Benvenuti a tutti in questa nuova storia. Prima di iniziarla devo fare una premessa: oltre ad essere una storia a sé è anche un flashback della storia principale "Charles", è ambientata negli anni '90 e in quel periodo potete immaginarlo con l'aspetto che aveva Sir Patrick Stewart quando recitava in Star Trek.
Per quanto riguarda i suoi capelli, come ho già scritto in un capitolo della storia principale, dal momento che nel film "Logan" Charles ha i capelli (sì, li ha, guardate bene), anche qui potrebbe averli ma sceglie di rasarsi per essere più ordinato.
Detto questo, buona lettura!
Mini
1. Una richiesta d'aiuto
Westchester, 1993
Nella palestra non si poteva sentire altro che il suono metallico e ritmico dei pesi mentre Charles li sollevava e li abbassava e il suo respiro sempre più pesante a causa della fatica, li sollevò un'ultima volta e poi li posò nei loro supporti e si mise a sedere.
Da quando aveva iniziato ad allenarsi in palestra si sentiva più tonico, nonostante non fosse più così giovane sentiva di averne giovato in salute ed energia fisica e mentale. Prese l'asciugamano, si tamponò il sudore dal collo e dalla testa e si spostò sulla sedia a rotelle, comprata solo qualche anno prima, che usava solo in palestra, comoda e utile per spostarsi da un attrezzo all'altro.
Mezz'ora più tardi entrò nella doccia e iniziò a lavarsi, sotto il getto d'acqua calda sentì la fatica scivolare via insieme al sapone. Si passò rapidamente la mano sulla testa, da quando Apocalisse aveva tentato di impossessarsi del suo corpo i capelli avevano ricominciato a crescere ma erano pochi, troppo sottili, per questo aveva preferito dare un taglio netto e tenersi in ordina rasandosi periodicamente, la sua testa era liscia, morbida al tatto.
Guardandosi allo specchio gli risultava difficile riconoscersi, il suo viso non era più quello del ragazzo con la testa piena di sogni, sul suo volto le rughe segnavano senza alcuna pietà ogni dolore, ogni speranza infranta. Eppure, sotto la superficie di quegli occhi azzurri c'era ancora una scintilla, la profonda convinzione che in ogni essere umano esista la bontà.
Charles si vestì rapidamente e raggiunse il suo ufficio, quel giorno non c'erano lezioni e lui avrebbe potuto dedicarsi alla lettura sotto un albero, magari una passeggiata in giardino lo avrebbe aiutato a rilassarsi; era appena entrato nel suo ufficio per recuperare il libro che stava leggendo quando suonò il telefono.
"Spero che sia qualcuno che ha sbagliato numero" disse a bassa voce, afferrando la cornetta "Charles Xavier" si presentò e attese.
"Professor Xavier, sono felice che abbia risposto!"
Charles riconobbe all'istante la voce dall'altra parte del telefono, espirò dal naso e cercò di essere il più gentile possibile.
"Signor Presidente, è un onore per me. Immagino che mi abbia chiamato con un motivo più che importante."
"In effetti sì, Professore, ma preferirei parlarne di persona, se non le dispiace, potrebbe raggiungermi a Washington?"
Charles non rispose subito, sorrise pensando che almeno si sarebbe risparmiato un viaggio molto lungo grazie al Blackbird.
"Professore?"
"Certo, sì, verrò quando le sarà più comodo."
"Anche ora?"
Charles guardò l'orologio, segnava le nove e trenta del mattino, sospirò pensando alla giornata di relax persa ma annuì, anche se il Presidente ovviamente non poteva vederlo.
"Mi dia il tempo di preparare il jet e sarò da lei."
Charles posò lentamente il telefono, se inizialmente si sentiva scocciato per quell'imprevisto ora si sentiva curioso di sentire cosa gli avrebbe detto il Presidente, ignorò il libro che stava per prendere e uscì dalla stanza per cercare Scott.
"Va tutto bene, Professore?" chiese Scott, spingendo la sedia a rotelle lungo la rampa del jet.
"Sì, ti ringrazio Scott. Mi dispiace averti dovuto chiedere di accompagnarmi proprio oggi, ma non avevo alternative."
"Non si preoccupi, lo faccio sempre volentieri."
Charles scoppiò a ridere.
"Ti devo ricordare che posso leggere la tua mente?"
Scott arrossì per l'imbarazzo.
"Ma è vero!" esclamò protestando "Lo faccio davvero con piacere!"
Charles rise ancora.
"Scherzavo, scherzavo!" rispose lui "In realtà sono io quello che avrebbe voluto restare a casa, spero almeno che la questione si risolva rapidamente."
Charles non si aspettava certo di essere ricevuto in privato dal Presidente ma nemmeno che accogliesse lui e Scott con una decina di guardie del corpo. Per l'occasione aveva indossato uno dei suoi completi più eleganti, come faceva sempre quando veniva convocato alla Casa Bianca, il grigio scuro del tessuto era perfetto con i suoi occhi chiari e gli dava un'aura di autorità difficile da ignorare e anche Scott era vestito in modo impeccabile; il Presidente, tuttavia, indossava un completo anonimo, addirittura sporco in alcuni punti, come se non gli importasse. Charles gli diede il beneficio del dubbio pensando a quanto fosse impegnativa la sua vita ma non poté fare a meno di ignorare che li trattasse come se fossero dei ragazzini e non con il rispetto che meritavano.
"Spero che la loro presenza non vi disturbi" disse accennando con lo sguardo agli uomini in divisa che gli stavano attorno.
"Non c'è nessun problema" mentì Charles, lanciò un'occhiata a Scott e capì che anche lui non si sentiva a suo agio.
"Io invece credevo che le avrei potuto parlare da solo" continuò il Presidente "Ha bisogno di una guardia del corpo?"
Charles trovò inappropriata la battuta, anche dal momento che lui invece ne aveva parecchie.
"Scott mi aiuta dove non riesco ad arrivare" spiegò "Come può immaginare, nella mia condizione non posso fare tutto da solo. Veniamo al punto, l'ascolto."
Il Presidente lo osservò per qualche istante, indeciso se credergli o meno, infine si decise a parlare.
"Immagino che si ricordi che tra poco più di un paio di mesi ci sarà l'anniversario dell'attacco di Apocalisse."
Charles si limitò ad annuire.
"Quest'anno ricade il decennale della tragedia, per questo motivo abbiamo deciso di organizzare, oltre alle solite iniziative, una commemorazione più solenne con ospiti a livello internazionale che presenzieranno per rendere onore alle vittime umane."
Vittime umane, pensò Charles, era necessario specificarlo?
"Una commemorazione per le vittime" ripeté Charles "Ha pensato invece a qualcosa per celebrare gli eroi che invece vi hanno salvato?"
Si voltò verso Scott, dieci anni erano passati anche per lui, non era più un ragazzino, era ormai un giovane uomo che, con il suo autocontrollo e la sua determinazione, era stato capace di guidare gli X Men in missioni sempre più pericolose, l'unico di cui si fidasse ciecamente per farsi accompagnare in situazioni come quella.
"Per celebrare i mutanti?" chiese il Presidente senza nemmeno celare un'espressione divertita "Sta scherzando? No, è fuori discussione."
Charles lo fissò serio, non si disturbò nemmeno a domandare perché una tale idea non fosse stata presa in considerazione e pensò che, dopotutto, era stato lui il primo ingenuo a chiederlo.
"Capisco. Allora, di grazia, perché mi ha convocato qui, oggi?"
Il Presidente incrociò le mani sopra la scrivania.
"Parliamoci chiaro: ho bisogno di voi. Un anniversario tanto importante sarà sicuramente un'occasione imperdibile per individui come Magneto. L'evento verrà sponsorizzato a partire già da domani e quel criminale ne verrà certamente a conoscenza."
Charles si sforzò di restare calmo, stringendo appena il bracciolo della sedia a rotelle.
"Capisco. Quindi avete bisogno di alcune guardie del corpo?" chiese con tono ironico, riprendendo la battuta che poco prima il Presidente aveva fatto a lui.
"Sì, in effetti è così" rispose lui, che aveva capito il riferimento "Ci aiuterete? Le ricordo che, rifiutando, potrebbe mettere in pericolo la vita di centinaia di umani!"
Umani. Ancora una volta stava tracciando una linea netta tra umani e mutanti, come se non fossero sullo stesso livello. Charles si prese qualche istante per riflettere, sospirò, infine annuì.
"Ci saremo."
Il Presidente si fregò le mani con soddisfazione.
"Ovviamente anche noi abbiamo preso le nostre precauzioni alle quali dovrete attenervi. Non dovrete avere con voi niente che sia di metallo, nemmeno una graffetta, a lei Professore verrà fornita una speciale sedia a rotelle in plastica. È tutto chiaro?"
Charles sospirò, davvero pensava che non sapessero prendere delle misure difensive contro il potere di Erik?
"Cristallino" commentò ironico "Se non c'è altro …"
"Potete andare" rispose il Presidente senza nemmeno guardarli "Sono un uomo molto impegnato."
Scott non attese oltre, se fosse stato per lui se ne sarebbe andato da tempo, quell'ultimo affronto a Charles però fu troppo anche per lui, senza nemmeno un accenno di saluto spinse la sua sedia a rotelle fuori dall'ufficio.
Nessuno dei due parlò durante il tragitto, solo quando si fu assicurato che la rampa fosse chiusa Scott parlò.
"È un idiota" disse con voce piatta e severa "Crede davvero che le sue preziose precauzioni bastino per fermare Magneto?"
Charles sogghignò.
"In effetti è molto ingenuo da parte sua" rispose "Se crede che Erik non venga armato è più sciocco di quanto pensiamo, tuttavia il fatto di aver chiesto il nostro aiuto non è qualcosa da sottovalutare."
"In effetti non capisco dove voglia arrivare, se si crede tanto furbo da poterci dare dei consigli …"
"Si rende conto di aver bisogno di noi, ma vuole anche inasprire il conflitto con Erik" spiegò Charles "Vuole mostrare al mondo che non possiamo vivere in pace con gli umani se non riusciamo a trovare pace nemmeno tra di noi."
"In effetti non ha torto." ammise Scott.
Charles non rispose subito, Scott aveva ragione, il Presidente aveva ragione, dopo tutto quello che era successo Erik era ancora un suo nemico, un uomo sopraffatto dall'odio e dal desiderio di vendetta; aveva ormai perso il conto di quante volte aveva provato a convincerlo dell'esistenza di un'altra via, della possibilità di un mondo in cui mutanti e umani potessero convivere pacificamente. Lui stesso non era così ingenuo da credere che tutti gli umani fossero disposti a cercare un dialogo con i mutanti ma, nonostante quel giorno la sua pazienza fosse stata messa a dura prova, non poteva smettere di sperare e immaginare un mondo in cui i suoi sogni avrebbero potuto finalmente essere esauditi.
Arrivarono a Westchester in tempo per il pranzo, mentre mangiavano Charles spiegò la situazione agli altri, come aveva previsto nessuno obiettò, al contrario sembravano impazienti di scontrarsi contro Magneto.
"Il Presidente ha ragione" disse Hank "Sicuramente Magneto approfitterà di questa occasione per fare qualcosa nel suo stile, qualcosa di … di … come si può dire …"
"Qualcosa di criminale, come sempre!" rispose Scott "Non possiamo aspettarci niente di diverso da lui."
"Concordo" disse Ororo "Magneto è imprevedibile, è troppo rischioso lasciarlo fare."
Charles li ascoltò in silenzio, per un istante incrociò lo sguardo di Jean, l'unica a non aver parlato, l'unica ad aver intuito il suo disagio in quel momento.
Dopo pranzo tutti si alzarono tranquilli, l'evento si sarebbe tenuto di lì a due mesi perciò non avevano nulla di cui preoccuparsi, Charles invece restò al suo posto, non aveva mangiato granché, il suo piatto era ancora mezzo pieno ma lui aveva posato le mani in grembo e le stava osservando, rassegnato, come se contenessero una risposta ai suoi dubbi.
"Professore?"
La voce di Jean lo distolse dai suoi pensieri, alzò lentamente lo sguardo verso di lei e le sorrise per rassicurarla.
"Qualcosa non va, mia cara?" le chiese.
"Credo che sia lei ad essere turbato" lo corresse Jean "Mi dica la verità."
Charles sorrise di più, si allontanò dal tavolo e la raggiunse.
"Sono sempre turbato quando dobbiamo scontrarci con Erik" disse "Sì, per me è e sempre rimarrà Erik, non ho ancora perso la speranza che un giorno possa abbandonare Magneto e possa tornare ad essere semplicemente se stesso, che possa ritrovare quel bambino e possa aiutarlo a guarire dalle ferite che gli hanno inferto."
Jean prese una sedia e la mise accanto a lui e si sedette per essere al suo livello.
"Non deve essere facile, lei e Magneto … volevo dire, lei e Erik eravate molto vicini."
"Molto più di quanto tu possa immaginare" rispose Charles "Molto più di quanto possa immaginare perfino lui. Non è mai stato facile con Erik, non lo è mai stato, ma non smetterò mai di aiutarlo, anche se questo significa combatterlo."
Jean gli sorrise, Charles rimase serio, concentrato su ciò che lo attendeva, una sfida, una delle tante, da affrontare giorno dopo giorno, battaglia dopo battaglia.
