Prima di iniziare devo fare una premessa su Charles e Raven per farvi capire meglio un aspetto del loro rapporto che descriverò qui. Chi ha letto la storia principale (Charles), sa che lui da bambino veniva usato come cavia dal dottor Milbury (Sinistro) e che, successivamente, aveva represso quei ricordi per auto proteggersi. In quel periodo era già arrivata Raven nella sua vita e il suo unico scopo era proteggerla a tutti i costi, per questo le aveva chiesto di non mostrarsi mai blu di fronte agli altri perché temeva che altrimenti anche lei sarebbe stata sottoposta a tali esperimenti. Dopo aver represso i ricordi della sua infanzia Charles ha continuato inconsciamente a proteggerla e quando la vede blu di fronte agli altri riemerge in lui quella paura che le possa succedere qualcosa di male.

2. Scelte e conseguenze

I giorni seguenti trascorsero normalmente, meno di una settimana dopo arrivò un corriere con un pacco per Charles: una sedia a rotelle fatta interamente di plastica, elegante ma decisamente scomoda.

"Non sarà facile spostarsi con questa" commentò Charles osservandola "Avrò bisogno di aiuto."

"Non deve nemmeno chiederlo, Professore" rispose Scott.

Charles annuì, pensieroso, sfiorando i braccioli trasparenti, mancavano poco meno di due mesi al grande giorno, già lui poteva sentire la pressione, l'ansia di incontrare di nuovo Erik sul campo di battaglia, quella sedia era solo un promemoria di ciò che sarebbe accaduto, di come lui si sarebbe dovuto proteggere dal suo amico.

"Ci vediamo presto" pensò.

I due mesi successivi trascorsero in un soffio, ogni mattina Charles si svegliava e contava quanti giorni mancassero all'evento, ogni volta sorprendendosi di come il numero calasse rapidamente. A volte gli sembrava che il tempo si fermasse, erano i momenti in cui sperava che quel giorno arrivasse in fretta e passasse altrettanto velocemente; altre volte era lunedì e cinque minuti dopo era già sabato, quando invece desiderava che non arrivasse mai.

Così il tempo passò mentre lui stava in bilico tra la paura di affrontarlo e il desiderio di farlo.

Quella sera infine arrivò, inesorabilmente e indipendentemente dalla sua volontà, arrivò.

Nessuno di loro era stato invitato in modo formale, erano delle guardie del corpo a tutti gli effetti, tuttavia Charles aveva indossato sotto la tuta per il jet un completo molto elegante, adatto all'occasione.

"Chi ti credi di essere, James Bond?" gli aveva chiesto scherzosamente Hank.

"No, sono molto meglio!" aveva risposto lui facendogli l'occhiolino.

Più tardi, a festa ormai iniziata, tutti si erano disposti ai loro posti, pronti ad intervenire all'arrivo di Magneto.

La serata iniziò tranquillamente, gli invitati arrivavano man mano, c'erano tavolate piene di cibo e scorrevano fiumi di vino ma non c'era traccia di Erik.

"Lei è sicuro che verrà, Professore?" chiese Scott avvicinandosi a lui insieme a Jean.

Charles sogghignò.

"Lui è già qui."

Scott si irrigidì e iniziò a guardarsi attorno.

"Cosa? Dove? Quando è arrivato?"

Charles sorrise ancora.

"Jean, osserva bene."

Jean annuì e si guardò attorno, osservò i partecipanti, lesse le loro menti.

"Capisco …" mormorò.

"Io no" disse Scott "Potete spiegarlo anche a me?"

Jean sospirò.

"Hanno paura" spiegò "Alcuni di loro sono ubriachi e non pensano ad altro che bere altro vino, la maggior parte di loro fa finta di stare bene, in realtà sono già in ansia perché sanno che lui arriverà."

Scott scosse la testa con disapprovazione.

"A lui non serve essere fisicamente presente per ottenere ciò che vuole" spiegò Charles "Ormai è talmente conosciuto che basta nominare il suo nome per far tremare anche i più coraggiosi."

Fino a quel momento Scott aveva parlato senza distogliere mai lo sguardo dalla folla, in quel momento si voltò verso Charles.

"Quindi paradossalmente può essere che non si presenti affatto?" chiese.

"Oh, lui verrà" rispose Charles "Non venire significherebbe creare un precedente. No, lui deve sostenere il clima di terrore che ha contribuito a creare, probabilmente non farà nulla di eclatante ma basterà la sua presenza a creare abbastanza danni."

Scotto tornò a guardare la folla, lanciò un'occhiata all'orologio che portava al polso e risollevò lo sguardo.

"Mi chiedo quando arriverà."

"Lo farà quando nessuno se lo aspetterà più" disse Charles "Quando tutti si sentiranno al sicuro."

"Lo conosce bene." commentò Jean.

Era vero, lo conosceva bene, forse meglio di quanto Erik conoscesse se stesso, o almeno così pensava.

Trascorsero altre due ore, anche Charles stava quasi per convincersi che non sarebbe più venuto, stava quasi per chiamare Scott per dirgli che forse il pericolo era scampato, quando sentirono delle urla.

Arrivarono quando fu troppo tardi per fermarli, abbatterono la recinzione di plastica senza alcuna difficoltà e avanzarono come selvaggi verso gli ospiti dell'evento, scatenando il panico: erano decine, decine di mutanti dai poteri incontrollati che sfogavano la loro rabbia e la loro sete di violenza su chiunque e su qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. A Charles non servì dare il via: Scott, Jean, Hank e tutti gli altri si mossero all'istante per difendere gli umani e permettere loro di fuggire in sicurezza.

Poi arrivarono loro.

Erik e Raven.

Dietro tutti, camminavano come se stessero passeggiando al parco, i loro sorrisi erano tanto soddisfatti che Charles provò una fitta al cuore, un dolore acuto e penetrante.

Erano insieme, uniti contro di lui.

Senza quasi rendersene conto Charles portò le mani alle ruote e iniziò a muoversi nella loro direzione, ma furono proprio Erik e Raven ad andargli incontro e lo raggiunsero.

"Erik. Raven." li salutò.

"Charles" ricambiò il saluto Erik, sogghignando.

Raven distolse lo sguardo, irritata. Charles accusò il colpo, era dura per lui vederla così fredda e distante, con il tempo si erano sempre più allontanati e quella distanza era resa ancor più dolorosa dal fatto che lui, nonostante tutto, continuava a sperare che un giorno lei sarebbe tornata.

Si trovavano all'interno di una bolla, attorno a loro la battaglia era iniziata ma quel piccolo spazio era solo per loro tre. Charles percepiva la battaglia attorno a lui, poteva vedere i suoi X Men combattere ma non gli sarebbe stato d'aiuto, l'unica cosa che poteva fare era fidarsi di loro e tentare di impedire a Erik di fare ulteriori danni. Si concesse qualche istante per osservare da lontano, anche Erik spostò lo sguardo sui membri della sua Confraternita, fiero e compiaciuto del caos che stavano portando.

Scott usava i suoi raggi ottici per allontanare i nemici mentre Jean li immobilizzava con i suoi poteri telecinetici anticipando le loro mosse grazie alla telepatia, anche Ororo usava i suoi poteri sul controllo del vento per impedire agli avversari di avvicinarsi agli umani, creando uno spazio vuoto oltre il quale riuscirono a fuggire, aiutati anche da Hank che sollevava da terra i più deboli per portarli al sicuro.

"Vedo che li hai addestrati bene" commentò Erik tornando a fissarlo "Complimenti."

Charles pensò che i suoi invece sembravano degli scappati di casa senza alcuna disciplina e totalmente fuori controllo, che lo seguivano solo perché con lui potevano sfogare la loro rabbia e il loro desiderio di distruzione. Lentamente spostò di nuovo lo sguardo su Erik e Raven e li osservò entrambi, stavolta con più calma: Erik era alto, le sue spalle larghe mettevano in risalto tutta la sua sicurezza e la sua sfacciataggine, non era cambiato, non c'era traccia di pietà o di compassione in lui, solo il desiderio di imporre il proprio potere agli altri; Raven, al suo fianco, era se stessa, potente, sfacciata e … completamente nuda. C'era stato un periodo in cui aveva indossato degli abiti, poi era successo qualcosa e aveva smesso di portarli, la sua pelle squamata di blu era ora libera ed esposta in tutta la sua bellezza, eppure Charles sentiva un certo disagio osservandola, un fastidio che non sapeva spiegarsi ma che riuscì a reprimere, come reprimeva tante altre emozioni negative.

"Immagino che tu sappia già perché siamo venuti" disse Erik con tono calmo "La vera domanda è: perché tu sei qui?"

Charles espirò dal naso, l'unico modo in cui riusciva a esprimere la sua frustrazione.

"Sono qui per impedirti di mettere i mutanti in cattiva luce, Erik." rispose.

Erik scoppiò a ridere, Raven sogghignò e continuò a fissare la battaglia.

"Mettere in cattiva luce i mutanti? Davvero?" chiese "Dimmi, Charles, chi si sta umiliando, ora? Io sono qui per ricordare agli umani che esistiamo e che devono temerci. Tu, invece? Tu sei il cagnolino del Presidente, pronto ad arrivare in suo soccorso contro i mutanti cattivi!" esclamò con tono beffardo.

Charles strinse le mani sui braccioli della sedia a rotelle e fu a quel punto che Erik la notò.

"Ah, e questa? Cos'è? Mi hai sempre rimproverato per indossare un elmetto per proteggermi dai tuoi poteri e ora hai abbandonato il metallo per affidarti alla plastica? Anche tu ora hai paura di me?"

Charles non rispose, Erik aveva toccato un nervo scoperto, non era stato facile per lui doversi abbassare a tanto, a dover usare qualcosa per sentirsi al sicuro da lui, lo vide avvicinarsi e percepì la minaccia che si celava dietro il suo sorriso beffardo.

"Dimmi un po', l'hai fatta fare tu o è un regalo del Presidente al suo cucciolo preferito?"

Le nocche delle sue mani si fecero bianche mentre Charles stringeva di più i pugni, un'ondata d'ira lo travolse, stavolta non fu capace di trattenerla del tutto.

"No, Erik" rispose piccato "Me l'hai regalata tu, ricordi?"

Un silenzio pesante calò tra di loro, entrambi erano consapevoli del significato di quella risposta.

"Oh, Charles" disse Erik fingendosi offeso "Dopo tutti questi anni ancora me lo rinfacci?"

"Per te sono passati trent'anni" rispose Charles con astio, la rabbia a malapena trattenuta nella sua voce "Io devo conviverci ogni giorno."

Erik si avvicinò di più, nel suo sguardo non c'era traccia di pentimento o dispiacere.

"Con cosa, Charles?" chiese "Con la consapevolezza di essere un traditore della tua razza?"

Quello fu troppo, Charles avrebbe voluto esplodere, fargli percepire tutta la sua rabbia, invece ingoiò anche quel rospo, come aveva imparato a fare da tanto, troppo tempo.

"Ah, Charles" continuò Erik con tono ironico e canzonatorio "Tu e la tua continua ricerca della pace e della convivenza pacifica! Sai una cosa? Per una volta sono d'accordo con gli umani."

Charles fu tanto sorpreso da quella frase che si dimenticò di essere arrabbiato, perfino Raven si voltò per ascoltare e capire dove volesse andare a parare.

"Gli umani non sono ingenui come te" proseguì Erik allontanandosi di un passo "Loro sanno che è in atto una guerra, sanno che devono temerci perché si tratta di noi o di loro, sanno che devono combatterci. Ciò che non sanno è che perderanno."

Raven sorrise e tornò a guardare i combattimenti, poi notò qualcosa e si avvicinò a Erik e per sussurrargli qualcosa all'orecchio. Vedere quel momento di intimità tra i due ferì Charles in modi che non aveva previsto, fino a quel momento lei non aveva aperto bocca e anche ora aveva preferito sussurrare piuttosto che fargli sentire la sua voce, era lontana da lui fisicamente, mentalmente ed emotivamente, ormai irraggiungibile.

"Ah, molto bene" esclamò Erik sfregandosi le mani "A quanto pare tutti gli umani sono riusciti a fuggire, direi che ce ne possiamo andare."

Charles sospirò, Erik aveva ottenuto ciò che voleva: seminare il panico e consolidare l'immagine che gli altri avevano di lui, inoltre era anche riuscito a ricordargli ciò che aveva perso.

"Non così in fretta, Magneto!"

Charles non li aveva percepiti arrivare, era troppo concentrato su Erik e Raven, sentì le voci dei soldati solo quando gli arrivarono alle spalle, si voltò appena e li vide avvicinarsi impugnando armi di plastica con proiettili di ceramica.

"Non andrete da nessuna parte, non vivi almeno."

Accadde tutto in pochi istanti, più tardi Charles si chiese perché lo avesse fatto, cosa l'avesse spinto a decidere di aiutarli, in quel momento però agì d'istinto, sapeva che se non lo avesse fatto Erik e Raven sarebbero morti, forse quegli sguardi spavaldi che avevano anche in quel momento erano dovuti al fatto che sapevano che lui li avrebbe aiutati? Non aveva motivo di farlo ma lo fece, usò i suoi poteri e bloccò i soldati, li immobilizzò per qualche istante, cercò lo sguardo di Erik e Raven, avrebbe voluto dirgli di approfittare di quel momento di vantaggio e di fuggire ma non servì, Raven stava già scappando, Erik si sollevò in volo e, dall'alto, gli lanciò un'occhiata indecifrabile, sorpresa mista a trionfo.

Quando fu certo che fossero in salvo lasciò i soldati e solo in quel momento si rese conto di ciò che aveva fatto e che ne avrebbe dovuto pagare le conseguenze. Loro erano ancora lì, dietro di lui, le armi puntate verso i bersagli che però non c'erano più, Charles iniziò a respirare affannosamente, in preda alla paura, temendo che ora potessero uccidere lui.

"Immagino che sappia che le nostre azioni hanno sempre delle conseguenze, Professor Xavier"

La voce che aveva sentito era in qualche modo familiare ma non la riconobbe subito, chi aveva parlato era alle sue spalle, immaginò il dolore dei proiettili, la paura glielo fece percepire come se fosse reale … ma non arrivò.

Lentamente Charles provò a voltarsi ma prima che potesse vedere chi fosse arrivato sentì un piccolo dolore alla spalla, un ago conficcato nei muscoli, poi tutto si fece rapidamente annebbiato fino al buio.