98. Vittoria amara

Charles rimase immobile ad osservare John e Katie, era tutto finito, avevano vinto, allora perché continuava a sentire quel peso sullo stomaco? Perché, nonostante tutto, sentiva di non aver realmente vinto?

Infine lo realizzò.

Non si trattava di loro o di coloro contro i quali avevano combattuto … era il conflitto: già solo per aver dovuto combattere sentiva di aver perso in partenza, sentiva che era tutto dannatamente sbagliato, tutto fuori posto, che una simile situazione non avrebbe mai dovuto nemmeno esistere, eppure erano lì, intenti ad osservare ciò che restava dei loro nemici. Erik, che ormai lo conosceva bene, gli posò una mano sulla spalla, un'ancora per permettergli di restare con i piedi per terra e non perdersi in quelli che, ormai era chiaro anche per lui, non erano altro che sogni utopistici.

"Charles, perdonami" disse Hank osservando Pyro "Ho capito che quella siringa contiene mancanza di fiducia, giusto? Ma … cosa c'è dentro? È il siero?"

"No" rispose lui "In una scatola si trova l'antidoto per il siero."

"Antidoto?" chiese Hank, sorpreso "Esiste un antidoto?!"

"A quanto pare sì, Pyro lo aveva sempre con sé per ogni eventualità" rispose Cassandra "Ovviamente erano informazioni strettamente riservate che non si trovavano insieme alle altre."

"Ha senso" ammise Hank "Invece a lui cosa avete iniettato?"

Charles sospirò, non era stato piacevole ma era stata la cosa giusta da fare.

"In quelle siringhe c'è la Cura" disse "John è stato privato dei suoi poteri."

Hank fischiò.

"La Cura? Ce n'è ancora in giro? Be', se lo meritava."

"Eccome!" commentò Erik "Charles ha avuto proprio una bella idea, soprattutto dopo ciò che ci ha fatto, che gli ha fatto!"

"Cosa vuoi dire?" chiese Hank voltandosi per osservare meglio Charles, solo allora lo vide, Charles era seduto in un modo strano, stranamente familiare.

"Mi ha iniettato la Cura e poi ha fatto in modo che Erik, ancora sotto l'effetto del siero, mi sparasse alla schiena" rispose Charles con voce piatta "Ovviamente la tuta ha assorbito il colpo, ma …"

Hank si avvicinò e si inginocchiò di fronte a lui.

"Non puoi camminare?"

Charles si morse il labbro, avrebbe voluto piangere, avrebbe voluto sfogarsi, in quel momento però sentiva di voler restare tutto d'un pezzo, non poteva cedere.

"Se avessi avuto i miei poteri la ferita sarebbe guarita subito" spiegò "Ora … ora no."

Non aggiunse altro, Hank annuì, consapevole di ciò che quella risposta nascondeva.

"L'effetto della Cura è temporaneo" precisò Erik "Al massimo tra un mese sarà di nuovo sano."

"Non potrebbe aiutarlo Wanda come l'altra volta? O David?" chiese Raven.

David impallidì.

"Mi dispiace, non credo di essere in grado, non ora"

Raven aggrottò le sopracciglia, Charles gli sorrise.

"Capisco, non preoccuparti, ti sei spinto oltre i tuoi limiti, devi riposare."

"Allora Wanda?" chiese ancora Raven.

David annuì, Hank si batté la mano sulla fronte.

"Ecco! Vi cercavo anche per questo!" disse "I sottoposti di Pyro e tutti quelli che ci hanno attaccato sono stati resi inoffensivi e imprigionati. Tutti gli altri si trovano nelle loro case e hanno ospitato i nostri, che ora stanno dormendo. Wanda era distrutta e anche lei sta dormendo da un po'."

"Capisco" disse Charles "Anche noi dovremmo andare a dormire."

"Sono d'accordo" disse Logan chinandosi "Vieni, tu più di tutti hai bisogno di dormire in un letto."

Charles si mosse per permettere a Logan di portarlo sulle spalle ma si lasciò sfuggire un gemito.

"Hey" esclamò Raven "Cosa succede?"

"Un po' di dolore" rispose Charles "Niente di grave. Andiamo?" chiese a Logan, sistemandosi sulla sua schiena "Domani starò già meglio."

"Sei sicuro di non voler un po' di antidolorifico?" chiese Hank.

"No, assolutamente no. Voglio solo riposare."

Logan si assicurò che Charles fosse comodo e scese dal jet, seguito dagli altri che andarono con Hank per trovare un letto per riposare, portandosi ovviamente dietro John e Katie, ormai inoffensivi, per poterli comunque sorvegliare.

"Potrei portarti nel letto di Pyro" suggerì Logan "Sicuramente sarà il più comodo di tutto il villaggio."

Charles rise piano e chiuse gli occhi, in quel momento aveva ben altri problemi e il dover essere trasportato da Logan era sicuramente uno degli ultimi a cui prestare attenzione.

"Vengo con voi" disse Raven avvicinandosi, i suoi occhi erano fissi su Charles, sembrava intenzionata a non perderlo di vista, come se potesse succedergli qualcosa da un momento all'altro.

"Va tutto bene, Raven" la rassicurò lui con un sorriso "Starò bene."

Raven non rispose ma lo sguardo che gli rivolse fu più eloquente di qualsiasi discorso, anche senza la sua telepatia Charles capì cosa lei voleva comunicargli: non era rimasta con lui quando ne aveva bisogno, quando era stato ferito la prima volta, ora non lo avrebbe lasciato solo, anche se si trattava di una situazione temporanea gli sarebbe stata accanto.

La camera da letto di John - Charles aveva iniziato a rifiutarsi di pensare a lui e chiamarlo Pyro - era decisamente brutta: moquette dai colori sgargianti, quadri osceni alle pareti, tende appariscenti e un lampadario in vetro decisamente troppo grande, perfino il letto sembrava eccessivo per quello spazio, una bomboniera di cattivo gusto imbottita di trapunte soffici e cuscini colorati.

"Qui starai decisamente comodo, Chuck!"

Logan posò Charles sul letto di John ma fu Raven a insistere per aiutarlo a prepararsi per la notte, mandò via Logan e rimase sola con lui.

"Non mi lascerai nemmeno un secondo?" chiese Charles.

Raven lo baciò sulla fronte.

"Non ho memoria di quanto tempo siamo stati separati né di quanto tu sia stato in ansia per me" disse lei "So solo che hai bisogno di me e non ho intenzione di lasciarti."

Charles fino a quel momento era rimasto calmo, quasi indifferente di fronte a ciò che gli era successo, la presenza di Raven però lo aiutò a lasciarsi andare, finalmente lasciò che le lacrime fluissero.

"Va tutto bene" lo rassicurò Raven "Presto starai bene."

Charles annuì ma non smise di piangere, lasciò che i singhiozzi scuotessero il suo corpo per un po', poi finalmente riuscì a parlare.

"L'avevo sognato" disse, la sua voce era solo un sussurro ma nel silenzio della notte somigliò più a un grido d'aiuto "Da quando ho ricominciato a camminare è la mia paura più grande … tornare indietro, come se nulla fosse cambiato."

"Ma qualcosa è cambiato!" esclamò Raven "Tu sei cambiato, non sei più un ragazzo spezzato, sei un uomo che ha sofferto ed è diventato più forte attraverso la sofferenza."

Charles chiuse gli occhi.

"Non è solo questo …" mormorò "Non è solo …"

Ripensò a John e a Katie, alla sensazione di sconfitta che aveva provato osservandoli, al peso che ancora non si era sollevato dal suo petto, alla sensazione di nausea che gli pervadeva la gola. Non aveva mangiato quasi nulla, eppure il conato di vomito arrivò, improvviso e inevitabile, fece giusto in tempo a voltarsi per non sporcare il letto, chi ne pagò il prezzo fu invece la moquette di un color lime talmente discutibile non poté che migliorare con il contributo di Charles.

"Charles!" lo chiamò Raven, spaventata, si avvicinò e gli posò una mano sulla fronte "Non hai febbre ma sei pallidissimo. Aspetta, vado a prendere una bacinella d'acqua."

Charles sputò a terra, si pulì la bocca con il dorso della mano e tornò a distendersi sui cuscini, poco prima che Raven tornasse con la bacinella vomitò altre due volte, l'ultima ormai senza buttare fuori nulla, solo saliva leggermente sporca, Raven era già accanto a lui con un asciugamano bagnato.

"Ecco, vieni" gli disse "Ti pulisco."

Charles si fece accudire come un bambino, anche se avesse voluto opporsi non ne avrebbe comunque avuto la forza.

Raven finì di pulirgli il viso e fece per aprire la tuta e spogliarlo ma Charles la fermò.

"No, aspetta" disse "Lasciami così, non voglio spogliarmi."

"Ma …"

"Per favore, mi fa ancora troppo male."

Raven lo guardò interdetta ma non osò contraddirlo.

"Stai meglio ora?" gli chiese "Vuoi bere qualcosa?"

"No, per ora no, non sono ancora del tutto a posto. Preferirei dormire."

Raven annuì e gli baciò la fronte.

"Come vuoi."

Charles lasciò che lei lo sistemasse meglio sul letto e che lo coprisse, poi la osservò prepararsi pulire come meglio potè la moquette e prepararsi per la notte, la guardò mentre si toglieva la tuta e non le staccò gli occhi di dosso mentre lei gli si avvicinava per distendersi al suo fianco, indossando solo la biancheria intima. Charles mosse il braccio e le sfiorò il fianco.

"Se non stessi così male …" iniziò, cercando di suonare sensuale.

Raven si distese sul fianco rivolta verso di lui.

"Cosa mi faresti?" chiese maliziosa ma al tempo stesso divertita.

"Non lo so" ammise lui imbarazzato "dopo tutto questo tempo sicuramente avrei molte idee, per ora vorrei sentire il tuo cuore … avvicinati."

Raven obbedì, pur tormentato dal dolore alla schiena Charles riuscì a cingerla a sè, posò la mano sul suo petto, appena sopra il seno, per poter sentire il suo cuore battere sotto il suo palmo aperto. Così, entrambi cullati dal respiro e dal battito del cuore dell'altro, si lasciarono andare e si addormentarono.

La pace per Charles durò poco, aveva preso sonno, più per stanchezza che per vero benessere; si era svegliato perché, voltandosi, aveva avvertito un dolore acuto alla schiena, quando finalmente era passato era ormai completamente sveglio.

La stanza era illuminata dalla luce dell'alba, il sole stava sorgendo lentamente all'orizzonte, Charles si voltò per osservare Raven, lei dormiva ancora profondamente, sul suo viso era evidente la stanchezza ma anche una certa pace, la serenità di chi sa di aver vinto e di stare dalla parte del giusto.

Lui no, Charles sapeva che non era così, che non c'era giusto o sbagliato, che anche John in tutto ciò che aveva fatto non era che una vittima, della sua stessa rabbia, di ciò che aveva subito: vittime che diventano carnefici e creano altre vittime, in un circolo vizioso che lui aveva tentato di spezzare da tanto, troppo tempo, fino a spezzarsi lui stesso.

Charles chiuse gli occhi e tentò di rilassarsi, il dolore era leggermente diminuito o forse lui si era semplicemente abituato, ma tra quello e i pensieri che lo tormentavano gli fu impossibile riprendere sonno, restò così, immobile, del tutto inerme di fronte alla vita che di nuovo stava crollando sotto i suoi piedi.

Le ore successive trascorsero in modo strano, lui si sentiva come dentro una bolla, in un luogo in cui tempo e spazio non avevano più significato, tutto scorreva o troppo lentamente o troppo rapidamente, senza che lui potesse ancorarsi a nulla. Era troppo stanco per fare qualsiasi cosa, emotivamente e fisicamente, non mangiò e non bevve nulla, a fatica riuscì a sorridere a chi gli rivolgeva la parola e a rispondere quasi sempre con pochissime parole. Mentre Raven si prendeva cura di lui Erik, che aveva capito il suo stato d'animo, prese l'iniziativa e la situazione in mano insieme a Hank e Logan e diresse le operazioni successive alla battaglia che aveva messo fine alla tirannia di Pyro.

La discussione fu breve ma proficua, coloro che fino a quel momento avevano vissuto a Genosha, sebbene sotto l'effetto del siero, decisero di restare e di continuare a far prosperare quell'oasi di pace, lontana dagli umani, senza intenti bellicosi; coloro che invece avevano seguito Pyro vennero giudicati colpevoli, privati dei loro poteri tramite la Cura e imprigionati, in vista di una riabilitazione.

Hank scherzò, mentre erano in volo, dicendo che il Blackbird era ormai si era trasformato in una specie di autobus con tanto di fermate, Charles rise debolmente, osservando gli altri che invece, ebbri della vittoria, ridevano e scherzavano insieme a lui, a Lester e, incredibilmente, a Logan e Erik, i quali chiacchieravano come vecchi compagni di scuola che si ritrovano dopo anni di lontananza.

Era lui, invece, che si sentiva lontano da tutto e da tutti, irraggiungibile dalle altrui emozioni, isolato in una stanza chiusa dalla quale poteva vedere tutto ma non poteva sentire nulla: le voci, gli odori, le emozioni, tutto era sigillato dietro a uno spesso vetro, invisibile agli occhi ma che lui percepiva come reale, era lì nella sua mente, invalicabile e indistruttibile … almeno per il momento.

La prima tappa fu a Westchester, Hank fece scendere Charles e gli altri, solo Logan e Erik rimasero a bordo per accompagnarlo nel viaggio per riportare tutti gli altri nelle rispettive case. Charles attese con pazienza che Raven scendesse, la vide entrare in casa e, pochi minuti dopo, tornare con … quella cosa, quella cosa che aveva sperato di poter dimenticare, quella cosa che per anni era stata la sua fedele compagna.

Raven raggiunse il Blackbird con la vecchia sedia a rotelle di Charles, salì la rampa e lo aiutò a sedersi, quindi lo fece tornare a terra. Per un istante gli girò la testa, era quella la sensazione, l'aveva dimenticata ma ora era di nuovo lì, addosso come una coperta scomoda, un'ombra da cui era impossibile fuggire: immobile, impotente, spezzato, nemmeno la consapevolezza che presto tutto sarebbe passato lo aiutò in quel momento.

"Andrà tutto bene, Chuck" lo rassicurò Logan, notando il suo turbamento "Pensiamo noi al resto, tu pensa solo a riposare … e a non pensare troppo, va bene?" chiese, con voce insolitamente dolce per lui.

"Ci proverò" rispose Charles con un sorriso poco convinto "Vi aspetterò qui."

Logan gli batté una mano sulla spalla per dargli coraggio e tornò a bordo, pochi istanti dopo Hank tirò su la rampa e il Blackbird decollò.