È ormai da qualche capitolo che non faccio una premessa perciò credo che sia giunto il momento di mettere in chiaro una cosa. Nel corso di questi ormai quasi cento capitoli non ho mai specificato come trascorre il tempo, è giunto il momento di essere più chiara.
L'inizio della storia è ambientato a marzo, periodo in cui ho iniziato a pubblicare, nel frattempo sono trascorsi molti mesi e ora si trovano a metà dicembre. Ecco, tutto qui.
99. Il silenzio della mente
"Sarah!"
Charles era seduto nella sua sedia a rotelle, dietro la scrivania, stava osservando il giardino quando era arrivata la telefonata e Raven, che raramente lo lasciava solo, lo osservò mentre ascoltava ciò che Sarah aveva da raccontargli.
"Certo, mi fa piacere sentirti … sì, ottimo … Davvero? È magnifico! Non avrei mai immaginato una cosa del genere!"
Raven si sedette accanto a lui per osservare il suo viso, ogni mutamento della sua espressione, notò quanto fosse felice di sentire di nuovo la sua amica, intuì che lei gli avesse raccontato di come gli altri mutanti fossero tornati a casa sani, poi lo vide entusiasmarsi ancor di più, eccitato come un bambino la notte di Natale, infine i suoi occhi vennero oscurati da un velo di malinconia e lei si chiese cosa avesse potuto dirgli per suscitare in lui così tante emozioni in poco tempo.
"… Sì, è vero, è … è vero." mormorò Charles "Sono certo che ora andrà tutto bene. Io? Sì … esatto, ma sarà temporaneo … presto starò bene."
Raven lo osservò stringere una gamba, era trascorso qualche giorno da quando erano rientrati da Genosha e gli effetti della Cura non erano ancora svaniti.
"Sì, ci sentiamo, fammi sapere come prosegue l'iniziativa … a presto."
Charles chiuse la chiamata sorridendo, per un istante chiuse gli occhi, poi li riaprì e si rivolse a Raven, rispondendo alla sua domanda ancor prima che potesse formularla.
"Sono tornati tutti a casa" raccontò mentre si spostava da dietro la scrivania per raggiungerla "Sarah mi ha raccontato che in questi giorni hanno legato molto e hanno deciso di fondare un'associazione a livello nazionale."
"Un'associazione?" chiese Raven "Pro mutanti?"
"Esatto" rispose Charles annuendo "Non è meraviglioso? L'obiettivo principale è quello di tutelare i diritti dei mutanti, ma c'è dell'altro."
Charles si sporse in avanti, eccitato.
"Grazie a questa associazione riusciranno a restare in contatto e ad aiutarsi, ma soprattutto a diffondere consapevolezza."
"Era ora!" esclamò lei "Finalmente gli umani impareranno che anche i mutanti meritano rispetto!"
"Sì" rispose Charles "Gli umani … e gli stessi mutanti. Troppi di noi ancora non hanno capito cosa significa essere un mutante, hanno una visione completamente distorta: alcuni sono convinti di essere superiori e diventano violenti, come John, altri invece si sentono soli e si nascondono. Ora sarà la conoscenza ad aiutarli, quando capiranno chi sono potranno cambiare veramente le cose."
Raven sorrise, la voce di Charles era calma e rassicurante, come sempre, si poteva percepire una nuova speranza in lui, stavolta cresciuta su solide radici che si stavano rapidamente propagando.
"Nonostante tutto le azioni di John hanno portato a qualcosa di positivo, no?" chiese Raven.
"Sì" rispose lui "Sarah ha detto la stessa cosa … e ne sono convinto anch'io."
Raven gli si avvicinò e lo baciò sulla testa.
"Tu invece, come stai?" chiese.
Charles alzò lo sguardo, interdetto da quella domanda.
"Cosa vuoi dire? Sto bene, sono felice" rispose lui "Tu sei qui con me, Erik sta bene, tutto si è risolto per il meglio … come dovrei stare?"
"Non lo so" rispose lei alzando un sopracciglio, poco convinta "Dimmelo tu."
Charles scoppiò a ridere.
"Non hai idea di quanto sia stato in pensiero per te" rispose "Ora che sei qui non vedo cosa potrebbe andare male …"
Raven sospirò e scosse la testa.
"So che sei felice di come sono andate le cose" riprese "Voglio sapere come stai tu. Sai …" iniziò, indicando con lo sguardo le sue gambe, lui seguì il suo sguardo, poi tornò a fissarla.
"Ah, certo, capisco …" mormorò.
"Allora?" lo incalzò lei, sempre più impaziente.
"Cosa vuoi che ti dica?" rispose lui piccato "Si tratta di una situazione temporanea."
Raven non sembrava soddisfatta, cotinuò a fissarlo senza dargli tregua, il suo sguardo lo spinse contro il muro, precludendogli ogni via di fuga.
"Va bene!" disse infine, sconfitto: "Va bene." ripeté "Mentirei se dicessi che non è frustrante essere bloccato qui dopo quasi un anno di libertà. Pur sapendo che presto tornerò a camminare ora mi sento arrabbiato, triste … sconfitto."
Raven gli posò una mano sulla spalla.
"Questo però non è il vero problema …" continuò Charles, il suo sguardo precipitò "Non quello più importante."
Raven lo fissò per qualche istante, poi scoppiò a ridere.
"Sei serio?" chiese "Non mi sembra una cosa da poco!"
Charles non rispose subito, si prese del tempo per riflettere, infine parlò con voce calma, non era rassegnato, era semplicemente tranquillo.
"Certo, all'inizio non è stato facile imparare a convivere con la sedia a rotelle e la consapevolezza di non poter più camminare …" si interruppe per osservare le gambe che poteva vedere ma non poteva sentire "Ora non posso fare a meno di pensare che sono comunque prigioniero qui, anche se per poco, ma in realtà non è mai stato questo il problema, non quello principale."
Raven prese una sedia, la spostò vicino a lui e si sedette, non disse nulla per incoraggiarlo a parlare.
"Questo" continuò Charles indicando la tempia sinistra con il dito "Questo è sempre stato il problema."
"La tua telepatia?" azzardò Raven, Charles annuì.
"Esatto. Una mutazione carina? Invisibile? Vero, eppure terribilmente pesante da portare, perfino incompresa ad essere sincero. L'ho amata, l'ho odiata, è stata una benedizione ma anche una maledizione … e alla fine ho dovuto imparare a conviverci, nel bene e nel male."
"Come per tutte le mutazioni" commentò Raven.
"Sì, esatto, ogni mutazione ha il proprio rovescio della medaglia. La mia è stata la mia salvezza quando ho perso l'uso delle gambe, mi permetteva di sentirmi comunque utile, mi impedì di isolarmi … poi arrivarono la guerra, Trask con i suoi esperimenti e tutto quel dolore …"
"Allora è per questo che prendevi il siero di Hank, giusto?" chiese Raven.
"Sì, il poter camminare era un fattore secondario in realtà, ciò che volevo era proprio potermi isolare, non sentire tutta quella sofferenza …"
Charles si interruppe, un nodo alla gola gli impedì di proseguire, si prese qualche minuto per riprendersi, in quel tempo gli unici rumori presenti nella stanza erano il ticchettio dell'orologio a pendolo e il suono del suo respiro pesante, respiro che si fece più leggero man mano che lui si calmava.
"Allora mi trovai di fronte ad una scelta: vivere come un normale essere umano, sano e senza poteri, ma nascosto … oppure come un mutante, fiero, potente, ma spezzato, schiacciato dal peso di quel potere tanto ingombrante."
Raven sospirò, da quando era tornata da Charles aveva pian piano imparato a conoscerlo meglio e a vedere in lui cose che prima nemmeno avrebbe mai immaginato.
"Ora non hai scelta, giusto?" chiese "Non hai i poteri e non puoi camminare. Come ti fa sentire questo?"
Charles si passò il dorso della mano sugli occhi umidi di lacrime.
"Ad essere sincero, non lo so nemmeno io. Credo di essere … tranquillo. Mi sento vuoto, in senso positivo, mi sento … in pace. Ti confesso che non mi dispiacerebbe se potesse restare tutto così."
"Anche questa?" chiese Raven indicando la sedia a rotelle "Terresti anche questa?"
"L'accettai tanti anni fa, sarei pronto ad accettarla anche adesso."
"Non lo so" commentò lei, dubbiosa "Se perdessi la capacità di mutare forma sarebbe come perdere una parte di me, come se mi amputassero un braccio …"
"O come se non potessi più camminare?" chiese Charles con tono provocatorio, lei arrossì ma lui sorrise.
"Sono tranquillo, Raven, davvero … Inoltre ora tu sei qui con me."
Raven lo osservò con attenzione, non stava mentendo, era davvero sincero e, constatò con sollievo, perfino felice.
"Sei un idiota" disse, lui rise di cuore, lei lo baciò dolcemente sulle labbra "Ti senti meglio ora?"
"Decisamente meglio" rispose lui "Andiamo fuori? Ho bisogno di prendere un po' d'aria."
Charles fece per posare le mani sulle ruote ma Raven lo anticipò mettendosi alle sue spalle per spingere la sedia a rotelle.
"Posso?" chiese.
"Ce la faccio da solo, Raven." disse Charles, leggermente imbarazzato.
"Lo so" rispose "Per favore. Voglio prendermi cura di te."
Con un sospiro Charles portò le mani in grembo, permettendole di portarlo fuori. Il sole era alto ma entrambi indossavano un cappotto pesante per proteggersi dal freddo, mentre camminavano i loro respiri si condensavano in piccole nuvole bianche.
Non c'era nessuno in giro, tutti erano nelle loro stanze, al caldo, o impegnati in palestra, lo scricchiolio delle ruote sulla ghiaia e dei passi di Raven li accompagnò per tutta la passeggiata, nessuno dei due parlò, lasciarono che il fruscio del vento li accompagnasse e solo quando lei lo vide iniziare a tremare tornò verso la scuola.
Erano entrati da poco quando incontrarono Roy.
"Charles!" disse andandogli incontro "Sei impazzito a uscire con questo freddo? Dovresti riguardarti di più!"
"Sto bene!" rispose lui togliendosi il cappotto "Avevo bisogno di prendere un po' d'aria. Tu, piuttosto, come te la cavi con John? È un bravo allievo?"
Roy alzò gli occhi al cielo.
"Ti dirò, per quel che mi riguarda è nato per fare la Drag Queen, peccato che lui non se ne renda conto e che sia talmente testardo da non volerlo capire! Ah, ma riuscirò a farglielo entrare in testa! Non mi arrendo per così poco! Il mio obiettivo è riuscire a coinvolgerlo nello spettacolo che stiamo preparando per Capodanno!"
"Mi sembra un'ottima idea!" commentò Charles e scoppiò a ridere ma Roy restò serio.
"Non sarei così tranquillo se fossi in te" disse incrociando le braccia al petto "Non appena tornerai in piedi ti costringerò a imparare ad andare sui tacchi, parola mia!"
"Volentieri" rispose lui, quando la risata si placò "Molto volentieri!"
Raven guardò l'ora e si accorse che era molto tardi.
"Che ne dite di mangiare qualcosa? Charles, non hai fame? In questi giorni hai mangiato pochissimo!"
Charles si prese qualche istante per riflettere, la nausea che lo aveva accompagnato in quei giorni era finalmente svanita, si sentì più sollevato, l'aria non era più pesante, entrave a usciva dai suoi polmoni senza alcuna difficoltà.
"Certo" rispose infine "Ormai è quasi ora di cena. Mi chiedo cosa avranno preparato Lester e Cassandra."
Nel frattempo, in cucina, Cassandra stava finendo di pulire le foglie di cavolo nero per la zuppa, totalmente concentrata nel lavoro che stava svolgendo, almeno in apparenza. Chiunque l'avesse osservata, forse persino Charles, avrebbe pensato che l'unico suo pensiero fosse il lavoro, Lester invece aveva imparato a cogliere in lei minimi mutamenti dell'espressione e dei movimenti che facevano intuire qualcosa di più di ciò che le passava per la testa.
"Hey, qualcosa non va?" chiese, diretto come sempre, da quando lui si era confidato su quell'argomento spinoso non avevano più avuto occasione di tornare sull'argomento e temeva che, nonostante tutto, lei non si sentisse ancora pienamente a suo agio da poterne parlare con lui.
Cassandra sbatté gli occhi un paio di volte, in quel momento Lester capì che, in realtà, era da tutt'altra parte, la sua mente stava viaggiando tra chissà quali pensieri.
"Hey, Trilli!" la chiamò ancora "Sei pronta per tornare dall'Isola che non c'è?"
Finalmente Cassandra si voltò e tornò con i piedi per terra.
"Ah, sì, certo, perdonami, stavo pensando …"
Lester le prese le mani, le asciugò con cura sul suo grembiule e le baciò.
"Per caso stai pensando … a quella cosa?" chiese.
"No, non preoccuparti" rispose lei con un sorriso "Ci ho pensato, in effetti, e avremo modo di parlarne, ma ora …"
"Ora c'è qualcos'altro che ti preoccupa?"
Cassandra si limitò ad annuire.
Lester le baciò la testa.
"Ah, voi telepati! Avete troppi pensieri in testa!" la prese in giro "Allora, di cosa si tratta?"
Cassandra non protestò quando lui la baciò e non reagì alla battuta, Lester capì che doveva essere qualcosa di davvero serio.
"Cassandra?" la chiamò, stringendola in un dolce abbraccio.
Lei si voltò e lo guardò negli occhi, il suo sguardo tradiva una profonda preoccupazione.
"Si tratta di Charles" disse infine.
"Che c'è che non va in lui?" chiese Lester "Ok, non può camminare e non hai suoi poteri, ma presto tornerà tutto alla normalità, no?"
"Sì, ma …"
"Siamo riusciti a liberare tutti i mutanti imprigionati da quel folle e ora lui è inoffensivo."
"Ma …"
"Raven e Erik stanno bene e sono di nuovo qui con noi …"
"Lester!" gridò lei, irritata ma anche divertita.
"Ah, sì, giusto" rispose lui "Cosa ti preoccupa di Charles?"
Cassandra non rispose, ci aveva pensato a lungo, in realtà nemmeno lei sapeva di preciso cosa la facesse stare così male pensando al fratello.
"Non lo so" ammise infine "So che tutto è andato a posto e che presto anche lui starà bene, ma …"
"Ma …?" la incoraggiò lui, sperando che finalmente gli desse una risposta.
"Non lo so!" rispose ancora lei, frustrata per non avere una risposta da dargli "Ho un brutto presentimento …"
