo svolazzare la criniera. Gli occhi del ragazzino si soffermano pensierosi su quel movimento e infine anche lui trae un lento sospiro.

«Immagino che si debba tornare» ragiona con un tono un poco incupito.

In effetti non ha l'aria di voler fare quel che ha appena detto. Dà piuttosto l'idea di voler porre maggior distanza ancora dal villaggio, ma sembra rendersi conto di non possedere i mezzi pratici per realizzare quel progetto e fissa uno sguardo rassegnato su Hutch, il cui stomaco ha un'improvvisa contrazione che, per l'ennesima volta da che lo ha incontrato, non è dovuta alla mancanza di cibo.

«Temo di sì» conviene Hutch in un mormorio costernato.

Annuisce. «D'accordo» soffia, con la faccia di uno che è tutto fuorché d'accordo.

Se solo Hutch avesse del denaro, o anche semplicemente delle scorte e attrezzatura adeguati a un viaggio, manderebbe più che volentieri al diavolo l'idea di fare ritorno con tutte le pessime conseguenze che ne deriverebbero. Ma la verità è che non ha nulla, neppure qualche idea sensata su come gestire la loro sopravvivenza. Probabilmente dovrebbe fare quel che gli ha suggerito Sandra: trovarsi un lavoro onesto, costruirsi un'esistenza decorosa, mollare gli intrallazzi di Sant'Antonio. In pratica dare il buon esempio. Ma Hutch è lontano mille miglia dall'essere un esempio di rettitudine, e Sandra ha tutte le ragioni del mondo quando afferma che il ragazzino è finito diritto nei guai nel momento stesso in cui ha incrociato la strada di Hutch. Non che prima avesse l'aria di passarsela alla grande… Ma questo ragionamento è molto ingiusto da parte di Hutch. Non può sapere come ci è finito in quelle condizioni. Forse è semplicemente sfortunato. Ok, togliamo pure il forse.

Avverte, come un monito oscuro, la presa convulsa delle dita sottili del ragazzino sui suoi fianchi prima ancora di rendersi conto del grosso problema che hanno di fronte. Ma a quel punto è decisamente tardi per correre al riparo.

«Ma bene. Ecco qui il nostro signor Bessy, che pareva svanito nel nulla in questi ultimi giorni. Non è vero? Eppure, tu guarda che colpo di fortuna abbiamo: sembra proprio vivo e vegeto» lo deride una voce sarcastica fin troppo conosciuta, quella di Bill Sant'Antonio.

Ecco fatto. A che diavolo serve avere i migliori propositi del mondo, quando il mondo ha già deciso al posto tuo? Che cazzo! E intanto il ragazzino, alle sue spalle, sembra un fascio di nervi, almeno a giudicare dalla rigidità delle sue dita ancora aggrappate a Hutch. Merda, ma perché mai una dannata volta le cose non possono andare per il verso giusto?

Dovrebbe scendere da cavallo, a quel punto, e fronteggiare il guaio che hanno davanti. Solo che in quel modo lascerebbe allo scoperto il piccoletto e Sant'Antonio avrebbe tutto l'agio per ficcargli addosso i suoi occhi malevoli. Euh… No, grazie.

«Hai forse perso la parola, oltre che la casa?» strascica Bill, occhieggiandolo divertito.

Merda. Di nuovo. Era ovvio che sarebbe venuto a saperlo, alla fine. Sperava di avere più tempo, ma alle solite, le sue speranze fanno acqua da tutte le parti.

«No, la parola ce l'ho ancora» borbotta seccato ma cauto.

«Oh, meraviglioso. Perché io ho un incarico per te» annuncia Bill.

E non si prende affatto la briga di sapere se a Hutch interessa un incarico. Certo che no. Dà per scontato che sia in vita per nessun altro motivo che pendere dalle labbra di Sant'Antonio. Se solo sapesse quel che Hutch gradirebbe fare della sua boccaccia, probabilmente non lo guarderebbe con quell'aria da presa per il culo perenne. 'Fanculo.

«Cosa sarebbe?» indaga succinto.

«Ecco, così mi piacciono i miei uomini: diretti al punto e senza guizzi personali» esulta sornione. «Il sindaco di Loma Blanca ritiene che le tasse debbano rimanere nelle casse del comune. Questo senza tenere conto che il signor De Plana è il sindaco di Loma Blanca perché, come sono certo tu sappia, ce l'ho messo io. Signor Bessy, cosa accade quando la gente scorda certi dettagli e suppone di poter prendere decisioni senza consultarmi?»

«Nulla di buono» prevede Hutch.

«Proprio così, mio caro! Sono davvero felice che tu possa afferrare al volo questi concetti» si compiace. «Quindi tu ora farai una piccola visita di cortesia al signor De Plana e gli rammenterai questo semplice concetto. Non è vero?»

Hutch sospira, ma non vede alternative praticabili. «Bene» conviene infelice.

Bill Sant'Antonio sorride, e francamente Hutch sperava di risparmiarsi almeno quello. Ma quando mai le cose vanno come spera Hutch? Beh, più o meno mai.

E poi Sant'Antonio smette di sorridere e lo fissa in un modo che a Hutch non garba nemmeno un po'. Forse preferiva stargli a contare i denti, dopo tutto.

«Signor Bessy, è una mia impressione o quel che vi sta alle spalle è un giovanotto che non ricordo di aver mai veduto nei paraggi?»

Hutch si irrigidisce e poi sibila, mentre le unghie del ragazzino si conficcano nei suoi fianchi. Porco cazzo! Ma non si riesce proprio ad avere una manciata di minuti di tranquillità in quella maledetta vita? Che cosa si suppone che dica, a quel punto? Non è affatto bravo a inventarsi frottole sensate su due piedi.

«Ecco… Ehm… Lui è…» balbetta incerto.

«Mi ha trovato nel deserto» soffia la voce affilata del ragazzino, dopo essersi sporto un poco dalle sue spalle.

Hutch rimane un lungo istante a bocca aperta, senza avere la più pallida idea di quel che sta accadendo. Con prudenza si volta a fissare il piccoletto, trovandolo intento a studiare Sant'Antonio con quei suoi occhi trasparenti e affilati.

«Incantevole!» esclama Bill, sembrando deliziato.

Hutch digrigna i denti. Se solo Sant'Antonio non fosse costantemente circondato dai suoi uomini, a quel punto si ritroverebbe con l'osso del collo spezzato, altro che "incantevole".

«Spero che avremo presto l'opportunità di conoscerci meglio» commenta Bill, senza distogliere lo sguardo dal ragazzino. «Ora purtroppo ho un impegno urgente. E voi, signor Bessy, dovete affrettarvi a far visita al nostro sindaco ribelle. Andate pure, ci rivedremo nei prossimi giorni» prevede, spedendo un brivido di angoscia su per la schiena di Hutch, prima di ripartire di buona lena tallonato da una nutrita schiera dei suoi uomini.

«Bill Sant'Antonio, immagino» mormora il ragazzino alle spalle di Hutch.

«Già» conviene depresso.

«Non mi piace» decreta asciutto.

E Hutch non può trattenersi dallo sbuffare una risata amara. «Francamente dubito esista qualcuno sulla faccia di questa Terra a cui piaccia Sant'Antonio.»

«Allora un bel giorno finirà sotto terra» prevede pratico.

Hutch lo adocchia, incerto, poi annuisce. «Spero che quel bel giorno arrivi in fretta.»