5. L'incidente
Hank sospirò vedendo come si era ridotta la sedia a rotelle, benché l'incendio fosse stato estinto al suo nascere i danni erano ingenti.
"Come è successo?" chiese.
"Un incidente" rispose Charles con naturalezza "Daniel deve aver dormito poco, si è addormentato in classe e ha avuto un piccolo episodio di sonnambulismo."
Hank si voltò di scatto, preoccupato.
"Credi che sia qualcosa di grave? Se dovesse succedere di nuovo …"
"Non accadrà, non preoccuparti, gli basterà dormire di più."
Hank lo fissò a lungo, in fondo era lui l'esperto, si limitò a scrollare le spalle.
"Per un po' dovrai usare la sedia a rotelle vecchia, mi ci vorrà un po' per riparare questa."
"Non è un problema." rispose Charles che nel frattempo si era già accomodato in quella che usava in camera da letto "Ti ringrazio. Ora però devi perdonarmi, ho un impegno urgente."
Hank annuì.
"Io intanto porto questa nel mio laboratorio."
"Grazie."
Charles e Hank uscirono insieme ma presero direzioni diverse, Charles andò dritto nell'alloggio di Jason.
Jason stava finendo di studiare, per lui era facile memorizzare tante informazioni molto rapidamente, studiare era un momento di relax durante il quale abbassava leggermente la guardia e Charles lo sapeva bene. Bussò e attese la risposta.
"Avanti …" rispose lui dall'interno, la voce giunse ovattata a causa della porta chiusa ma anche da lì Charles percepì quanto fosse rilassato, troppo per ciò che lo attendeva, o forse proprio perché sapeva che sarebbe andato da lui per rimproverarlo. Charles aprì la porta e una volta dentro la chiuse alle sue spalle con un colpo secco, facendo apposta tanto rumore per farlo spaventare, ma non ottenne alcun risultato, Jason continuò a restare rilassato com'era prima. Charles sospirò, Jason sapeva ma lui non avrebbe lasciato correre.
"Immagino che tu sappia perché sono qui."
Jason lo ignorò e continuò a leggere.
"Jason?" lo chiamò Charles, lui continuò a fissare il libro "JASON!" ripeté, stavolta urlando.
Finalmente Jason alzò lo sguardo.
"No, non ne ho idea. Ha bisogno di qualcuno che la spinga? Quella sedia a rotelle non sembra molto comoda."
Charles lasciò correre e andò dritto al punto.
"So che sei stato tu a indurre Daniel a usare i suoi poteri sulla mia sedia a rotelle" disse calmo, la sua non era una domanda ma una mera constatazione.
"Cosa pensa di fare?" chiese Jason con tono provocatorio "Cacciarmi?"
I due si fissarono per un po', Charles arrabbiato e nervoso, Jason estremamente calmo e consapevole del potere che aveva anche su di lui, sembravano volergli ricordare che non aveva scelta, che non avrebbe potuto toccarlo altrimenti il prezzo da pagare sarebbe stato troppo alto.
"Quel Daniel è uno sciocco" disse infine "È divertente usarlo per giocare."
Charles strinse i pugni, quel moto di rabbia non sfuggì a Jason, che sogghignò soddisfatto.
"La telepatia è un potere delicato, Jason!" lo sgridò Charles, trattenendo a stento un tono esasperato nella voce "Non puoi usarlo a tuo piacimento! Hai il privilegio di poter toccare le menti altrui, non devi mai, mai, ripeto, mai abusarne! Mai, sono stato chiaro?"
Jason si strinse nelle spalle, era evidente che il discorso di Charles non lo avesse minimamente toccato, c'era qualcosa di diverso in lui, non era come gli altri studenti, in quel momento nella testa di Charles suonò un campanello d'allarme ma lui lo ignorò deliberatamente. D'altra parte, quali alternative avrebbe avuto? Cacciarlo, come lo stesso Jason aveva suggerito? No, era fuori discussione, farlo avrebbe significato abbandonare un suo studente, cosa che non avrebbe fatto nemmeno in condizioni normali, ma non solo, avrebbe rischiato seriamente di far concretizzare le minacce di Stryker, mettendo a rischio la vita di tutti i suoi studenti. Inoltre un altro aspetto da non sottovalutare era che Jason costituiva davvero un pericolo per se stesso e per gli altri e, al di là di tutto, Charles si era sentito fin dal primo istante responsabile della sua condotta e si era prefissato l'obiettivo di fargli mettere la testa a posto. Era evidente che quella sera non avrebbe ottenuto alcun risultato, uscì dalla sua stanza chiudendo di nuovo la porta con un colpo secco ma, come prima, Jason non sembrò turbato.
Passarono le ore, i giorni, ogni minuto Charles sentiva la pressione della responsabilità sulla sua coscienza, non c'era un attimo in cui non sentisse il peso di quel segreto e di quella missione, avrebbe voluto condividerla almeno con Hank, avrebbe potuto farlo, si fidava di lui, ma non voleva che anche lui provasse ciò che stava soffrendo lui in quel momento.
Il tempo passava e Charles teneva costantemente d'occhio Jason ma con una prospettiva diversa, se prima aveva volutamente evitato di notare certi dettagli in lui, ora aveva iniziato a inserirli in un quadro del tutto nuovo: sorrisi, momenti di calma, battute con i compagni di classe, tutti comportamenti apparentemente normali e innocui che però, ormai Charles lo sapeva, celavano un desiderio di controllo e manipolazione del prossimo, Jason non era un normale mutante di tredici anni che cerca di integrarsi ma un predatore che sta tendendo la trappola per la sua prossima vittima. Il problema era: come prevenirlo? Jason sembrava agire con una logica tutta sua, impossibile da prevedere, l'unica contromisura possibile era tenerlo d'occhio costantemente, ma stava diventando sempre più difficile.
La giornata era iniziata bene: il sole alto nel cielo azzurro, l'aria calda dell'estate che si stava avvicinando, erano le condizioni ideali per fare una passeggiata, ma dei ragazzi annoiati che vivono in aperta campagna tutto l'anno non bramano altro che potersi scatenare in città.
"La prego, Prof!" implorò uno di loro facendosi portavoce per gli altri "Non andremo da soli! Ci accompagneranno Jean e Scott! Glielo abbiamo già chiesto e hanno accettato!"
Charles sorrise, dopo una lunga settimana di lezioni era comprensibile che volessero rilassarsi, ciò che lo divertì fu che quei ragazzi temevano che non glielo avrebbe permesso.
"Potete andare" concesse con un sorriso e sorrise ancor di più vedendoli saltare di gioia mentre uscivano dal suo ufficio e, poco più tardi, allontanarsi in auto con Scott e Jean diretti verso New York.
Le ore trascorsero lentamente, come sempre Charles teneva d'occhio Jason, era faticoso soprattutto perché doveva farlo senza che fosse troppo evidente, se lo avesse messo sotto pressione avrebbe potuto decidere di smettere di giocare al gatto e al topo con lui e iniziare a fare sul serio e non era certo che, in quel caso, sarebbe riuscito a stare al passo.
Charles era in giardino, Jason in camera sua, percepiva bene la sua mente anche da lì, almeno non stava usando i suoi poteri.
"Charles?"
Il tono preoccupato di Hank lo fece voltare di scatto.
"Ti sto chiamando da almeno un minuto!" gli disse "Cosa succede?"
Davvero lo stava chiamando? Non lo aveva sentito.
"Nulla" minimizzò lui "Devo solo essere un po' stanco, tutto qui."
"Perché non vai a dormire? So che sei un po' troppo grande per il riposino pomeridiano ma sei davvero troppo pallido, non vorrei che ti ammalassi."
"Proprio per questo sono qui, per prendere un po' di sole, mi farà bene."
"A te farebbe bene dormire! Hai delle occhiaie spaventose!" disse Hank con tono severo.
Charles trattenne il fiato, Jason era sveglio perciò lui non poteva dormire. In effetti Jason dormiva pochissimo e solo quando lui si addormentava anche Charles osava lasciarsi andare per riposare, ma era troppo poco per lui, stava iniziando a risentirne, non sapeva quanto ancora avrebbe potuto resistere.
"Avanti, vai a dormire." lo incoraggiò Hank.
Charles esitò, non poteva farlo, non poteva permettersi di addormentarsi e abbassare la guardia.
"Adesso." lo incalzò Hank.
"Va bene. Va bene!" rispose Charles, fingendosi sconfitto "Andrò a riposare in camera mia."
"Dormire, Charles. Ho detto dormire. Non serve che venga a controllare e a rimboccarti le coperte, vero?"
Charles si lasciò sfuggire una risata nervosa, Hank fortunatamente confuse quel momento di debolezza con semplice stanchezza.
"Vai. Adesso."
Charles obbedì, non era più abituato a muoversi con la vecchia sedia a rotelle, quella elettrica non era ancora pronta e per lui muoversi all'interno della scuola era diventato più difficile del solito. Finalmente arrivò nella sua stanza, chiuse la porta e andò alla finestra, di certo non si sarebbe disteso sul letto, gli dispiaceva mentire a Hank, ma non aveva alternative, doveva restare sveglio, doveva …
"PROFESSORE! PROFESSOR XAVIER!"
La voce di Jean lo svegliò all'improvviso come un'esplosione, Charles aprì lentamente gli occhi e si rese conto che, contro ogni previsione e volontà, si era addormentato. Era ancora accanto alla finestra, il sole stava ormai tramontando, fece appena in tempo a voltarsi quando arrivò Jean.
"PROFESSORE! PROFESSORE!" gridò, era in preda al panico e ricoperta di sangue, Charles capì che non sarebbe stata in grado di parlare, perciò l'accolse tra le sue braccia, iniziò a leggerle la mente e lei, sollevata, lo lasciò fare.
Si trovava a New York, nemmeno un'ora prima, con lei c'erano gli studenti che avevano chiesto di fare un giro in città, lei e Scott camminavano vicini, lui le sorrideva, Charles aveva sempre sospettato che tra di loro ci fosse qualcosa. All'improvviso però qualcosa disturbò la loro quiete. Nemmeno Charles aveva fatto caso ai poliziotti che gli stavano passando accanto, erano rilassati, non sembravano una minaccia, eppure tutto cambiò in pochi secondi.
Daniel era giusto davanti a Jean, sembrava tranquillo, all'improvviso però si fermò e, prima che Jean o Scott potessero fare qualsiasi cosa per fermarlo, si voltò di scatto e usò i suoi poteri per far esplodere i taser nelle tasche dei poliziotti.
Scoppiò immediatamente il caos, i poliziotti estrassero le pistole e iniziarono a gridare mentre le puntavano verso Daniel il quale, con lo stesso sguardo fisso che aveva avuto mentre faceva andare in corto circuito la sedia a rotelle, si stava avvicinando a loro con aria decisamente minacciosa.
Attraverso i ricordi di Jean, Charles vide Scott portare in salvo gli altri studenti e capì che lei aveva provato a fermarlo, senza risultato. Daniel continuò ad avanzare usando i suoi poteri per far esplodere altri dispositivi elettronici nelle vicinanze tra cui cellulari, parchimetri e lampioni.
Bastò un istante, uno degli agenti più giovani si lasciò prendere dal panico e sparò. Un solo colpo, mortale, al cuore. Charles vide il ragazzo cadere a terra privo di vita, uscì dalla mente di Jean mentre lei correva verso di lui per soccorrerlo anche se, ovviamente, era troppo tardi.
"Ho … ho chiamato a scuola …" riuscì a dire Jean con voce roca, la voce di chi gridato a lungo "Mi ha risposto Hank, è venuto subito con il jet … ma era troppo tardi … Dan-Daniel …"
Charles impallidì, sapeva cosa stava per dire Jean.
"Non … non è stato lui!" gridò lei con il viso rigato dalle lacrime "Qualcuno lo stava controllando! Lo so perché ho tentato di fermarlo! C'era Jason nella sua mente!"
In quel momento entrò Hank, era furioso e spaventato.
"Dov'è?" chiese "Dov'è Jason? Charles, devi trovare subito Jason! Jean mi ha già detto che dietro ciò che è successo c'è lui … ma sembra che sia scomparso!"
Charles strinse i braccioli della sedia a rotelle, era arrivato il momento di affrontare la verità, non poteva più rimandare né fuggire.
"Accompagna Jean nella sua stanza, ha bisogno di dormire." disse infine con un filo di voce "Devo parlarti. Da solo."
Hank e Jean si scambiarono uno sguardo incerto, poi Hank annuì, le posò una mano sulla spalla e la accompagnò fuori dalla stanza.
Una volta solo, Charles scoppiò a piangere, ciò che aveva temuto fin dall'inizio si era avverato, anche se non avrebbe mai pensato che le cose sarebbero degenerate a tal punto.
